Estetista cinica, spiegata bene la polemica della cena a Brera – .

Lo scandalo del giorno che ha coinvolto da un lato l’Estetista Cinica, insieme al direttore della Pinacoteca di Brera Angelo Crespi, e dall’altro le persone che li hanno attaccati sui social per, diciamo, uso improprio della Biblioteca Nazionale Braidense, ha a che fare, come sempre, con il potere del denaro. È una storia che mescola capitalismo e storia dell’arte, pubblico e privato, etica ed estetica, cinica e non. Ma come in tutte le controversie, le opinioni devono essere precedute dalle regole che quello stesso scandale du jour ha reso possibili. Allora, andiamo con ordine.

La polemica dell’Estetista Cinica e della festa di Brera, ben spiegata

Succede Cristina Fogazzi, influencer da 1 milione seguaci su Instagram, è stata oggetto di critiche quando ha postato le immagini della festa di Veralab (che conta 653mila follower, mentre al fatturato va aggiunto uno zero, visto che arriva a 70 milioni) celebrata giovedì scorso a Milano, ma non in una location canonica . La festa, dal titolo Anniversario di Overskin, era stato organizzato, come ha spiegato Fogazzi ai suoi fagiani (gli “swifters” dell’Estetista), insomma, “per festeggiare un anno di Overskin, il brand di cosmetici Veralab, e l’arrivo in Spagna”. Ma per il lancio del brand sul mercato iberico, la squadra di Fogazzi in total fucsia ha affittato la Pinacoteca di Brera. E non solo nel cortile, dove si è svolto il dj set con consegna delle pizze in stile Vespa bianca La dolce vita, ma anche negli spazi interni. Nello specifico, alla cena hanno partecipato non critici d’arte, scrittori, intellettuali ma, ovviamente, fashion e beauty influencer italiane e spagnole (che secondo Fogazzi erano invitate anche a mostrare la bellezza di Brera alla Spagna, come se non fosse mai successo il follower targeting esisteva) si è svolto nelle sale della Biblioteca Nazionale Braidense. Che è la terza biblioteca italiana per ricchezza del suo patrimonio librario, cnon più di un milione e un mucchio di volumi, per non parlare manoscritti, incunaboli, periodici, microfilm, foto storiche. Ed è qui che arrivano i problemi.

La Braidense, infatti, è un luogo di cultura altamente protetto, nel quale i comuni mortali non possono assolutamente entrare con il cibo. Anzi: non possono nemmeno portare bottigliette e borracce, perché lì, appunto, normalmente l’acqua non si può bere, secondo un regolamento severo, ma anche piuttosto normale data l’importanza storica dei volumi. Ma, ancora una volta, non finisce qui: chiunque entri lì, come hanno sottolineato diversi commentatori molto arrabbiati, è obbligato a indossare i guanti per non rischiare di rovinare i preziosi tomi ivi custoditi. Oppure gli antichi scaffali su cui sono riposti. Tutto questo non era più valido per l’evento Veralab. Gli ospiti cenavano, si facevano fotografare appoggiati agli scaffali e usavano il flash per girare i rulli. Le immagini di questa specifica parte della festa non sono piaciute nemmeno ad alcuni seguaci di Fogazzi. “Povera biblioteca Braidense, dove gli studenti non possono entrare nemmeno con una bottiglietta d’acqua”, si legge, e poi, “Che caduta di stile. Da te, amante dell’arte, non mi aspettavo questa disattenzione e arroganza: Posso pagarlo così posso farlo”, ricordando l’interesse che Fogazzi ha dimostrato anche in passato per l’arte, con diversi interventi anche da mostre e fiere d’arte contemporanea.

Ad accendere la miccia, un’altra pagina Instagram seguitissima, Milano_segretaA il quale, in una serie di racconti, scrive: “Ieri è andato in scena uno spettacolo a dir poco sconveniente, anzi, addirittura indegno, che non fa alcun onore ad una istituzione importante come quella di Brera. Nemmeno Vanzina in uno dei suoi film credo che il Natale più trash abbia mai dato luogo a una tale assurdità, ma vabbeh.” In un commento al reel che riassume l’evento, Veralab, sempre Milano_segreta, che conta qualcosa come 50mila follower, ha scritto: “Vorrei dire tante di quelle cose su questo circo, ma sarebbe subito molto offensivo, lo farò dì semplicemente CHE DISGUSTOSO!”. Ora, i messaggi di commento sono piuttosto omogenei nel condannare la scelta di Cinica, ma per ritornare alle regole sopra menzionate è necessario spiegare perché quell’evento fu reso possibile.

