Morta Anouk Aimée, addio all’interprete di Un uomo e una donna di Lelouch. Era Maddalena in 8½ – .

Morta Anouk Aimée, addio all’interprete di Un uomo e una donna di Lelouch. Era Maddalena in 8½ – .
Morta Anouk Aimée, addio all’interprete di Un uomo e una donna di Lelouch. Era Maddalena in 8½ – .

Daba daba da, daba daba da. A dire addio Anouk Aimeemorto ieri sera a Parigi all’età di 92 anni, il tema dovrebbe essere messo sul giradischi Un uomo e una donna di Francesco Lai. Una canzone che suonò dolcemente familiare per almeno un paio di generazioni e che, vedendo il film di Claude Lelouch del 1966, un film democraticamente diviso a metà tra Aimée e Jean Louis Trintignant, ne ha fatto un successo assoluto con il pubblico di mezzo pianeta. Con le giuste proporzioni Un uomo e una donna è il precursore romantico più sentimentalmente possibile di Innamorarsi o meno comico di Harry, ti presento Sallycon quel ricorrente abbraccio delicato e struggente tra i due protagonisti unici che senza troppa enfasi narrativa e stilistica – tema di Lai li accompagna per tutto il film – sembrano ritornare felici grazie all’amore ritrovato l’uno nell’altro.

Nato Françoise Dreyfusfiglia di una coppia di attori altoborghesi troppo impegnati e distaccati nei suoi confronti, educazione tradizionale nella recitazione come nella danza tra Parigi e il Sussex inglese, Aimée debutta quasi per caso all’età di 14 anni nel 1947 in Una casa sotto il mare di Henri Calef nel ruolo di una bambina di nome Anouk. Chiamatelo grazie al suggerimento del poeta Jacques Prevert diventerà subito il suo nome d’arte. Prevert glielo suggerì l’anno successivo sul set di un film di Marcel Carné, Les pleures de l’agedove recitò giovanissima con divi francesi Arletty, Serge Reggiani E Martina Carol. Il film è rimasto incompiuto e nella memoria di Françoise/Anouk, ancora adolescente, restano solo le foto di scena dove lei, audace e affascinante, attira lo sguardo dello spettatore che non verrà. Un’attrazione fatale che, narra la leggenda, portò anche Prevert a quel cognome – “Aimée” – perché diceva: “Perché tutti l’amavano”.

Durante la guerra, Françoise aveva già smesso di farsi chiamare Dreyfus per diventarlo Françoise Durand e schivare la deportazione antiebraica nazista. Ed ecco l’ennesima trasformazione: “Anouk Aimée”. “C’è sempre una parte di me nei miei ruoli”, ha ricordato più volte l’attrice francese, che spesso è stata confusa e sovrapposta con un’altra icona di quel cinema francese che irrompe nel mondo con sofisticata grazia, grazie anche all’aiuto di Nuova ondata. Lei è Lola, l’eroina omonima del film diretto da Jacques Demy nel 1961 che consacrò definitivamente l’attrice ancor prima del vortice Felliniano. «Non so più dove comincia Anouk e dove comincia Lola, dove finisce Lola e dove finisce Anouk», ripeteva spesso l’attrice parigina girando per le cineteche cinquant’anni dopo il restauro del film di Demy. Si parlava di Fellini.

Lola esce dopo La dolce vita dove gioca Aimée Madeleinela ricca e annoiata ereditiera con cui il protagonista Mastroianni ha subito una relazione e continua a cercarla per un po’ finché non la trova sfuggente e sempre più distante nella sequenza della villa aristocratica. Come scrivono su LeMonde: se nella Dolce Vita Fellini “era inebriato nel catturare la sua silhouette, gli angoli del viso che avevano perso le guance adolescenziali, una mano dalle lunghe dita curvate su una sigaretta, Lola ha celebrato sullo schermo la nascita di un corpo, di quelli che il cinema non dimenticherà mai”. Certo, Lola, almeno per il pubblico francese, è un’immagine ingombrante, quasi un abito di scena, che Aimée farà fatica a togliersi di dosso. Eppure proprio con Fellini, in nel 1963 riuscì a scolpire quella figura femminile antimaterna, una moglie ingannata dal protagonista Mastroianni, contrapposta alle plus size e curvilinee matrone del regista riminese.

Forse pochi lo ricorderanno ma già negli anni Cinquanta quando i primi anni Venti Aimée lavorava sui set dei film di Duvivier, Litvak, Becker, Mocky nasceva la classica, diretta competizione con l’esplosiva bionda Brigitte Bardot, appena due anni più giovane. La donna curvy, bikini e capelli selvaggi da un lato; dall’altro, l’aura misteriosa dei capelli scuri, della pelle chiara e dei lineamenti quasi tradizionali della Hollywood degli anni ’50. La fortuna di Aimèe, del resto, sarà proprio quella di finire chiamata e apprezzata sugli schermi di tutto il mondo, dove troverà diversi ruoli importanti: è la sorella della Regina di Sodoma in Sodoma e Gomorra di Aldrich, intrigante modella in Le Rendez-Vous di Sidney Lumet nel 1969; è una figura politicamente indecifrabile in Justine di George Cukor nel 1969 nel mezzo del conflitto mediorientale.

Ma sappiamo che il botto arriva nel ’66, con A Man and a Woman di Lelouch. Oscar E globo dorato per il miglior film straniero, Globo d’Oro per la migliore attrice, alla stessa Aimée per un inno all’amore che, del resto, doveva essere una parte destinata nientemeno che a Romy Schneider. La protagonista del film è una vedova con un bambino che lavora senza troppi narcisismi nel mondo del cinema. Anne è una donna che potrebbe essere qualsiasi donna eppure rimane quella donna elegante e civettuola, sofisticata e universale che non dimenticheremo mai. Aimée è stata sposata tre volte: con il regista greco Nico Papatakis a 19 anni (da cui ha avuto una figlia); con il musicista Pierre Barouh incontrati sul set del film Lelouch; con l’attore inglese Albert Finney. Lavorerà di nuovo Guardatore nello splendido Salto nel vuoto e con Bernardo Bertolucci In La tragedia di un uomo ridicolo con Tognazzi (Palma d’Oro per lui a Cannes). Nell’86 soccomberà al piccolo peccato del seguito – Un uomo e una donna, vent’anni dopo – sempre diretto da Lelouch e sempre nel 2019 chiuderà il cerchio con I migliori anni della nostra vita, sempre nei panni di Anne. e sempre Trintignant in quelli di Jean-Louis nelle loro ultime interpretazioni.

 
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