La guerra tra Israele e Iran è solo rinviata – Anthony Samrani – .

La guerra tra Israele e Iran è solo rinviata – Anthony Samrani – .
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Per questo round, dovrebbe essere finito. Il rischio di uno scontro diretto tra Israele e Iran si è drasticamente ridotto dopo aver raggiunto il suo apice. Nella notte tra il 18 e il 19 aprile, Israele ha risposto all’attacco iraniano del 13 aprile, che a sua volta era una reazione all’attacco israeliano del 1° aprile contro il consolato iraniano a Damasco. Sembra che non ci sarà una risposta alla risposta alla risposta. In effetti, Israele, sotto la pressione degli Stati Uniti, ha scelto di tornare alla guerra fantasma, con attacchi non rivendicati che mirano a inviare un messaggio evitando di provocare un conflitto più ampio. Erano droni, come sostengono gli iraniani, o missili? Da dove sono stati lanciati? L’obiettivo, probabilmente una base militare nella regione di Isfahan, è stato colpito? Sarà importante fare chiarezza su questi elementi.

Quello che sappiamo, però, è che i funzionari israeliani hanno preferito rimanere in silenzio e i loro colleghi iraniani hanno fatto tutto il possibile per minimizzare la portata dei fatti. I due paesi hanno salvato la faccia: Israele ha dimostrato di essere in grado di colpire il territorio iraniano senza l’aiuto di Washington, l’Iran ha potuto affermare ancora una volta che la sua deterrenza era stata ristabilita. Da entrambe le parti la parola d’ordine è adesso de-escalation.

Israele non potrebbe intraprendere una guerra con l’Iran senza gli Stati Uniti, almeno finché non avrà dalla sua una Casa Bianca devota alla causa

Lo spettro della guerra, però, non è scomparso. Israele aveva promesso di rispondere in modo più deciso. Diverse ragioni potrebbero spiegare perché lo Stato ebraico alla fine non lo fece: gli Stati Uniti non volevano essere coinvolti in un conflitto su vasta scala contro l’Iran; l’attacco iraniano ha permesso a Israele di uscire dall’isolamento diplomatico; Washington ha imposto nuove sanzioni alla Repubblica Islamica; e, soprattutto, lo Stato ebraico ha altre priorità. In cima alla lista: Rafah. Al secondo posto: Hezbollah. L’Iran è solo in terza posizione.

Il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu vuole continuare le operazioni a Gaza. Vuole sconfiggere Hamas, liberare gli ostaggi e spingere parte della popolazione dell’enclave verso l’Egitto. Ma vuole farlo senza entrare in conflitto con il suo alleato americano. Il fatto che abbia “ceduto” alla reazione all’Iran potrebbe offrirgli un maggiore margine di manovra in questo senso.

Dal punto di vista israeliano, Hezbollah rappresenta oggi la principale minaccia alla sicurezza. L’Iran è a più di mille chilometri di distanza e non è (ancora) una potenza nucleare. Anche se contenuto dopo il 7 ottobre, il partito sciita libanese dispone di 150mila missili ammassati a poche decine di chilometri dallo Stato ebraico e costituisce lo strumento iraniano in grado di causare maggiori danni a Tel Aviv.

Israele non potrebbe iniziare una guerra su vasta scala con l’Iran senza gli Stati Uniti, almeno finché non avrà dalla sua una Casa Bianca devota alla causa: cosa che potrebbe accadere entro pochi mesi, in caso di vittoria di Donald Trump. Tuttavia, indipendentemente da chi sia a Washington, Israele non tollererà un Hezbollah così forte, tanto meno un Iran dotato di armi nucleari.

Se nei prossimi mesi non si raggiungerà un accordo che preveda una zona cuscinetto al confine tra Libano e Israele, dalla quale dovrebbero ritirarsi le milizie sciite, la guerra sembra inevitabile. Più si ritarda l’accordo, più aumenterà il rischio di una vasta operazione israeliana in Libano. Tuttavia Hezbollah non accetterà di aprire i negoziati finché la guerra a Gaza non sarà finita, scommettendo sul fatto che anche allora Hamas non sarà stato eliminato dall’enclave. Questo fronte resterà caldo, almeno per qualche settimana.

Allo stesso tempo, la Repubblica islamica si avvicina ogni giorno di più alla bomba atomica. I leader iraniani sono pronti a fare questo passo? Al momento non è chiaro. Diventare una potenza nucleare comporta anche dei rischi. Tuttavia, ciò consentirebbe al regime di garantire la propria sopravvivenza e concederebbe ai suoi alleati nella regione uno spazio di manovra ancora maggiore.

Israele farà tutto il possibile per evitare questo scenario, anche a rischio di un conflitto con la Repubblica Islamica.

Sembra che le traiettorie di questi due poteri siano destinate a scontrarsi. Tuttavia, il conflitto può essere evitato. Sarebbe però necessario raggiungere un accordo tra Israele e Hezbollah e resuscitare l’accordo sul nucleare iraniano, che Trump aveva stracciato. Come minimo, ciò presupporrebbe un accordo provvisorio tra Stati Uniti e Iran, o, al contrario, un rinnovato impegno degli Stati Uniti a limitare l’influenza della Repubblica Islamica in Medio Oriente. Tutto ciò implica, infine, che Israele accetti di fare concessioni sulla questione palestinese per ottenere una vera alleanza con i paesi arabi contro l’Iran. Ma nel Medio Oriente di oggi tutto questo sembra davvero una chimera. ◆ fdl

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