Macron e quello schiaffo alla Nato. Putin parla del rischio di escalation – .

Macron e quello schiaffo alla Nato. Putin parla del rischio di escalation – .
Macron e quello schiaffo alla Nato. Putin parla del rischio di escalation – .

Tra le buone maniere dimenticate, quella che domina in questi giorni è quella di consultare gli alleati prima di esprimersi su questioni delicate e rischiose, come una guerra ad esempio. Il presidente francese Macron è il portabandiera di questa nuova malvagia tendenza, senza pensarci un attimo ritorna sul tema dell’invio di soldati francesi per rinforzare l’esercito ucraino; la controcanto è del ministro degli Esteri britannico, che ostenta la speranza di utilizzare gli armamenti forniti a Zelenskij anche fuori dai confini e nelle profondità del territorio russo. Un tempo argomenti del genere erano pane quotidiano per i denti degli sherpa; sulle ipotesi così improvvidamente date ai media ci sarebbe stato un lavoro frenetico, un rimando con cancellerie amiche o interessate alle singole questioni e poi tutto sarebbe stato formalizzato nelle proprie sedi. Questo dicono le regole di una corretta ed elementare etichetta istituzionale e diplomatica. Ma quello che oggi è sotto gli occhi di tutti è l’ostentazione bizzarra, goffa, maleducata e pericolosa. Per tutti.

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E dire che gli organi di consultazione e discussione si sono addirittura moltiplicati, alcuni, anche se impropri, sono a portata di mano, come il G7, il G20 o il Consiglio dei capi di Stato e di governo europei; altre associazioni, invece, quelle più pertinenti, furono messe da parte per fare spazio ad un ricorrente e famigerato sfogo mediatico. Più nello specifico, non è superfluo sottolineare che la sede più idonea per elaborare una linea condivisa rispetto al conflitto russo-ucraino è la NATO, ed è quanto prevede il Trattato all’articolo 4: «Gli Stati membri si consulteranno tra loro ogniqualvolta, secondo uno di essi, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti possano essere minacciate”. Nel merito, lo sfogo di Macron è insensato anche dal punto di vista tecnico, una misura davvero autolesionista. Chi volesse entrare oggi nel conflitto in corso dovrebbe ridisegnare da cima a fondo la dottrina dell’uso delle forze, tracciare una linea e ricominciare da capo secondo meccanismi e procedure che noi tutti, francesi compresi, conosciamo bene e abbiamo praticato da decenni. E che hanno dato buona prova di sé nei conflitti armati. Mettere sul campo altri uomini oggi senza cambiare il punteggio significherebbe associarli al destino disastroso di russi e ucraini.

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Per quanto riguarda le dichiarazioni di Cameron, esse sono sicuramente più comprensibili e condivisibili anche se ingiustificate per il modo in cui sono state presentate. Se messe in pratica, eliminerebbero lo stravagante presupposto secondo cui un Paese invaso, ridotto in macerie, oltraggiato dalla barbarie, dalle deportazioni e da ogni genere di atrocità debba limitarsi a respingere l’invasore senza nemmeno poter intervenire sulla sostenibilità della sua operazioni che colpiscono linee di rifornimento o obiettivi militari significativi. L’auspicio, in definitiva, è che le voci fuori dal coro di Francia e Gran Bretagna possano essere occasione per un chiarimento generale nelle sedi opportune, un chiarimento che possa da un lato attualizzare – ed è estremamente opportuno – la linea di condotta per sostegno all’Ucraina e dall’altro verificare le condizioni per creare finalmente una piattaforma negoziale nella quale coinvolgere la Russia e gli altri Paesi interessati.

 
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