Rebel Moon Parte 2, la recensione – .

Ad un certo punto di Rebel Moon Part 2: The Scar, dopo una quarantina di minuti di dialoghi sconclusionati e campi arati al rallentatore (no, non stiamo scherzando) i sette samurai – che non hanno ancora sette anni perché il robot Jimmy, doppiato in originale da Sir Anthony Hopkins, per tre quarti del film si limita a spiare il villaggio dalle montagne circostanti – si riuniscono prima della battaglia finale per una sorta di psicoterapia di gruppo e si raccontano i loro retroscena in una striscia di flashback narrati da le loro voci fuori campo. Tutti tranne Kora, la protagonista interpretata da Sofia Boutella: ci ha raccontato la sua storia poco prima, ma sempre nello stesso modo e forse anche peggio, vista la sua importanza. A questo punto siamo quasi a metà del film e nessuno ci ha ancora spiegato il motivo del soprannome Scar che dà il titolo al film. Spoiler: ai titoli di coda saremo ancora a brancolare nel buio.

La pigrizia di Zack Snyder è tutta qui. Più interessato a rallentare l’azione, a mettere in mostra i fisici statuari dei suoi attori e a riempire lo schermo di effetti speciali – ottimi, per carità – piuttosto che a raccontare una storia che, onestamente, non ha nulla di originale, il controverso regista abbandona ogni pretesa di paternità e spunta le caselle di un elenco sterile. Momento al rallentatore? Fatto! Momento introspettivo? Fatto! Momento intimo? Fatto! Fino a quando arriva il momento dell’azione, che occupa tutta la seconda metà del film e anche questo delude. Spieghiamo perché nel nostro Recensione Luna Ribelle Parte 2già disponibile su Netflix.

Sbagliare è umano ma perseverare…

Sofia Boutella interpreta la protagonista Kora

La cosa più esaltante di Rebel Moon Part 2 è che è un altro punto di partenza: il finale si riferisce apertamente a un seguito che forse non vedremo mai. Per ora Zack Snyder ha lavorato solo a questi due film con l’intenzione di lanciare un vero e proprio universo multimediale che imita Star Wars, includendo fumetti, giochi da tavolo e videogiochi, ma non ci sono ancora piani concreti per un terzo film. Il regista continua a rifugiarsi dietro la sua ormai proverbiale Director’s Cut: ci sarebbe una versione di Rebel Moon che dura circa sei ore, piena di sesso e violenza, quindi vietata ai minorenni e destinata a migliorare notevolmente i film opachi disponibili su Netflix.

Se è vero che la Snyder Cut di Justice League aveva migliorato sensibilmente il film girato in parte da lui e in parte dal suo sostituto Joss Whedon, va detto che in quella circostanza c’era una base interessante su cui lavorare, mentre Rebel Moon, da All’inizio, era un insapore miscuglio di idee rubate a decenni di film, romanzi, fumetti e cartoni animati.

Rebel Moon Part 1 aveva almeno una parvenza di trama, debole quanto la missione principale di un brutto videogioco, ma comunque interessante: se non altro, il primo film ci portava in giro per diversi pianeti, mostrando una buona varietà di scenari e costumi. . Non era il massimo ma aveva il suo motivo. La parte 2 non ci prova nemmeno. Se escludiamo i brevi flashback sopra menzionati – soprattutto quello sulla storia di Tarak (Staz Nair) ambientata in un’ambientazione steampunk sorprendente, considerando il personaggio – il resto della Parte 2 tutto si svolge sulla luna agricola di Veldt o nei corridoi della corazzata imperiale in cui è stato resuscitato il generale Atticus Noble, interpretato ancora una volta da Ed Skrein. Un nemico mediocre e monotono, guidato dalla banalità dell’ambizione e della vendetta.

Il film è idealmente diviso in due parti, quindi. Nella prima i protagonisti si preparano alla battaglia. Nella seconda litigano. Alcuni sopravvivono, altri muoiono: a parte Titus di Djimon Hounsou e Nemesis di Donna Bae, nessuno rimane molto impresso nella memoria dello spettatore. Anche il Gunnar di Michiel Huisman ha un ruolo molto più marginale, tanto che a rubare la scena è un altro contadino interpretato da Stuart Martin, al quale Snyder dedica anche un’importante scena di combattimento senza degnarsi di dargli un minimo di personalità. Giusto per dirlo, abbiamo dovuto cercare il nome nei titoli di coda perché non siamo sicuri che qualcuno lo abbia detto nell’intero film (è Den, per la cronaca).

Staz Nair e Djimon Hounsou in una scena di Rebel Moon Parte 2

La prima parte del film dovrebbe prepararci alla seconda, il che è ironico considerando che stiamo già guardando la seconda parte di una storia, ma poi nel primo film le introduzioni venivano fatte solo alla fine e di sfuggita. Ora qualcuno potrebbe obiettare che Rebel Moon è un film d’azione e puro intrattenimento, da non prendere troppo sul serio aspettando chissà quale introspezione psicologica, ma ditelo anche a Snyder, che ci annoia per quasi un’ora prima di passare alle riprese. Il cast ha pochissimo materiale su cui lavorare. In effetti, Bae e Hounsou danno alle storie dei loro personaggi quel pizzico di sentimento che dà più impatto alle loro scene individuali, mentre gli altri non ce l’hanno nemmeno.

La seconda parte del film, quando la battaglia inizia, è un susseguirsi incessante di esplosioni, spari e uccisioni incruente. Qualche duello o carica in maniera rigorosa rallentare, giusto per non dimenticare che stiamo guardando un film di Snyder, e una moltitudine di cartoni animati dedicati ai coraggiosi contadini senza nome di Veldt o ai minacciosi soldati, anch’essi anonimi, di Atticus. Impatto emotivo: non ricevuto.

Il robot James è un personaggio carismatico ma ha pochissime scene
Il robot James è un personaggio carismatico ma ha pochissime scene

Se fossero state scene d’azione spettacolari, ben coreografate e girate, sarebbe stato meglio. Invece i combattimenti – a parte forse quelli di Nemesis, ma soprattutto perché le spade laser hanno sempre il loro fascino – sono estremamente piatto e banale, senza alcuna creatività, cose che vedi in qualsiasi film di guerra. Che poi sembra quasi che non ci piaccia lo slow motion di Snyder ma non è così: fermo restando che troppo è un male, e non possiamo ignorarlo, è chiaramente la sua impronta stilistica distintiva. Questo lo abbiamo affermato anche nella recensione di Rebel Moon – Parte 1 e lo ribadiamo: in certi momenti capisci perché Snyder ha così tanti fan. Basti pensare alla fotografia nel momento in cui Jimmy finalmente scende in campo, è davvero magnifica.

Ma è un po’ poco salvare un film che è davvero una perdita di tempo da guardare. Anche lo scontro finale non è altro che il secondo round tra la protagonista e il suo acerrimo nemico, fortunatamente girato molto meglio e molto più spettacolare della volgare scazzottata alla fine del primo film. Ma a quel punto sono passate quasi due ore e Rebel Moon Part 2 non ci ha lasciato altro che una sincera curiosità: perché diavolo si chiama Scarer? Chi ha sfregiato? E perché?! Ma è un dettaglio che Snyder sorvola, come tanti altri nel corso del film, dalla resurrezione di Atticus ai poteri della principessa Issa, passando per i guanti ancestrali di Nemesis, sperando forse di approfondire tutto in un universo multimediale ormai sospeso in bilico. filo.

 
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