E il motivo arriva dal 2014 e da un allora ministro della Cultura di centrosinistra chiamato Dario Franceschini. Che con la sua riforma ha regolamentato l’affitto del patrimonio storico e artistico della Nazione ai privati, rendendoli più flessibili. Che per alcuni è diventato totalmente deregolamentato, per altri è un modo veloce e intelligente per raccogliere fondi da investire in opere di restauro o conservazione di quegli stessi beni. Ma vediamo alcuni numeri. Affittare gli Uffizi per una cena per cento persone era costoso, come scrisse nel 2015 Repubblica, ad un anno esatto dalla riforma, 15mila euro, mangiare ai piedi del David di Michelangelo, all’Accademia, costava 20mila. Per il cortile del Museo Civico Medievale di Bologna bastano 2.000 euro per l’intera giornata. A Napoli il Salone delle Feste di Capodimonte è stato venduto per 25.000 euro, a Roma il Salone di Pietro da Cortona a Palazzo Barberini valeva al massimo 20.000. Mentre “gli eventi che comportano il lancio commerciale di un prodotto nel museo sono soggetti a negoziazione riservata“. Il partito Veralab rientra in quest’ultima categoria, ma qui ci sarebbe una discrepanza con quanto detto dal suo direttore, Angelo Crespi, il quale, intervistato da Il Corriere della sera, versione cartacea, ha detto che Fogazzi avrebbe speso 80mila euro, più 15mila a parte per i custodi, perché «i prezzi non sono decisi dai musei, ma sono definiti rigorosamente dal ministero in base ai metri quadrati, alla tipologia degli spazi, alla presenza di opere». feste di lancio del prodotto oppure no? Crespi sembra negarlo. Certo è che il Codice dei beni culturali prevede che i siti pubblici possano essere affittati a privati, ma solo “per scopi compatibili con la loro destinazione culturale”. Clausola che, in sostanza, vorrebbe impedire usi bizzarri, come step coreografici, zumba e sedute totalbody sotto gli affreschi medievali del complesso di Santa Maria della Scala a Siena (è successo davvero), “un corso di pilates nella bella atmosfera della Diocesi Museo di Milano” (anche questo è vero) e, appunto, una cena piuttosto rilassata tra libri di inestimabile valore, normalmente custoditi come l’arca perduta.

Eppure per Crespi, che ha dato l’ok a Fogazzi, la festa era compatibile con la destinazione culturale dello spazio. Crespi, sempre al Corriere, spiega che l’affitto della galleria d’arte “è una pratica che esiste da 8 anni, dai tempi di Bradburne” e che “all’estero è la norma”. La cena organizzata dalla cinica estetista della Braidense si è svolta in una sala laterale e non in quella principale, rispettando le misure di sicurezza: “Ci sono libri antichi, ma non quelli più importanti, che sono nel caveau. Le candele erano finte e la cena ha rispettato tutte le norme di sicurezza”. Ma guardando il reel nascono alcuni dubbi a riguardo. E poi, come dice il filosofo politico Michael Sandel, “se trasformate in merci, alcune delle cose belle della vita vengono corrotte e degradate. Quindi, per stabilire dove collocare il mercato e a quale distanza mantenerlo, bisogna decidere come valorizzare i beni in questione”. Per questi motivi molti ritengono che sia un errore finanziare il patrimonio artistico snaturandone la funzione, ma la risposta a queste è, come un cane che si morde la coda, che chi paga effettivamente dona a quell’istituzione. E nel vaso di Cynica dona un sacco di soldi. A questo proposito l’imprenditrice ha nuovamente ribaltato la questione, parlando di classismo, ma rivolto contro di lei. Secondo Fogazzi ci sarebbe un pregiudizio intorno alla sua figura. E spiega al Corriere che “nonostante nelle ultime ore – come centinaia di altre volte –in quegli stessi spazi un grande nome del lusso ha ricevuto i suoi ospitiIo non ho visto rivolte e indignazioni. Se però la cena la prepara l’estetista cinica, non va bene. Questo si chiama classismo. Non sono una griffe, ma pago le tasse in Italia, nella mia azienda ho 101 dipendenti, di cui il 95% donne. Si è scritto di “buon gusto”. Sono di cattivo gusto? Perché invito gli influencer? Come se nelle cene dei grandi brand gli ospiti fossero diversi”. Ma Cinica non ha finito, proseguendo dicendo che “Sì, mi hanno chiamato ricco. Ma meno male che ci sono persone ricche in un Paese dove l’ascensore sociale è fermo da anni. Magari qualche altro ricco aiuta le casse di una cultura che dal 2018 non vede aumentare i suoi fondi, ancora al di sotto della media europea”. Il sistema culturale è arido e chi lo aiuta viene deriso, è la sua amara sintesi: “Dire che un arricchito non può entrare è il grande cortocircuito della cultura italiana che vuole restare elitaria. Invece la cultura è di tutti. E più lo mostriamo a tutti, più tutti si sentono autorizzati e accolti”. E se il dibattito tra chi finisse in breve Ai privati ​​(e ai loro soldi) e a chi vorrebbe imporre una “selezione all’ingresso” dovesse arrivare ai vertici, Fogazzi ha una proposta tagliente: “Non chiederei regole al ministro Sangiuliano, gli direi direttamente di vietare le manifestazioni nei luoghi della cultura. Significherebbe che i soldi che ne derivano non servono più, vorrebbe dire che lo Stato ha trovato e pagato gli ottomila dipendenti che servirebbero per il personale del Ministero della Cultura, che i fondi per la manutenzione e il restauro sono lì, che i biglietti d’ingresso possano essere ridotti”. Ascoltandola, non puoi biasimarla del tutto. Allora cosa ci resta di questa strana storia milanese? Un po’ di confusione in testa, e il dubbio che Fogazzi sappia vendersi oltre alla cimice del sistema. Forse perché a volte lo è.

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