Le stragi nere? Misterioso ma non troppo. Nel libro di Biondani tutte le verità inconfutabili sulla strategia della tensione – .

Le stragi nere? Misterioso ma non troppo. Nel libro di Biondani tutte le verità inconfutabili sulla strategia della tensione – .
Le stragi nere? Misterioso ma non troppo. Nel libro di Biondani tutte le verità inconfutabili sulla strategia della tensione – .

Esiste una verità storica, precisa e inconfutabile, a riguardo massacri dal strategia della tensione. Non è facile da capire. Bisogna ripartire dai singoli fatti, quelli che sono stati accertati con prove, documenti, testimonianze, anche, in rari casi, confessioni. Dobbiamo leggere le sentenze, tutte, fino ai verdetti finali. E isolare i fatti che sono comprovati a tutti i livelli di giudizio. Le verità innegabili. Che ci sono. Sono lì per il massacro di Piazza Fontana del 1969, per Piazza della Loggia dal 1974 (nel quadro)Per Petean del 1972, per Bologna del 1980. Ci sono una miriade di altri attacchi, di varia gravità, risalenti a quegli anni. Ci sono anche per le stragi di mafia del 1992-1993.

Questo è il lavoro prezioso che fa Paolo Biondanigiornalista giudiziario diEspressonel libro “La ragazza di Gladio e altre storie nere: la trama nascosta di tutte le stragi”edito da Fuori Scena, con prefazione di Benedetta Tobagi. Spulciando decine di migliaia di pagine di atti processuali, Biondani lascia da parte suggestioni e ipotesi, per isolare elementi di verità che non possono più essere smentiti. E che, messe insieme, danno un’interpretazione univoca di quella che fu la strategia della tensione.

Ad esempio, sugli 8 morti e 102 feriti per la bomba esplosa in piazza della Loggia a Brescianoad una manifestazione antifascista del 28 maggio 1974 c’è addirittura una firma autografa, quella di Ermanno Buzzineofascista bresciano tatuato con la scritta “SS“. Ha scritto a macchina i due foglietti di reclamo (la strategia di dare la colpa ai “rossi” era ormai screditata). Su uno di questi volantini rimase la sua firma, probabilmente perché il neofascista aveva incautamente siglato un foglio di carta posto sopra il reclamo. Condannato in primo grado all’ergastolo, probabilmente deciso a fare qualche ammissione, finirà massacrato da terroristi neri Mario Tuti E Pierluigi Concutelli nel carcere di Novara, 48 ore dopo un trasferimento che aveva cercato disperatamente di evitare. Il verdetto finale per lui lo danno direttamente i suoi compagni.

La verità sulle stragi è faticosa anche perché spesso è difficile accertare i singoli fatti suddiviso in diverse indagini, per cui la prova del nove potrà emergere molti anni dopo la conclusione delle sperimentazioni. La mole di prove accumulate contro gli estremisti di destra vale per tutti Franco Freda E Giovanni Ventura solo dopo la loro assoluzione definitiva per la strage di piazza Fontana. La stessa regola vale anche per il Brescia. Sono i magistrati che indagano sulla strage del treno Italico (4 agosto 1974, 16 morti e 267 feriti) di poter accertare solo negli anni ’80 che il Sid, i servizi segreti militari, avevano un informatore tra i neofascisti veneziani. Che, tra il 1973 e il 1974, spiava riunioni e denunciava piani di strage mentre si preparava la bomba in piazza della Loggia. Ma invece di intervenire, scrive Biondani, i servizi “lasciano che gli attacchi avvengano”.

Se oggi, per pura ipotesi giudiziaria fittizia, si aprisse un processo sulla complicità di alti funzionari dei nostri servizi segreti, ma anche di poliziotti e carabinieri e uomini delle Forze Armate, le prove sarebbero enormi. A Peteano, ad esempio, c’erano tre carabinieri depistare le indagini per cercare di salvare gli autori della strage, i neofascisti di Nuovo ordine, nonostante le vittime fossero loro compagni, uccisi a casaccio con un’autobomba (3 morti e 2 feriti). Un maresciallo confesserà la falsificazione dei verbali, e il processo per depistaggi si concluderà con la condanna definitiva di due superiori, un colonnello e un generale. Uno degli autori della strage, Carlo Cicuttinifu segretario della sezione diMSI nel suo paese in provincia di Gorizia.

