Il film cult Donnie Darko torna nelle sale italiane per tre giorni restaurato. Vent’anni dopo i 134 minuti del Director’s Cut – .

Il film cult Donnie Darko torna nelle sale italiane per tre giorni restaurato. Vent’anni dopo i 134 minuti del Director’s Cut – .
Il film cult Donnie Darko torna nelle sale italiane per tre giorni restaurato. Vent’anni dopo i 134 minuti del Director’s Cut – .

Aiuto, c’è un coniglio che mi racconta la fine del mondo tra 28 giorni. Donnie Darko ritorna vent’anni dopo nelle sale italiane per tre giorni (3-4-5 giugno) in tutta la sua enigmaticità insinuante apocalisse adolescenziale. Cult soprattutto oltreoceano, ma con tanti estimatori anche da noi, l’opera prima di Richard Kelly (e per intenderci, sostanzialmente anche l’ultimo) è l’antesignano di un’ipotetica commistione di teorie, diremmo oggi, sul tema multiverso. Un tema che annoia non poco chi scrive, ma che con quell’ipotesi insinuante del “wormhole” (un tunnel spazio-temporale che collega distanze piccolissime o infinite) stuzzicata da Einstein e rinvigorita da Hawking, porta con sé il significato della mistero del film (mai svelato da Kelly che fu anche sceneggiatrice del film a 27 anni) e tutta la folla di amici che chiedono sempre “e allora cosa significa?”.

Aspetto, quel fisico fantastico del wormhole che, peraltro, Kelly dosa con particolare acume e misura – ricorderete quei tunnel cilindrici trasparenti e oblunghi che emergono dal petto di alcuni personaggi del film – ambientandola in una una storia curiosamente felice, depurata da tanti prevedibili cliché diffamatori sulla borghesia suburbana con le belle case sul vialetto ben tenuto. Dall’ottobre 1988, la risacca temporale è racchiusa nel benessere di una classe media ordinata e libera da artificiose doppiezze morali (ad esempio, il diluvio di anime nascoste di bellezza americana).

Nella famiglia Darko – padre simpatico, madre determinata, sorellina e splendida sorella maggiore (Maggie Gyllenhaal all’apice del suo splendore) – c’è l’adolescente e robusto Donnie (Jake Gyllenhaal che da qui ha preso il volo nel firmamento hollywoodiano) di cui sembra soffrire schizofrenia paranoica e che, infatti, all’improvviso nel consueto attacco di sonnambulismo notturno incontra Frank, una figura antropomorfa dalla testa di coniglio metallica e dentata, dedita all’annuncio di un’imminente fine del mondo. Mentre Donnie è fuori casa, narcolettico e visionario, l’enorme motore di un Boeing sfonda il tetto di casa Darko, distruggendo la stanza del ragazzo che in quel momento era assente, ma che altrimenti sarebbe morto sul colpo. Solo che quel motore non è andato perduto da nessun aereo in viaggio in quelle ore.

Il pezzo del puzzle ovviamente non verrà trovato, ma sarà decisivo per a riavvolgere improvviso e decisivo proprio nel sottofinale del film. Ciò che però colpisce di Donnie Darko, il film, è proprio questa rappresentazione sui generis di temi stravaganti (famiglia di periferia, scuola conservatrice) nonché di quella forma di disturbo mentale di cui soffre il protagonista che da patetico straccio di autocommiserazione diventa una coordinata psicologica decisamente intrigante (anche il padre che si dichiara elettore repubblicano ride di alcune proteste contro gli insegnanti), tanto che probabilmente lo è il vero motore propulsivo del cinema per le giovani generazioni che tra il 2001 – l’anno in cui uscì – e 2004 andò al cinema ed elesse Donnie, e il suo sacrificio ribelle e ironico, a modello di opposizione al sistema di regole sociali.

Anche Donnie Darko viene volontariamente inondato di luce, girato in formato 35mm e anamorfico, e ha la particolarità di toccare con classe, senza mai immergersi, in un’estetica kitsch. Il film ha avuto una vita estremamente travagliata. E sembra quasi il progetto Donnie Darkodalla storia scritta da Kelly nel 1997, passando per il difficile set dell’estate del 2000 a Long Beach, California – 28 giorni di riprese proprio come il conto alla rovescia narrativo della storia – e infine alla serratissima uscita nelle sale nell’ottobre 2001. dopo il ‘presentato in anteprima al Sundance nel gennaio dello stesso anno sembrava essere scivolato in un tortuoso wormhole. Pensa solo a questo Donnie Darkoprodotto dalla Newmarket Films (all’epoca distributore di Ricordo Di Cristoforo Nolan che ha personalmente sostenuto il film), dopo essere stato tagliato di quasi un’ora, sarebbe dovuto uscire nelle sale nell’ottobre del 2001 proprio con quello schianto di motore che sfondò il tetto della Darko all’indomani della tragedia mondiale dell’11 settembre 2001.

Donnie Darko guadagna meno di mezzo milione di dollari in sei mesi. Un fiasco. Il film di Kelly, però, è curiosamente orientato al medio termine: 2 milioni e mezzo di dollari in Gran Bretagna, numerose proiezioni di mezzanotte negli USA e a nemmeno un anno dall’uscita nelle sale esce in DVD e VHS, vendendo qualcosa come dieci milioni di copie. Nel 2004 Kelly rivisita la versione del 2001 (all’epoca già ridotta a meno di due ore) e compone la sua scene extra 134 minuti che è ciò che promette Immagini famigeratelo vedremo nei cinema italiani in 4k. Donnie Darko tuttavia, rimane il trampolino di lancio per Jake e Maggie Gyllenhaal, dove Patrick Swayze è un insegnante pedofilo e irriconoscibile Seth Rogen lui è lo studente cattivo e stronzo dell’ultima fila. Kelly, si diceva, era scomparsa dal 2009, quando girò il suo terzo lungometraggio – La scatolail secondo nel 2006 è Racconti del Sud; mentre esiste un terrificante seguito del 2009, intitolato S. Darko, sconosciuto a Kelly e all’intero team produttivo e artistico del primo film, caratterizzato da un cast di attori davvero sconcertante.

 
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