Cosa resta del Novecento? Ci siamo davvero lasciati alle spalle per sempre i suoi sogni, le sue lotte, le sue ombre? È sul filo di questi interrogativi che si muove la scrittura di Helena Janeczek, il suo talento nell’indagare le vite di personaggi normali che, attraversando i grandi ribaltamenti della storia, diventano destini eccezionali capaci di restituirci, nel racconto immaginato, il senso di un collettivo eredità. Ripercorrendo l’inizio del secolo scorso alla ricerca di storie marginali, solo parzialmente conosciute, incontriamo le sorelle Zanetta, maestre arrivate a Milano durante i tumulti dell’Expo del 1906, che aderirono ai sogni socialisti per poi vedersi, le più giovani, arrestato per disfattismo negli anni immediatamente successivi a Caporetto. Nella Merano del 1920, dove si respira un’aria sana di cura per i malati, troviamo il dottor K., che si crede al centro di un intrigo di spionaggio nato dalla corrispondenza con la sua traduttrice, Milena Jesenská. In quest’Italia di inizio secolo, dove voci straniere si intrecciano con l’orgoglio nazionale, incontriamo poi la figlia del grande poeta americano Ezra Pound, che si aggira per Venezia spiata da un ragazzo che ha condiviso con lei l’infanzia sui pascoli di montagna. del Tirolo. E il giovane Albert O. Hirschmann, che raggiunge la sorella e il cognato a Trieste, città animata dallo spirito edonistico e mercantile della sua borghesia orgogliosamente italiana, quella stessa borghesia che presto vedrà cadere le leggi razziali sul suo mondo , come il più impensabile e terribile degli imprevisti. Ma i tempi degli eventi inaspettati, teorizzerà in seguito Hirschmann, sono anche tempi di possibilità che ci invitano a pensarci e a perseguirli, indipendentemente da come è andata la storia. Anche a questo serve la letteratura, ci dicono queste pagine, per rivivere dall’interno di ogni personaggio quel passato che non si è ancora chiuso, per provare a raccoglierne l’eredità irrisolta.
02 maggio 2024
