William Sloane di notte | Marco Malvestio – .

Adelphi pubblicherà Nella notte di William Sloane è certamente una scelta singolare. Nato negli Stati Uniti nel 1906 e morto nel 1974, una vita trascorsa nel mondo dell’editoria (tra l’altro come direttore della Rutgers University Press), Sloane pubblicò in vita solo un paio di romanzi: oltre a quello proposto (il cui il titolo è originale Per camminare la notte), Il bordo dell’acqua corrente. Si tratta di libri pubblicati rispettivamente nel 1937 e nel 1939, ai quali non seguirono altri tentativi romanzeschi, e che se non procurarono all’autore un seguito di culto, ebbero comunque le loro riedizioni e, di conseguenza, i loro estimatori nei decenni successivi – tra cui Stephen King, che firmò la prefazione al volume Adelphi. Per camminare la notte era già apparso in italiano nel 1961, con il titolo di Sei una malattia per i tipi Longanesi, e nel 1990, as Selena, per l’indimenticabile serie horror da Oscar di Mondadori. Contrariamente alle cattive abitudini di molti editori italiani, Adelphi non recupera vecchie traduzioni arrugginite, ma si affida al collaudato mestiere di Gianni Pannofino.

1937, 1939: siamo chiaramente nell’età d’oro della fantascienza e delle cose strane. Howard Phillips Lovecraft morì nel 1937, dopo aver pubblicato i suoi racconti più memorabili tra gli anni ’20 e ’30, per lo più su riviste di genere come Racconti strani E Storie sorprendenti; e proprio quel mix di scienza, horror e giallo che tendiamo ad associare al strange si ritrova anche nel romanzo di Sloane. Ancor di più, però, è strano nel senso lovecraftiano dell’orrore cosmico – anche se spiegare come e perché significherebbe rovinare la sorpresa al lettore indicando la soluzione del mistero, e un libro come questo perderebbe di significato senza la forza motrice dell’ansia di scoprirlo. Basti dire che ha molto in comune con “L’ombra del tempo” e “La cosa sulla soglia”.

Non che il romanzo di Sloane sia un banale voltapagina, in cui ha valore solo lo sviluppo della trama: troviamo anzi descritti una fitta rete di rapporti personali complessi, un’amicizia maschile, e il mondo universitario americano all’inizio del il secolo. Rispetto a quella di Lovecraft, la scrittura di Sloane è stranamente ancorata alla realtà quotidiana – c’è addirittura la descrizione di una partita di calcio, che in qualsiasi storia di HPL sarebbe molto più inconcepibile di qualsiasi creatura demoniaca vomitata dalle profondità del cosmo. Ma come nei migliori romanzi strani, anche in Nella notte tutte queste cose si danno solo in funzione dell’elemento dell’orrore, che assorbe e svia ogni altra questione.

La trama di Nella notte è piuttosto lineare, al netto della doppia cornice narrativa. Innanzitutto la storia si presenta come la raccolta degli appunti di una conversazione tra il narratore e il dottor Lister, padre del suo migliore amico; e questa conversazione intervalla la storia stessa. Il narratore si reca a casa del padre del suo caro amico Jerry per raccontargli come e quali, secondo lui, siano state le cause del suo improvviso suicidio. Tutto ebbe inizio, secondo il narratore, quando i due si imbatterono in una scena terribile e inspiegabile: quando andarono a far visita al loro amico matematico LeNormand nel suo studio all’università, lo trovarono avvolto dalle fiamme – che però non sembravano “ il fuoco prodotto da un ceppo di legno” ma emanava “un debole bagliore giallo. (…) Chiara, bianca, silenziosa, guizzava come la lingua di un serpente e si contorceva come un pennacchio di alghe nella corrente, avvolgendosi sopra, intorno e dentro il corpo del professore” (60-61). Durante le indagini su questa misteriosa combustione, i due incontrano Selena, la nuova sposa del loro amico, con la quale Jerry inizia presto una relazione che culminerà a sua volta nel matrimonio.

Ho già parlato di indagini, ma Nella notte non è un romanzo di scoperta nel senso tradizionale, piuttosto uno in cui il narratore ricompone retrospettivamente i pezzi di un puzzle impossibile. In questo senso, il libro di Sloane è sottile e ipnotico, e dopo il colpo di stato dell’incendio di LeNormand si limita a presentare al lettore una serie di piccole, inquietanti stranezze la cui somma porta un senso di frustrazione e ansia crescente. Il narratore di Sloane delinea molto chiaramente il tipo di mistero che il romanziere ha costruito:

Di regola, mi sembra, le cose della vita non si presentano sotto forma di fatti grandiosi e travolgenti, caratterizzati da una violenza teatrale. La vita è una serie di piccole cose che, per la maggior parte, significano molto o poco a seconda della posizione dell’osservatore. Io, ad esempio, non ho prestato molta attenzione a quello che è successo quella sera. Eppure, se l’avessi fatto, avrei riconosciuto uno schema, lo schema del quinto atto di una tragedia, quando gli eventi sono già compiuti, e mancano solo le ultime parole e la rovina definitiva del protagonista. Ora vedo quelle cose per quello che valevano davvero, ultimi piccolissimi eventi prima di un orrore indicibile. (239)

A questo inganno contribuisce anche il fatto che la scena dell’incendio, per quanto inaspettata e suggestiva, non è il vero centro del romanzo: semmai quella è Selena. In questo senso, il libro di Sloane si colloca in quella tradizione dei romanzi horror, da Il grande dio Pan di Arthur Machen a Storia di fantasmi di Peter Straub, in cui un inquietante personaggio femminile semina confusione tra i protagonisti. Eppure Selena non è turbata da qualche caratteristica sinistra, ma solo da una stranezza che nessuno intorno a lei sembra riuscire a individuare con esattezza. Selena sembra non avere passato; sembra non sapere nulla del mondo in cui si muove, non essendo in grado di sostenere una conversazione normale o interpretare l’umorismo. Impara velocemente, ma, come nota il narratore, sempre imitando, e mai come se i suoi comportamenti le appartenessero davvero.

Alla fine del romanzo, il lettore capirà il motivo della stranezza di Selena e delle sue motivazioni. Eppure, durante la lettura, ciò che sembra turbare il narratore è soprattutto ritrovarsi di fronte a una figura femminile che non risponde alle sue aspettative e alle sue esigenze di controllo. Cosa lo disturba, più di ogni altra cosa, più delle incoerenze di Selena e della sua separazione dal suo mondo? La sua intelligenza: “Certamente! Questo era il punto. Perché non ci avevo pensato prima? Quella donna era troppo intelligente. Troppo intelligente. Certo era bella e anche molto strana, ma era la cosa che più mi colpiva di lei” (108). Qui, dopo la chiusura Nella notte si sospetta che l’orrore cosmico abbia la sua parte, ma che un ruolo altrettanto significativo lo giochi anche l’intrusione, nella vita del protagonista e del suo amico, di un’incontrollabile azione femminile, che rompe con subdola relazione maschile non priva di venature di cameratismo omoerotico.

Con Nella notteAdelphi propone in un’ottima traduzione un volume singolare e affascinante, che è bello rivedere sugli scaffali delle librerie italiane: un’opera preziosa e strana, con più di qualcosa da dire al lettore contemporaneo.

 
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