Comunicare le comunità. Dal Canton Grigioni, il patrimonio svizzero di Trieste – .

Comunicare le comunità. Dal Canton Grigioni, il patrimonio svizzero di Trieste – .
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25.04.2024 – 07.01 – Una piccola chiesa in stile romanico, in pietra nuda, adagiata sulla collina. E il Basilica di Cristo Salvatoremeglio conosciuto come di Vigilia di Capodannooggi la sede della Comunità evangelica della confessione svizzera di Trieste. Lo sguardo ne riconosce le semplici forme medievali uscendo dall’ex ghetto ebraico e alzandosi verso la Scala delle Medaglie d’Oro.
Eppure proprio quando la comunità svizzera era all’apice del suo potere, la basilica era diversa da oggi; ricoperta da pesanti sovrastrutture barocche, era presente nel dedalo di strade e piazze che caratterizzavano la città Zità Vecianascosti alla vista.
Oggi, nonostante gli svizzeri di Trieste siano lontani dai fasti del passato, la basilica continua ad essere luogo di incontro e di culto per la comunità locale: unita dalla fede e dalla consapevolezza di un background comune a metà strada tra Trieste e la Svizzera.
Ne abbiamo parlato con il curatore della minoranza svizzera, avvocato. Stefano Sabini: uno sguardo certamente al passato di Trieste, ma solo per rilanciare le attività del presente, più numerose che mai.

Foto di Armando Costessi

Quali sono le origini della comunità svizzera di Trieste?

In seguito alla concessione della licenza di porto franco, Trieste divenne meta di imprenditori provenienti dalla Svizzera; precisamente dal Cantone dei Grigioni. All’epoca gli svizzeri di Trieste erano abili caffettieri, pasticceri e commercianti; conosciuti anche per la loro capacità di sedare risse nei loro locali, da qui il detto popolare triestino ‘Dio ci protegga dai fulmini, dai tuoni e dai pugni dei Grigioni‘.
Dalla seconda metà del Settecento fino a buona parte dell’Ottocento la presenza svizzera rimase importante; furono esponenti svizzeri di spicco delle Generali, della Riunione Adriatica di Sicurtà e della Cassa di Risparmio di Trieste. Senza dimenticare gli ingegneri e gli architetti svizzeri che tanto hanno costruito in città.

Come si caratterizza la comunità attuale?

Non si tratta di grandi numeri, ma di molteplici ragioni legate essenzialmente alla perdita di attrattività della città in seguito alla Prima Guerra Mondiale. L’ultimo pastore svizzero andò in pensione nel 1926; seguì poi una convenzione con la comunità valdese per le funzioni religiose. I numeri sono diminuiti per ragioni legate soprattutto all’età avanzata dei membri della comunità e alla mancanza di ricambio in termini di età. Attualmente siamo 30 membri attivi a cui si aggiungono alcuni figli di protestanti o svizzeri che non hanno ancora fatto la scelta se entrare o meno a far parte della comunità. Recentemente abbiamo avuto una riconversione di figli di genitori svizzeri che, solo da adulti, hanno scelto di abbracciare la fede della propria famiglia e di unirsi alla comunità attraverso la cresima. Siamo cresciuti in questo senso di altri 4-5 soci.
La partecipazione alle funzioni è buona, si tratta di circa il 60% della nostra comunità attiva, alla quale si aggiungono di volta in volta altri esponenti delle confessioni protestanti triestine.

Nel corso del XX secolo non ci sono stati afflussi o rimpasti di svizzeri dalla Svizzera? Penso ad esempio al campo diplomatico…

È necessario distinguere tra la comunità religiosa svizzera di Trieste, affermatasi nel XVIII secolo, e la comunità svizzera in senso nazionale, attiva anche con una propria associazione (Club Svizzero di Trieste), ma priva di valenza religiosa. A Trieste vivono attualmente circa quattro membri della comunità che hanno anche la cittadinanza svizzera. Si tratta di un’identità che coincide con la religione svizzera, ma non con l’identificazione nazionale. Svizzeri ed elvezi sono due elementi diversi, anche se nello stesso canale. Molti svizzeri, ad esempio, sono cattolici; pensiamo in fondo alle Guardie Svizzere dello Stato Pontificio.

Qual è il luogo di culto della comunità svizzera di Trieste?

Si tratta della Basilica di Cristo Salvatore, già conosciuta come San Silvestro. Raro esempio di architettura romanica a Trieste, edificato intorno al XII secolo. Nel 1927 la basilica fu oggetto di un intervento filologico che rimosse tutti gli elementi barocchi successivi, conservando solo la finestra in stile gotico sul lato sinistro e il rosone con raggiera arcuata. Noi svizzeri cominciammo ad usarlo come chiesa quando lo vincemmo all’asta dall’imperatore Giuseppe II nel 1785.

I lavori di restauro sono iniziati nel 2018, sono proseguiti nel 2019 e la basilica avrebbe dovuto riaprire nel 2020, ma la pausa imposta dal Covid-19 ha costretto ad una chiusura prolungata. Dal 2022 la basilica è nuovamente accessibile e dall’inizio del 2023, grazie alla disponibilità del parroco Alexander Erniša, nella basilica si tiene una funzione al mese, consentendo alla struttura di riaprire con funzioni religiose. Da febbraio 2023 la basilica è nuovamente luogo di culto, aperto al pubblico.

