Chi avrebbe mai immaginato che tra le mura di una cella frigorifera potesse nascondersi il segreto per salvare antichi manoscritti e libri preziosi? L’alluvione che ha devastato l’Emilia-Romagna nel maggio 2023 ha lasciato una scia impressionante di danni, colpendo non solo infrastrutture e abitazioni, ma anche il prezioso patrimonio culturale della Regione. E così, mentre le pagine dei volumi storici rischiavano di essere divorate dall’acqua e dal fango, il territorio ha trovato nel gelo (vero e proprio) un inaspettato alleato. Da mesi, tra minestroni e surgelati, i tesori cartacei dell’Archivio storico di Sant’Agata sul Santerno, della Biblioteca del Seminario di Forlì, ma anche di Lugo e Faenza, immortalati da Corriere di Bologna.
Un anno fa la furia dell’acqua invase gli archivi, abbattendo scaffali e danneggiando tomi risalenti in alcuni casi ai secoli XVI e XVII. L’unico modo per contenere i danni provocati dall’umidità era “congelarli”: su consiglio di esperti restauratori, decine di volontari si sono attivati e hanno trasportato i volumi presso le strutture di aziende come Orogel e Bofrost, colossi del settore alimentare italiano . I contenitori di plastica dura, normalmente utilizzati per conservare gli alimenti, sono stati riconvertiti per accogliere libri danneggiati a temperature di -25°C. Si tratta di circa settecento unità, accatastate le une sulle altre, movimentate solo con attrezzature adeguate, contenenti volumi e documenti tutti accuratamente ordinati e catalogati.
Nei giorni dell’emergenza Bruno Piraccini, presidente di Orogel, ha spiegato di aver “imparato con sorpresa” che i loro magazzini potevano “essere utili anche per conservare e restaurare altri materiali, come i libri”. Da lì è nata “la decisione di accogliere la richiesta del Ministero dei Beni Culturali e delle sovrintendenze competenti. Abbiamo provveduto a riservare, all’interno del nostro magazzino automatico di Cesena, spazi dedicati alla conservazione di alcuni volumi, per salvaguardare il nostro patrimonio culturale”.
Bofrost, però, non è nuovo a questo tipo di interventi. L’azienda, con sede a San Vito al Tagliamento, in Friuli-Venezia Giulia, aveva già messo al riparo i libri della Fondazione Querini Stampalia, finiti sott’acqua durante l’eccezionale ondata di maltempo che ha colpito Venezia nel 2019. E ancora prima, volumi come il Esercizi spirituali di Padre Agostino da Fusignano o il De officio subordinati regolaris di Laurentius Peyrinis, era stato salvato nei magazzini dell’azienda leader nella distribuzione di prodotti surgelati a domicilio in Italia. Dopo il terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, infatti, 52 volumi risalenti ai secoli XVII e XVIII, provenienti dal convento di Santa Chiara, sono stati recuperati dalle macerie, danneggiati ed esposti all’umidità, e, dopo aver stati catalogati e protetti, sono stati congelati. Il congelamento dei libri per salvarli e rendere possibile il processo inverso senza rischi era già stato sperimentato nel 2002 in Germania, dopo l’esondazione dell’Elba, e in Toscana dopo l’alluvione che colpì la Lunigiana il 25 ottobre 2011.
Ma a cosa serve nello specifico il freddo? Le temperature molto basse hanno lo scopo di arrestare lo sviluppo di funghi e batteri, che proliferano sulla carta bagnata, soprattutto in condizioni di alta temperatura. Non è ancora chiaro per quanto tempo i volumi delle biblioteche dell’Emilia-Romagna dovranno restare nelle celle frigorifere, ma intanto gli esperti stanno pianificando le fasi del loro restauro, che richiederà tempo e attenzione. Per ora sappiamo che, una volta scongelati, i tomi dovranno essere sottoposti ad una meticolosa pulizia e poi asciugati attraverso la tecnica della liofilizzazione, che serve a rimuovere l’acqua con il minimo danno possibile. Intanto le pagine riposano al gelo, in attesa di incontrare nuovamente gli occhi dei lettori alla luce del sole.