Cultura della sicurezza, ponte tra istituzioni e cittadini. Il libro di Strozzi – .

Cultura della sicurezza, ponte tra istituzioni e cittadini. Il libro di Strozzi – .
Cultura della sicurezza, ponte tra istituzioni e cittadini. Il libro di Strozzi – .

In Italia, dove l’intelligence è spesso vista con sospetto, questo volume rappresenta un passo significativo verso una maggiore consapevolezza e comprensione del ruolo cruciale della sicurezza nazionale. Per questo la speranza è che venga letto anche dai non addetti ai lavori

30/06/2024

La “cultura della sicurezza” rappresenta “una leva di primaria importanza per alimentare un nuovo modo di concepire il rapporto” tra istituzioni e cittadini. Lo ha scritto sulla rivista Gnosiil prefetto Giovanni Di Gennaio nel 2011, quando era direttore generale del Dipartimento delle Informazioni sulla Sicurezza.

Tredici anni dopo quell’intervento e 17 anni dopo la legge 124 del 2007 che ha riformato l’intelligence italiana, De Gennaro ha scritto la prefazione al volume “Sicurezza nazionale. Poteri, conflitti, informazioni”, curato da Aaron Strozzi e pubblicato dalla Luiss University Press. Nel testo (che si può leggere qui) De Gennaro non usa mai l’espressione “cultura della sicurezza”, compito che la legge attribuisce al Dipartimento Informazioni sulla Sicurezza. Non c’è bisogno di metterlo nero su bianco. Ciò traspare dalla sua prefazione così come dall’intero libro, che può contare sul contributo di funzionari che hanno lavorato per anni al fianco di De Gennaro tra l’Interno e il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (come Enrico Savio, Dario Matassa e Adriano Soi), così come coloro che lavoravano nell’intelligence (come Umberto Sacconeex Sismi), alcuni in istituzioni (come Antonio Malaschini) e coloro che lavorano nella Difesa oggi (come Alessio Anelli).

Si tratta di un concetto inerente a quella che De Gennaro definisce “sicurezza come pratica”, ovvero “un processo basato sulla conoscenza della realtà nei suoi fattori di pericolo e sulla prefigurazione delle possibili, relative evoluzioni; un processo che mira a ridurre al minimo la minaccia, basandosi sia sulla memoria storica degli eventi passati sia sulla prefigurazione di quelli futuri”.

Ciò è ancora più importante oggi, in un contesto sempre più segnato da sfide asimmetriche come le minacce ibride. Cioè da quelle attività che possiamo sintetizzare come punti da collegare per ottenere la cifra completa alla luce delle loro caratteristiche: ovvero, sono condotte su domini diversi (incluso il cyber), da attori non sempre “classici” (come aziende, media e diaspore all’estero usate come procuratore), sono anche facilmente negabili, sempre un gradino sotto la soglia del conflitto armato, e soprattutto coordinati.

Si tratta di minacce che richiedono alle società democratiche uno sforzo collettivo, una sicurezza collettiva. La diffusione della cultura della sicurezza è alla base di tutto questo in tutte le democrazie, che richiedono il dialogo tra pubblico e privato per proteggere e promuovere l’interesse nazionale (si pensi all’intelligence economica). Lo è ancora di più in Italia, dove, ad esempio, il dizionario Treccani, per illustrare la voce “deviati”, sceglie “servizi segreti deviati” – una definizione che getta ombre sull’attività dell’intelligence italiana offrendo al tempo stesso responsabilità politiche.

Anche per questo, per rafforzare o generare consapevolezza su cosa significhino parole come potere, conflitto e informazione, l’auspicio è che il libro curato da Strozzi venga letto anche dai non addetti ai lavori.

 
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