Le funzioni sono in italiano?

Una delle caratteristiche del popolo svizzero di Trieste, fin dalla costituzione dal 1700 ad oggi, è stato l’uso dell’italiano per la lingua e per i documenti; infatti, una delle maggiori difficoltà tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento fu avere un pastore svizzero disposto a venire a Trieste, per una comunità così piccola, a celebrare il culto in lingua italiana.

Qual è l’impegno sociale della comunità svizzera?

La gestione della basilica ha un costo e lo stesso edificio di via Torrebianca 41 della comunità svizzera è legato alle Belle Arti. I proventi del patrimonio immobiliare ci permettono di realizzare un’azione ‘chirurgica’ nei confronti delle persone in difficoltà che supportiamo nei momenti di difficoltà. In generale cerchiamo di non disperdere le nostre forze, per garantire un aiuto “vero” mediamente a due o tre famiglie. L’obiettivo è sempre quello di far uscire l’individuo dallo stato di bisogno e di renderlo nuovamente autonomo.

Nel campo della filantropia il pensiero corre all’azione delle tante famiglie svizzere nella storia di Trieste…

Ci sono dinastie, di origine svizzera, che hanno ‘segnato’ la storia di Trieste. Penso, ad esempio, ai Rittmeyer e ai Cacciaburlo, le cui mutue sopravvivono ancora oggi. Erano figure di mecenati integrati nel tessuto sociale della città, la cui azione precorreva i tempi; pensiamo all’istituto Rittmeyer o alla campagna contro l’analfabetismo con la scuola protestante.

Siamo presenti ancora oggi nel consiglio direttivo dell’Istituto Regionale per Ciechi Rittmeyer di cui facciamo parte insieme alla Comunità Augustea e al Comune di Trieste.

Quali sono le attività culturali della comunità?

L’attività è finalizzata ad aprire la basilica a concerti ed eventi culturali che permettano ai cittadini di conoscere la basilica e apprezzarne l’ottima acustica.

Proprio questo mese, in occasione della nascita di Tartini, si è tenuto un concerto d’organo (il ‘Buon Compleanno a Tartini’), nell’ambito di un ciclo di eventi in onore del grande compositore, finanziati dall’Unione Europea.

In generale vogliamo programmare qualcosa di più organico per il 2025, senza dubbio un’occasione mensile di incontro in basilica.
La basilica è a disposizione anche per eventi culturali come presentazioni di libri, essendo situata in una zona chiave della città: non solo un luogo di culto, ma un edificio ‘cittadino’.

Qual è il ruolo della musica all’interno della comunità svizzera?

La basilica possiede un organo restaurato dalla ditta Zanin. Dal 1990 si tiene ogni anno l’evento ‘Ottobre Organico’ in cui suonano i più importanti organisti d’Europa.

Esiste anche una convenzione con il Conservatorio Tartini, grazie soprattutto al Maestro Tomadin, affinché gli studenti del Conservatorio possano venire ad esercitarsi nella basilica, utilizzando gratuitamente l’organo.

Qual è il patrimonio archivistico della comunità svizzera?

L’edificio accanto alla Basilica ospita la segreteria, gli spazi comunitari, una sala riunioni ed infine la biblioteca. Si tratta di un’importante raccolta di cinquemila volumi che si estende dalla metà del 1500 ai giorni nostri, definita dal 1991 ‘Biblioteca specializzata nella Riforma, Controriforma e Discipline Bibliche’. Oggi è aperta al prestito e alla consultazione il martedì e il venerdì dalle 10 alle 12 ed è inserita a pieno titolo nel Sistema Bibliotecario Giuliano.

L’archivio, però, ha avuto una vita più travagliata, perché negli anni Cinquanta si decise di trasferire gran parte del materiale a Berna, presso l’Archivio federale, e nonostante le nostre richieste di restituzione non siamo riusciti a riavere le carte.
Hanno restituito soltanto i microfilm che ora sono stati digitalizzati; sebbene la qualità del materiale originale fosse piuttosto bassa.
Presto si compiranno 250 anni di storia, quindi sarebbe necessario che il materiale digitalizzato fosse reso accessibile.

Qual è la presenza degli svizzeri in Italia e nei paesi limitrofi del Friuli Venezia Giulia?

In Italia restano Trieste, Milano e Firenze. Fino a sette-otto anni fa a Genova c’era anche una comunità svizzera. Milano è l’unica che, essendo una capitale economica, attira svizzeri di religione svizzera che vi si recano per lavoro.

In Slovenia però non ci sono svizzeri, ma esistono ancora oggi comunità svizzere in Austria e nei paesi dell’Europa orientale.

Quali sono i progetti futuri della comunità?

Senza dubbio l’apertura della basilica – e quindi della comunità – ad eventi di carattere letterario, artistico e musicale; la completa digitalizzazione dell’archivio e infine l’impegno sociale verso i più bisognosi.

[La Comunità Evangelica di confessione Elvetica ha sede in Piazzetta San Silvestro 1 ed è contattabile al numero di telefono 040 632770 e alla mail [email protected]
La Biblioteca è aperta al pubblico per consultazioni e prestiti il ​​martedì e il venerdì dalle 10 alle 12.]

[z.s.]

 
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