Perché lo scudo israeliano è in grado di intercettare molti droni. Aerei Usa e Gran Bretagna proteggono Gerusalemme – - – .

Perché lo scudo israeliano è in grado di intercettare molti droni. Aerei Usa e Gran Bretagna proteggono Gerusalemme – - – .
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L’Iran, nella sua rappresaglia contro Israele, ha affidato il primo colpo a un’ondata di droni suicidi. Movimento seguito dall’uso di missili.

La scelta dei droni era prevista e prevedibile, trattandosi di sistemi di guerra che Teheran ha sviluppato con molte risorse negli ultimi anni. Sperimentandoli su infiniti scacchieri, dal Medio Oriente all’Ucraina, dove si inseriscono nei bombardamenti russi su città e infrastrutture.

Lo Shahed e il Mojaher, insieme ad altri modelli, furono sviluppati attingendo alle esperienze dirette dei Pasdaran e, allo stesso tempo, inviandone decine alle milizie alleate, a cominciare dagli Houthi nello Yemen. Questi stessi combattenti hanno dimostrato efficacia in passato con operazioni condotte contro obiettivi in ​​Arabia Saudita, tattiche seguite attentamente dai loro istruttori iraniani e dai tecnici dell’industria militare. Hanno cercato di migliorarli, modificarli e si sono preoccupati di verificare le contromisure degli avversari per cercare di superarli con azioni “a sciame”, con un gran numero di aerei schierati per saturare le difese. Nei cieli ucraini, infatti, venivano utilizzati su obiettivi e per “deviare” il fuoco della contraerea.

E questo, però, sembra che abbiano fatto per vendicarsi di Israele lo scudo dell’IDF è sicuramente di livello superiore e capace di tenere testa ad aerei sicuramente non veloci. Gli esperti hanno calcolato che un drone prelevato dal territorio iraniano può impiegare quasi nove ore prima di “arrivare” sui suoi obiettivi; C’è quindi tempo per intercettarli a lunga distanza, con batterie di missili e caccia tenuti in volo a lungo da un massiccio schieramento di aerei cisterna americani e britannici, comparsi sabato pomeriggio nel quadrante tra Cipro e la penisola arabica. Aerei mobilitati dalla Casa Bianca per rafforzare la protezione di Israele. Poco costosi rispetto ad attrezzature sofisticate, costruibili in gran numero, esportabili per raccogliere fondi e aiutare gli “amici”, i droni dei mullah sono comparsi su vari fronti, compreso quello marittimo. Veicoli hanno “sparato” contro navi mercantili e petroliere “collegate allo Stato ebraico”, una formula che ha permesso a Teheran di andare a caccia di navi nell’Oceano Indiano e nel Mar Rosso. Attrezzature abbinate a abbordaggi, come quello avvenuto poche ore fa contro un cargo portoghese a ovest di Hormuz. Un’azione dimostrativa che fa seguito alle minacce – non nuove – da parte del comando della Marina di bloccare, se necessario, lo stretto strategico. Grave provocazione e atto di pirateria per creare “volume” in occasione della sfida con Gerusalemme.

I veicoli aerei senza equipaggio rappresentano però solo una delle lance dell’arsenale della Repubblica Islamica. Da anni Teheran investe denaro per creare un una grande forza missilistica che consentiva tattiche flessibili. Una conseguenza indiretta anche di quanto patito durante il conflitto con l’Iraq negli anni ’80, quando i due Paesi si scontrarono con gli Scud di progettazione sovietica. Un’altra epoca rispetto alla disponibilità dell’apparato bellico khomeinista.

Gli scienziati iraniani, con l’aiuto di russi, cinesi e nordcoreani, hanno costruito pezzo per pezzo una grande “faretra”. Ecco i missili Fateh 110 e Zulghar in dotazione alle milizie sciite (fino a 700 chilometri di gittata), poi i vettori per azioni di profondità, dall’Haji Qasem dedicato al generale Soleimani (1.400 km) al Sejir (2.500), poi le crociere, viste di recente nelle posizioni degli Houthi ma anche nelle basi dei militanti iracheni. Queste sono solo alcune delle decine di “tipi” usciti dalle fabbriche, con un impegno costante nell’estensione del “braccio” operativo e della precisione.

A questo proposito gli esperti, citati dai media, lo hanno sempre sottolineato un ordigno balistico sparato dal territorio iraniano impiega 12 minuti per raggiungere lo Stato ebraico mentre una crociera impiega due ore.

Il punto centrale però non è tecnico ma strategico: per la prima volta l’Iran ha attaccato direttamente Israele e solo “domani” ci dirà se siamo a una nuova svolta drammatica per una regione senza pace.

 
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