La rivoluzione dell’impiantistica torinese in 4 indirizzi – .

La verdura, per molti una deriva secessionista, per altri un precetto di salute, o semplicemente un modo diverso di trattare il cibo, per alcuni infine una scelta di vita. Affrontare il tema della cucina vegetale divide le masse e crea confusione tra i tanti lettori di cibo, infastiditi nel vedere escluse dalle tavole e dai menù le proteine ​​animali più buone e più buone. Per chi è appassionato di cibo è bene non entrare nel dibattito irrisolto tra buono e cattivo, ma è invece corretto avvicinarsi alla cucina vegetale con curiosità, con voglia di capire, come si fa ogni volta si entra in un ristorante con radici storiche e culturali. diverso, che parla una lingua non conosciuta e talvolta non compresa.

Con questo approccio cauto e sabaudo mi sono sempre avvicinato ai nuovi ristoranti e nel caso dei ristoranti veg, a volte preceduto dal preconcetto “Non sarai bravo come gli altri”. Il pregiudizio, sempre sbagliato anche quando si ha a che fare con segnali nuovi. Se la cucina veg ha grandi tradizioni nelle città straniere e nelle grandi città italiane, Torino, come sempre, respira con difficoltà fenomeni nuovi e li rielabora per farli comprendere al suo pubblico, che è cauto e molto più sabaudo di me.

Perché, al di là delle considerazioni settarie e delle posizioni da stadio sull’essere vegani o onnivori, su quali siano i vantaggi di entrambe le fazioni e senza prendere parte a nessuna delle due, sembra sicuramente più interessante parlare di materie prime e di come cambiano in ciascuna le case degli altri. E da qualche anno la città della Mole ospita un bel movimento di chef vegetariani con alcuni dei locali più riconosciuti dal grande pubblico e dagli appassionati di cucina anche fuori regione. Di seguito diamo il nostro contributo alla causa e facciamo una breve e non esaustiva selezione della cucina green a Torino.

Porro e Maillard e Risotto con piselli frassino, Antonio Chiodi Latini

Tardivo e lampone, Antonio Chiodi Latini

Tardivo e lampone, Antonio Chiodi Latini

Antonio Chiodi Latini, in una direzione caparbia e contraria

È giusto iniziare con Antonio Chiodi Latini, chef dell’omonimo ristorante, che esprime prima di tutto su se stesso la sua filosofia di cucina, con una straordinaria coerenza tra ciò che si vede nel piatto e ciò che si sente nelle sue parole. La sua è una scelta di sostanza e non di apparenza, una necessità in un percorso che dura ormai da diversi anni, dopo aver maneggiato per decenni tutte le proteine ​​disponibili. La sua ricerca è solo ed esclusivamente vegetale, quindi rimane sempre, nobilitando davvero la pianta in tutte le sue componenti e in tutti i lati del menù.

Oggi la sua cucina si è evoluta ed è diventata complessa, articolata nella scelta degli elementi e nel loro trattamento. Il vegetale è presente, mai nascosto in elaborazioni o trasformazioni riconducibili alla cucina onnivora, di cui non ama nemmeno i riferimenti nei nomi dei piatti. Ha studiato e lavorato per anni l’ortaggio e ora lo tratta con fiducia e rispetto. “La bellezza di stare in cucina con le verdure è nel profumo che senti tra le mani dopo aver cucinato tutto il giorno. Ricordo ancora l’odore che avevano quando cucinavo carne o pesce”.

Se te lo spiego te lo dimentichi. Se lo guardi, te lo ricordi. Se lo assaggi lo capisci, dice il suo menu; mai stato meglio espresso quel senso di smarrimento che spesso proviamo di fronte alla spiegazione di un piatto, che ricorda sempre più allo scrittore una fiaba; così seguo le storie di Chiodi, come lo chiama sua figlia Georgie Entro nella stanza, affascinato dalle parole e mi lancio sulla vista e sul gusto, dove ritrovo i sapori acidi e amari, agrodolci e salati e le tante espressioni che le verdure possono dare se trattate con questa sapienza.

La sua è una cucina del futuro perché pensa con l’ambiente e con chi lo abita. La sua interpretazione del panino è fantastica. Oppure il tapinambur in 5 essenze che non viene trattato come una radice ma diventa una piatto principale, il piatto riservato alla proteina più importante. Oppure i broccoli, che vengono serviti in crema, criogenati per essere polverizzati sopra la pasta di grano soffiato. Ma questo era inverno e ora c’è spazio per la primavera che è la stagione delle verdure per eccellenza: spazio quindi alle fragole, da gustare in un carpaccio di pastinaca o in un risotto con piselli sotto la cenere. Qui si percepisce uno stretto legame con la natura, nei piatti con il corso dei mesi e delle stagioni e in sala, dove regna un equilibrio e una serenità che dipende sicuramente da cosa e come si cucina.

