Lollobrigida e Pichetto Fratin litigano. E nessuno pensa ad una legge a tutela del suolo che si consuma di 2,4 metri quadrati al secondo

Lollobrigida e Pichetto Fratin litigano. E nessuno pensa ad una legge a tutela del suolo che si consuma di 2,4 metri quadrati al secondo
Lollobrigida e Pichetto Fratin litigano. E nessuno pensa ad una legge a tutela del suolo che si consuma di 2,4 metri quadrati al secondo

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Quello che so sui mercati finanziari e sull’economia l’ho imparato lavorando per una delle principali Borse di Piazza Affari, le società che comprano e vendono titoli in Borsa per i grandi investitori. L’ho portato con me quando sono diventato giornalista de La Repubblica dove, tra l’altro, ho seguito inchieste e grandi scandali come quello della Parmalat, contribuendo a smascherarne i falsi bilanci. Ogni mercoledì si parlerà di aziende quotate e non quotate, personaggi, istituzioni, scandali e inchieste legate a questo mondo. Se vuoi scrivermi la mia email è [email protected]. Buona lettura

Walter Galbiati, vicedirettore di Repubblica

Dietro lo scontro sull’installazione di pannelli solari a terra tra il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigidae l’ambiente, Gilberto Pichetto Fratinc’è l’incapacità totale del governo di prendere una decisione fondamentale su come farlo utilizzare e preservare il suolo in Italia.

Il tema è sempre stato attuale, ma è entrato prepotentemente sul tavolo politico poiché, insieme all’eliminazione delle emissioni di anidride carbonica, anche il consumo di suolo è diventato uno dei temi Obiettivi di sviluppo sostenibile definito daAgenda globale delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

Allora come parliamo di Neutralità del carboniooggi dobbiamo anche parlare Neutralità rispetto al degrado del territoriosebbene il secondo termine sia molto meno conosciuto e popolare del primo.

Non esiste una legge sul consumo di suolo. Il colorato dibattito tra Lollobrigida e Pichetto Fratin, la punta dell’iceberg di scontro tra agricoltori e industria dei pannelli solariha avuto come risultato l’ultimo decreto legge sull’agricoltura che ha messo un freno al derby interno della maggioranza, ma purtroppo non è stata l’occasione, come avrebbe dovuto, per cominciare a pensare al stesura di una legge che regola l’uso del suolo in Italia in linea con quanto prescritto dall’Europa che sostiene l’ riutilizzoIL rigenerazione urbana e il limitazione dei consumi, insieme allo sviluppo dell’edilizia sostenibile e alla valorizzazione agricola.

Il vero problema è tenere insieme tutto, cioè le esigenze preservare il territorio e quello di raggiungere altri obiettivi, comeazzeramento delle emissioni di CO2 che prevede anche l’installazione di pannelli solari.

La situazione italiana. Lo stato del consumo di suolo in Italia è ben delineato in relazione annuale pubblicato daIspra per il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. Lo dicono i dati tra il 2021 e il 2022 in Italia venivano consumati 2,4 metri quadrati al secondo per una superficie totale di mq 77 chilometri quadratioltre il 10% in più rispetto al 2021.

Tra parentesi. Da sapere, che in Italia il 43% del territorioSono previsti circa 130mila chilometri quadrati per uso agricolo (più della metà seminativo) e il 30,6% (92mila chilometri quadrati) è coperta da foreste o arboricoltura da legno.

IL aree urbane o simili hanno circa 10% (30 mila chilometri quadrati) e il usi non economici un altro 14,5% (43 mila chilometri quadrati). IL Gli impianti fotovoltaici occupano complessivamente 178 chilometri quadratila maggior parte (35%) in Puglia.

Quali attività consumano più terra. Partendo da questi dati, lo studio di Ispra evidenzia quali sono gli interventi che hanno consumato maggiormente il nostro territorio, prendendo in considerazione l’arco temporale che va dal 2006 al 2022 e distinguendo tra modifiche permanenti, cioè costruzioni che difficilmente permetterebbero di restituire al suolo l’aspetto originario, e interventi non permanenti.

Consumo irreversibile. SU 1.216 chilometri quadrati consumati in 16 anni739, pari a Il 60% ha subito cambiamenti permanenti. Di questi, tenendo presente che circa 303 chilometri quadrati sono considerati cantieri in corso e quindi ancora da classificare, la maggior parte è stata destinata alla Il 15,9% del totale a fabbricati e fabbricatiPer 8,2% alle stradeper il8% in zone impervie o pavimentate.

