Così Taranto, lasciata sola a rimuginare sul passato, rinasce (per ora) nei libri – .

Così Taranto, lasciata sola a rimuginare sul passato, rinasce (per ora) nei libri – .
Così Taranto, lasciata sola a rimuginare sul passato, rinasce (per ora) nei libri – .

Le novità sono due: il 3 luglio Feltrinelli inaugurerà una nuova libreria; lo farà a Taranto, l’ormai ex città dell’acciaio.

Indebolito da anni di inutile e soprattutto incompetente ostinazione nei confronti dell’acciaieria, passata – praticamente a sua insaputa – da causa di malattie e di morte per chi vi lavora e per chi vive nelle vicinanze a fonte di licenziamenti, una continua diminuzione della capacità di reddito e incertezze sul futuro non solo per chi ci lavora e per chi vive nelle vicinanze ma per un’intera comunità, la fabbrica non è più al centro del villaggio.

Non perché il mercato la stia buttando fuori dal suo perimetro, perché a causa della bassa produzione non è più strategica per l’economia italiana, perché per convertirla servono molti soldi, soldi che nessuno sa esattamente chi investirà, perché comunque vada, darà lavoro, nelle previsioni più ottimistiche, alla metà degli attuali 8mila dipendenti.

Cosa fare? Taranto deve darsi un futuro diverso, più sostenibile, più incentrato sulle sue ricchezze naturali, sulla sua storia gloriosa e millenaria, sui suoi mari di incomparabile bellezza, più economicamente robusto degli ultimi 12 anni segnati da stipendi e commesse tagliate per i lavoratori diretti e indiretti e per l’indotto, un bagno di sangue economico che ha impoverito tutto e tutti.

Taranto, però, non va lasciata sola. Le responsabilità dei tarantini, che hanno sempre accettato, anzi spesso invocato, le scelte fatte dall’alto dallo Stato padrone o dallo Stato madre, sono seconde a quelle di chi ha fatto della città dei due mari il banco di prova di politiche industriali estranee, se non proprio in antitesi, alle vocazioni territoriali, senza mai offrire le infrastrutture necessarie a consentire a Taranto di essere davvero parte integrante dell’Italia, dell’Europa, del Mondo. Per l’ennesima estate, niente treni diretti per Roma. La tratta ferroviaria per la capitale via Potenza-Battipaglia è bloccata nelle settimane più cruciali del turismo a causa di lavori infiniti di cui non si conosce la durata, il reale vantaggio in termini di tempi di percorrenza che ne deriverà e soprattutto la scadenza. L’autostrada continua ad avere Taranto solo nel nome ma si ferma 20 chilometri prima. L’aeroporto va bene per ospitare Capi di Stato e Presidenti, anche i più grandi aerei da trasporto in circolazione ma non due voli incrociati per Linate e Fiumicino, approdi di civiltà per terre in cerca di nuove opportunità.

Dovremmo continuare? Vogliamo davvero ospitare i Giochi del Mediterraneo 2026?

La stagione dell’eterno lamento non ha portato altro di buono se non effimeri vantaggi elettorali per chi prometteva parchi di divertimento e cantieri miliardari dove c’era e c’è disoccupazione e licenziamenti. E l’attuale stagione all’insegna della riducibilità rischia di essere ancora peggiore della precedente perché non può essere il racconto politicamente orientato a cambiare il giudizio sulla cronaca fredda, oggettiva e puntuale, sui protagonisti a seconda delle stagioni dell’amore.

Taranto e i tarantini non devono essere lasciati soli come è successo agli sfortunati protagonisti di Palazzina Laf, circondati solo da indifferenza e commiserazione. Taranto e i tarantini devono pretendere tutto ciò a cui hanno diritto, dimostrando unità e determinazione piuttosto che la solita disponibilità a consegnarsi al padrone di turno.

Non sarà solo una libreria, per quanto prestigiosa e capiente, a cambiare il destino di Taranto, né la sola cultura potrà garantire l’occupazione garantita finora dall’ex Ilva ma bisogna cominciare da qualche parte per cambiare direzione, svoltare la pagina: e allora, cosa c’è di meglio di un libro?

 
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