Pasta e ceci, Soul Kitchen

Pasta e ceci, Cucina dell’anima

Amore, radici e tuberi, Soul Kitchen

Amore, radici e tuberi, Cucina dell’anima

The Soul Kitchen, la tecnologia al servizio dello chef

Il secondo posto verdura per eccellenza a Torino è Soul Kitchen, dello chef Luca André. Un ristorante innanzitutto, che da 10 anni dà da mangiare a circa 50 persone a sera; dove è giusto andare a prescindere dai limiti alla propria dieta perché qui si fa ricerca su ingredienti e ricette senza limitare la soddisfazione del gusto che allontana i non amanti del colore verde.

Lo chef Andrè svolge un lungo e difficile lavoro di ricerca per preparare i suoi piatti. Cerca di portare il suo ristorante ad avere un menù completo senza l’assenza del secondo piatto che per molti è il centro del pasto. Cerca di provare a costruire con la verdura nell’immaginario le sembianze e il gusto tipici di un ristorante onnivoro. Cerca di migliorare la comprensione e sorprendere il cliente nel trovare un gusto che non corrisponde all’ingrediente atteso.

Per fare questo è necessario aprire collaborazioni con aziende e produttori innovativi (italiani e non) che trasformano le verdure in modo naturale con tecnologie all’avanguardia, per sostituire non solo carne e pesce ma anche uova, latte o formaggi, con prodotti che sono sempre all’altezza non solo dal punto di vista del gusto, ma anche dal punto di vista strettamente tecnico. Sì, perché la tecnologia sta cambiando la narrativa delle verdure e continuando di conseguenza ad arricchire la cucina vegetariana.

Quindi lavoriamo e sperimentiamo per riportare a chi ha fatto una scelta di vita veg, gusti e sapori che rimandano alla cucina dell’infanzia onnivora e a chi è curioso di mangiare, nuovi gusti derivanti dalla lavorazione di vecchie e nuove materie prime. Il formaggio fatto con anacardi, cocco e ceci, oppure la carne disegnata da una stampante 3D dopo essere stata prodotta da un mix di verdure che ne costruisce consistenza e sapore in modo davvero impressionante. Togliere è inizialmente semplice, del resto lo diceva anche Marchesi, ma poi ricostruire le sensazioni visive, tattili e gustative lo è un po’ meno. Viviamo abituati a sensazioni palatali che gli chef vegetali cercano di seguire per non togliere troppi riferimenti e non rendere meno accoglienti i loro percorsi.

Il menu ha richiami orientali nel Daikhimi dove il daikon viene servito con sedano e alkekengi o nel Capunet che è composto da cavolo cappuccio ma ripieno di pepe shitake, kimchi e pakchoi. Ma restiamo in Piemonte con gli spaghettoni al Nebbiolo e con riso, bianco rosso e verde verde, con cipolla e shiso verde. Poi i secondi con i tagli di Ridefinire la carne (parlando di aziende che investono in tecnologie alimentari) e dei dolci, come la fantastica Pastiera Napoletana, dove sono tanti gli ingredienti che devono trovare un contraltare vegetale.

Ma poiché a Torino non c’è solo alta cucina, per chi vuole provare un ristorante veg più informale suggeriamo altri due indirizzi.

Il Giardino Già Salsamentario, il preferito di Nole Djokovic

È noto alla cronaca che il numero 1 del tennis mondiale di passaggio a Torino per le ATP Finals si è fermato più di una volta da Eduardo Ferrante e il suo Orto Gia Salsamentario, un’istituzione tra i ristoranti di verdure a Torino. E pensare che il ristorante nasce nel 2017 dai resti di una salumeria più che centenaria, in via Monferrato proprio di fronte al Po. Un ristorante che mette a proprio agio i clienti grazie anche al sorriso dello chef e alla sua positività che trasmette in tutto il locale, con il suo motto lortospacca 7u7. All’Orto potrete trovare piatti classici italiani rivisitati in chiave vegetale, come la Lingua dell’orto o i tomini, oppure la fantastica insalata russa. I primi piatti sono i ravioli serviti con ragù bianco di mandorle e patate oppure il riso con carciofi e crema di anacardi. A questo punto Novak lo è anche in un secondo, composto da tre mini hamburger di carote, mandorle e pomodori secchi, essiccati e serviti crudi con crema di anacardi e curcuma.

Dalla colazione alla cena nel centro di Torino: La mezzaluna
L’ultimo ristorante veg di Torino è Mezzaluna. A due passi da Porta Palazzo, nel quadrilatero romano di Torino, il Mezzaluna è un luogo perfetto per un passaggio tutto vegetale, dalla colazione al pratico pranzo a buffet, fino alla sera per una proposta à la carte più varia e profonda. Il ristorante è stato fondato nel lontano 1994 da due torinesi Daniela Zuccari E Claudio Vianoche chiamò così il luogo, in ricordo dei libri di storia dei liceali, quando si parlava delle fertili terre della Mesopotamia.

Daniela prepara in cucina i dolci per la colazione, così come i piatti per il pranzo e la cena. Ottima l’insalata russa vegana, così come il Vegan Pad Thai o il peperoncino messicano con fagioli neri e stufato di soia, servito con tortilla chips. L’ambiente è molto familiare ed il servizio molto attento ed anche qui il sorriso non manca mai. Sarà merito delle verdure?

 
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