Consumo reversibile. Per quanto riguarda il consumo di suolo reversibile che nel complesso vale circa 40% del totale, beh 20,8% è stato mangiato da cantieri e aree sterrate quali piazzali, parcheggi, cortili, campi sportivi, depositi materiali e altro ancora, mentre il 12,3% è stato occupato da impianti fotovoltaici a terra e il 4,1% da cave.

La classifica. Se dovessimo quindi stilare una classifica assoluta del consumo di suolo dal 2006 al 2022, combinando usi permanenti e non permanenti, il primo gradino del triste podio sarebbe cantieri e aree sterrate con 253 chilometri quadratiseguire da fabbricati e fabbricati con 192 chilometri quadrati (con l’aggravante della permanenza) e darli impianti fotovoltaici con 150 chilometri quadrati.

Il caso del fotovoltaico. C’è quindi un problema legato allo sviluppo del fotovoltaico, come hanno sottolineato gli agricoltori e come dicono i numeri. E la vera sfida è trovare un equilibrio tra diverse esigenze come la decarbonizzazione, ad esempio, e la tutela del territorio.

Proiezioni del consumo di suolo. Se non si intervenisse, al ritmo attuale, l’ISPRA stima che il nuovo consumo di suolo, comprensivo delle varie costruzioni, sarebbe pari a altri 1.981 chilometri quadrati tra il 2022 e il 2050che però si ridurrebbero a circa un quarto (566 chilometri quadrati) se solo si raggiungesse l’obiettivo di raggiungere lo zero entro il 2030.

Come preservare il territorio. Nel loro studio gli studiosi di Ispra partono dalle prescrizioni dell’ Piano di transizione ecologica (Pte) adottata nel 2021 che, per raggiungere Net carbon zero, prevede certamente l’uso del fotovoltaico, ma individuando “aree e superfici idonee […] coerentemente con le esigenze di tutela del suolo, delle aree agricole e forestali e del patrimonio culturale e paesaggistico, nel rispetto dei principi di minimizzazione degli impatti ambientali, territoriali e paesaggistici”.

Le soluzioni. Le soluzioni sono “lo sfruttamento prioritario – si legge sempre nel Pte – delle superfici delle strutture costruite (tetti ed in particolare quelli di edifici pubblici, capannoni industriali e parcheggi), aree e siti soggetti a bonifica, cave e miniere dismesse”.

Un’altra possibile soluzione sono i sistemi agrivoltaici avanzatiche permettono di coesistere sullo stesso territorio sia l’uso produttivo che quello energetico, incentivati ​​anche dal Pnrr.

Obiettivi climatici. IL Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), nel suo aggiornamento di giugno 2023, ne prevede l’installazione entro il 2030 131 GW di impianti a fonte rinnovabile, con un incremento di capacità di circa 74 GW rispetto al 2021. Di tale incremento 57 GW si prevede che saranno prodotti tramite il fotovoltaico e 17 tramite l’energia eolica.

Come raggiungerli? L’ISPRA ha calcolato che, escludendo i centri storici e le aree di interesse culturale, l’ superficie del tetto la superficie utilizzabile per installare impianti fotovoltaici varia tra 757 e 989 chilometri quadrati, in grado di garantire una potenza variabile tra 73 e 96 GWben al di sopra dei 57 GW previsti.

“A questa potenza – si legge nello studio di Ispra – si potrebbe aggiungere quella installabile aree di parcheggioin corrispondenza di alcune infrastrutture, in aree abbandonate o in altri zone impermeabilizzatesenza aumentare il consumo di suolo”.

La proiezione. Ad oggi il 34% dei quadri installati sono messi a terra e il 66% non sono messi a terra. Secondo Ispra, ipotizzare questa distribuzione per coprire i 57GW rischierebbe di consumare 340 chilometri piazze di terreno per avere ca 19 GW. Se invece fossero tutti appoggiati a terra il consumo di suolo sarebbe di 990 chilometri di territorio.

Un costo che non possiamo permetterci. Da qui la necessità di seguire le indicazioni del Piano di Transizione Ecologica, obbligando con una legge fondiaria, a costruire sui tetti o in aree già compromesse, per ridurre al minimo l’impatto sul suolo.

 
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