“Aldo dice 26 x 1”, l’annuncio in codice che diede inizio alla battaglia di Torino – .

Grande festa d’aprile, come titolava il suo “oratorio” Franco Antonicelli, presidente del Cln, letterato liberale e raffinatissimo (direttore della Biblioteca Europea Frassinelli), andato in scena al teatro Alfieri diretto da Maurizio Scaparro nel 1965. A vent’anni dalla Liberazione, a Torino annunciata in codice: “Aldo dice 26 X 1”. Allo scoccare della mezzanotte del 24 aprile, l’inizio dell’insurrezione fu indicato per l’una del giovedì 26, San Marcello Martire.

Nella “Storia di Torino” per Einaudi, lo storico Giovanni De Luna ripercorre la fine dell’incubo nazifascista sotto la Mole: “Il 25 aprile ci fu combattimento alla periferia di Pino, Superga, al ponte di Settimo, alla Barca , dove erano impegnati i partigiani della VIII zona. Il 26 aprile il Barça venne liberato, ma i combattimenti infuriarono solo in città, attorno agli stabilimenti Lancia, Spa, Mirafiori, Elli Zerboni, Grandi Motori e Nebiolo.

Solo il 27 aprile le formazioni esterne forzarono le difese periferiche, spostandosi verso il centro in aiuto dei SAP (Squadre di Azione Patriottica, ndr). Il 28 e il 29 ci fu una dura lotta. Il 30 Torino era libera”. Nei ricordi di Alessandro Galante Garrone, che fondò nel 1947 con Franco Antonicelli l’Istituto Storico della Resistenza, il primo a sorgere in Italia, Torino era già libera il 28 aprile. Il Cln si trasferisce dalla conceria Fiorio alla Prefettura, dove si insediano le nuove autorità: il prefetto Pier Luigi Passoni, il sindaco Giovanni Roveda, il questore Giorgio Agosti.

“Il corteo di auto vecchie e scassate – racconterà il “mite giacobino” al suo biografo Paolo Borgna, ex avvocato e magistrato, oggi presidente dell’Istoreto – avvolte nei tricolori percorre via Cibrario, piazza Statuto, via Garibaldi, e finisce in Piazza Castello. La gente arriva correndo, gridando, sventolando fazzoletti, piangendo, sorridendo”.

Un avvicinamento al cuore riconquistato della città, una libertà dal non piccolo valore simbolico. La conceria Fiorio si trovava in contrada San Donato, non lontano dal Martinetto, il poligono di tiro dove appena un anno prima, all’alba del 5 aprile, erano stati fucilati Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini dopo un processo sommario, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano, il generale Giuseppe Perotti, quasi l’intero comitato militare del CLN piemontese.

Galante Garrone, con Mario Andreis, rappresentava il Partito d’Azione nel Cln piemontese. Andrea Guglielminetti e Eugenio Libois democristiani. Rodolfo Morandi e Giorgio Montalenti i socialisti. Giorgio Amendola e Amedeo Ugolini i comunisti. Paolo Greco e Franco Antonicelli i liberali.

È del 28 aprile il messaggio radiofonico di Franco Antonicelli, presidente del Cln Piemonte, alla radio libera torinese: “Alza la testa, tu che l’hai chinata sotto il terrore della persecuzione. È giunto il momento in cui il pensiero liberamente espresso non conoscerà più carceri, la coscienza del cittadino non temerà più sanzioni di alcun tipo, la fiducia non sospetterà più la denuncia, il culto della propria fede religiosa non tollererà più la fascia gialla o la stella, odiosa creazione di fanatismo razzista. Popolo piemontese, siate ora uniti nel volere, nell’amare e nel venerare la pace, la libertà e la giustizia…”. Torino libera, Italia libera. L’indelebile 25 aprile, “l’anello al dito della Repubblica”, come lo ha poeticamente immortalato Giovanni Arpino.

 
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