Lucia Esposito – Recensione delle sorelle non corrispondenti – .

Lucia Esposito – Recensione delle sorelle non corrispondenti – .
Lucia Esposito – Recensione delle sorelle non corrispondenti – .

È sempre un’esperienza speciale leggere il romanzo di un amico. Perché inevitabilmente ritrovi nelle parole, nelle storie, nei personaggi, nelle emozioni raccontate delle tracce, dei semi, dei frammenti della persona che sta dietro a tutto questo. In Strane sorelle del Lucia Espositocompagna delle nostre avventure all’inizio della nostra carriera di giornalisti e poi amica per oltre 20 anni, ho trovato molto di lei. Il suo modo di essere, di vivere, di vivere la sua professione, ma soprattutto i legami, quelli che ha caparbiamente conservato nonostante una professione che tende (o pretende) molta esclusività.

In Sorelle non corrispondenti c’è la Lucia legata alla famiglia, la Lucia legata alle amicizie, alla sua Napoli, ma soprattutto c’è la Lucia che ha scelto di vivere la professione a modo suo, rifiutando di ascoltare i consigli di un caporedattore napoletano che apre il libro: “Per restare sulla strada devi lasciare il tuo cuore a casa, tesoro”. Dove la strada è quella che un giornalista deve percorrere per svolgere il proprio lavoro. Lucia è stata una reporter per gran parte della sua carriera ma – come il suo alter ego protagonista nel libro, Viola – ‘o nucleo non lo lasciava mai a casa.

La sua inesauribile curiosità per gli altri non si è mai trasformata in cinismo, la sua voglia di raccontare non è mai diventata la ricerca del “carino”, del “sensazionale” (nel romanzo sono presenti diverse sacrosante critiche a questo modo di intendere e di fare giornali). Questo libro è il risultato del suo approccio alle storie e alle vite degli altri.

Quella attorno a cui ruota il romanzo è una storia in cui si è imbattuta da giovane reporter, una storia molto dura, di una giovane prostituta albanese, Ershela, rapita, ridotta in schiavitù e portata sui marciapiedi d’Italia per sprofondare nel baratro, fine del mondo. anni 90. È la storia di Ershela raccontata da lei stessa, attraverso le lettere che ha scritto alla sorella Alina, senza mai inviargliele. Ma è anche la storia di Viola, che a un certo momento entra in possesso di quelle lettere.

Lucia racconta le vite parallele di queste due donne, lo fa dominata da un sentimento di pietas che è proprio la chiave del romanzo. Quella pietas che forse, nel suo lavoro di cronista, ha dovuto mettere a tacere troppe volte (perché come racconta lei stessa nel libro attraverso il personaggio di Viola, non è di pietas che si nutre il giornalismo, ma di scoop e sensazioni forti) e a cui dà libero sfogo attraverso questo romanzo.

È come se Lucia, attraverso Viola, volesse fare quello che non si fa quasi mai quando si fa notizia: provare a raccontare cosa c’è dietro le vittime, anche quelle più invisibili, quelle più marginali: immense ricchezze di vita, di esperienze. , di sentimenti, di forza, di amore inesauribile, come quello che lega Ershela a sua sorella Alina.

Lucia – che come Viola ne è entrata in possesso – ha conservato quelle lettere per 28 anni. Oggi ne hai fatto un libro, un romanzo, non un saggio o un reportage. Questo perché – come dici tu Javier Cercasgrande scrittore spagnolo, maestro nel mescolare realtà e finzione nei suoi romanzi – “certe verità possono essere raggiunte solo attraverso la finzione, e una di queste è la finzione letteraria”. La verità letteraria di “Sorelle Spaiate” è un viaggio negli inferi dello sfruttamento, ma anche della resilienza, è un omaggio alla forza delle donne, uno schiaffo in faccia alla cattiveria degli uomini. È molto di più: è il racconto delle difficoltà dell’amore, quello tra sorelle, quello tra amanti. È il racconto di come chi vive nel privilegio di una vita comoda e senza traumi spesso costruisca muri con le persone a lui più vicine. È un viaggio sentimentale, non un freddo racconto di cronaca, un viaggio in cui i sentimenti regnano sovrani, quasi in modo immodesto. È proprio il romanzo di una bambina un po’ cresciuta che si rifiuta di lasciare a casa ‘Oh nocciolo. Fortunatamente.

 
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