Per tanti anni li abbiamo chiamati “Misteri italiani“, e in effetti c’è ancora parecchio da scoprire. Ma alcuni episodi della strategia della tensione erano così palesi e falsi da sembrare la sceneggiatura di film grotteschi sui “colonnelli”, in voga in quegli anni. Il secolo d’Italiapoi organo del MSI e oggi dell’ Fratelli d’Italiaha scritto che i responsabili del lancio di bombe a mano che sono costate la vita all’agente di polizia Antonio Marino, durante una manifestazione del MSI il 12 aprile 1973 a Milano, persero per strada le loro “tessere PCI”. I comunisti si infiltrarono nel MSI. Ma guarda questo. A lanciare le bombe, però, furono due noti delinquenti “Sanbabilini”, individuati anche grazie alla collaborazione di un leader del partito di Almirante, che solo da questo momento cominciò a prendere le distanze dai nazifascisti che piazzarono le bombe. Compagni che sbagliano.

Un’altra tragica spazzatura, il grido”Viva Pinelli! Viva l’anarchia!” lanciato da Gianfranco Bertoli, fermato subito dopo aver lanciato la bomba contro la Questura di Milano (17 maggio 1973, 4 morti e 52 feriti). Bertoli invece è un neofascista, frequenta le tournée di Ordine Nuovo venetoè nelle liste di Gladio ed è anche informatore sul libro paga di Sifar e poi del Sid. Altro fatto documentato: il centro Sid di Padova ha distrutto tutta la documentazione in suo possesso su Bertoli tre anni dopo che quest’ultimo aveva confessato la strage.

A Gladioo più probabilmente ad un sottogruppo di essa, ad una struttura ancora più segreta decisa a combattere la sinistra italiana senza attendere il possibile Invasione sovietica, portano molti fili delle storie raccontate nel libro. Compreso il seguito di arsenali clandestini di armi da guerra ed esplosivi riconducibili a uomini in divisa ed estremisti neri, a cui Biondani dedica un originale approfondimento. A proposito, chi è la ragazza Gladio che dà il titolo al libro? Oggi è una ricca signora, ma in quegli anni fu protagonista di un caso emerso solo di recente nell’ennesimo procedimento ancora aperto in piazza della Loggia.

Nel 1974 aveva 17 anni, si dichiarava un’ardente fascista come il suo fidanzato di 21 anni, Silvio Ferrari. Morì a Brescia, dilaniato da una bomba che lui stesso portava con sé, nove giorni prima della strage. Ai magistrati, cinquant’anni dopo, sta raccontando una storia sconcertante, che dovrà essere esaminata in tribunale, ma che è già supportata da prove oggettive non banali. Ancora minorenni, lei e il fidanzato avrebbero partecipato a riunioni segrete in una caserma, alla presenza di alcuni militari e di alcuni selezionati terroristi neri, tutti giovanissimi, coordinati con atteggiamento deciso da Francesco Delfinol’alto ufficiale dei servizi segreti e dei carabinieri morto nel 2014, dopo essere stato coinvolto in mille complotti.

Fatti separati dalle opinioni, ovviamente, ma solo verificati e comprovati, è il metodo di Biondani. Ma il suo libro non è un libro appiattito sulle cosiddette verità giudiziarie: mostra invece quanto numerose siano frasi a dir poco controverse sulla strategia della tensione. Un caso esemplare è il verdetto di Corte d’Appello di Roma che nel 1984 venne assolto, annullando la condanna di primo grado, Amos Spiazziil colonnello della servizi segreti interni dell’esercitoche è stato arrestato come organizzatore del gruppo paramilitare Si alzò il vento. Tra le altre cose, teneva un arsenale artigianale di una trentina di mitragliatrici, fucili e pistole militari. Da “collettore“, si è difeso. Anche da quella sentenza di assoluzione emerge che, dopo il suo arresto, Spiazzi aveva confessato di aver fatto parte di una struttura segreta che organizzava attività anticomuniste illegali. Biondani scrive: “Ci vogliono giudici davvero eccezionali per assolvere chi ha confessato”.

 
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