“Da uomo di pianura guardo con fascino la montagna”, intervista a Stefano Cisco Bellotti in concerto al Trento Film Festival con il tour “Riportare tutto a casa”

TRENTO. Trent’anni di storia racchiusi in un solo concerto. Nell’ambito della 72esima edizione del Trento Film Festival questo sabato (27 marzo) alle 20.30, in Piazza della Mostra a Trento, protagonista assoluto sarà il cantautore Stefano “Cisco” Bellotti che, accompagnato dalla sua band e dal suo Gli “amici storici” dei “Modena City Ramblers”, di cui è stato per anni frontman, saliranno sul palco per una tappa del tour celebrativo del trentesimo anniversario del suo album d’esordio “Riportando tutto a casa”.

Dopo quella prima fase artistica, ce ne sono numerose canzoni e dischi che negli anni hanno portato il loro “combat folk” ad ogni latitudine ispirato alla musica tradizionale irlandese e capace di restituire significato e valore a quelle parole musicali troppo spesso “svuotate” della loro essenza.

Uno arriva nel 2005 porta scorrevole per il gruppo, con “Cisco” che sceglie di intraprendere la carriera da solista e che anni dopo, nell’ottobre del 2021, chiude un cerchio scrivendo la canzone “Riportando tutto a casa” brano omonimo tratto dal primo album che diventa simbolo della sua coerenza e del suo percorso.

Sul palco trentino, prima del live, iIl cantautore sarà protagonista anche di un’intervista a 360° con il giornalista e critico musicale Giovanni Vignola: un’occasione per un viaggio “personale” nella musica irlandese, dagli U2 ai Cranberries e per ripercorrere le influenze folk irlandesi della band.

Cisco Bellotti, puoi raccontarci come è nata l’idea di questo concerto?

L’idea è nata quando, alla fine dello scorso anno, al teatro di Carpi ci siamo ritrovati per un appuntamento con tutti gli ex Modena City Ramblers, con la line-up che era quella dei due album iniziali “Riportando tutto a casa” e “La grande famiglia”. Abbiamo parlato tra di noi e abbiamo deciso di organizzare questo tour che vuole celebrare quegli anni e quell’album che è stato fondamentale per il nostro percorso.

Sul palco con lei ci saranno tanti vecchi amici, e tu proporrai una scaletta “particolare”.

Sarà una scaletta composta quasi esclusivamente da brani di quei primi due album che ci hanno visto lavorare insieme per molto tempo. I protagonisti saranno Luciano Gaetani, colui che ha dato vita al progetto artistico, Marco Michielini al violino, Roberto Zeno alla batteria e Caba Cavazzuti, ai quali si aggiungono Max Frignani alle chitarre, Enrico Pasini alla fisarmonica e tromba e Bruno Bonarrigo al basso.

Ora che il tour volge al termine, quali sono le tue sensazioni e che risposte hai avuto dal pubblico?

È stata straordinaria anche e soprattutto per la risposta del pubblico, con quasi tutto esaurito: questo per me è un segnale di speranza perché significa che c’è ancora gente che ha voglia di ascoltare quelle canzoni. Mi rendo conto che sono stati tramandati di generazione in generazione e i giovani li sentono ancora “loro”. C’è però anche un aspetto che considero negativo, e cioè che certe canzoni non sono “invecchiate”: penso a “Forty Years” in cui descrivevamo l’Italia malata e corrotta di oltre trent’anni fa e, a ben guardare , non siamo ancora riusciti a scrollarci di dosso certe tristi abitudini.

Facciamo un salto al 2005, quando la sua strada e quella dei Modena City Ramblers si dividono. Quello che è successo?

In sostanza non ero più in pace con me stesso e mi sentivo nel posto sbagliato, e posso dire che era qualcosa di “tutto mio”: mi sentivo distante dal momento del gruppo e da questo è nata una naturale scelta artistica e di vita. Avrei voluto fare cose nuove con nuovi musicisti, sentivo il bisogno di un cambio di scenario, ma dopo quasi vent’anni mi è tornato il pensiero e la voglia di ritornare sui miei passi per rileggerli alla luce di un’epoca diversa, e questo mi fa mi sento bene. Non sono più “arrabbiato” come allora, perché ho capito che la mia strada – fatta di esperienze, ragionamenti, cose riuscite e meno riuscite – era quella giusta da intraprendere.

Ora, con questo live, può dire di aver riannodato un filo che forse non era mai stato reciso.

Ho fatto davvero pace con il mio passato: anche se non c’erano molte cose “incompiute”, ho fatto pace con il mio percorso artistico e anche con tutte le canzoni che non volevo più cantare. Questo mi ha aiutato molto e mi sento più a mio agio nel continuare il mio percorso da solista, pur avendo sempre al mio fianco quel passato e, perché no, anche quei musicisti che hanno iniziato questo percorso con me.

Veniamo alle sue canzoni, uno dei suoi tratti distintivi è che ha sempre voluto dare grande peso alle parole e ai racconti. Come si intreccia tutto questo con il panorama musicale contemporaneo?

Al di là delle etichette, credo che sia fondamentale, nella musica e nell’arte in generale, comunicare qualcosa: questo è ciò che mi interessa, e anche da ascoltatore mi piace percepire questa urgenza che non ha niente a che vedere con i singoli dell’estate e scalando la classifica. Questo deve fare il combat folk e tutti i generi musicali potrebbero farlo, peccato che oggi ai giovani artisti venga chiesto altro. Non voglio certo generalizzare, ma questo porta i giovani a porsi obiettivi altri rispetto ai nostri di allora.

Il tema del viaggio è sempre stato un punto fermo per lei, ma anche per i Modena City Ramblers.

I viaggi sono stati per noi fondamentali, a partire dai primi in Irlanda dove abbiamo incontrato un mondo diverso da quello che conoscevamo, arrivando alla scoperta della cultura e della musica locale. Ma anche i viaggi in Africa e Sud America, dove abbiamo dormito in tendopoli insieme ai profughi e visitato le baraccopoli, sono stati per noi fondamentali e tutto è poi emerso nei nostri successivi dischi.

Ed è proprio l’Irlanda il punto d’incontro tra questo spettacolo dal vivo e l’edizione 2024 del Trento Film Festival.

La cultura, la musica e anche lo stile di vita irlandese hanno lasciato un segno profondo in noi e questo è direttamente collegato al Festival, motivo per cui saremo presenti anche noi. Vorrei però fare una riflessione: l’Irlanda che conoscevamo allora non esiste più, ed ora è un Paese super tecnologico e pieno di multinazionali. Al di là di questo, però, rimane un luogo magico dove possiamo raccogliere energie e storie, per poi raccontarle in canzoni. Tornando al Trento Film Festival, vi confesso però che io e la montagna siamo due “entità” con cui è difficile andare d’accordo, perché sono un uomo di pianura (ride, ndr). Tuttavia lo trovo affascinante, così come mi colpisce chi sceglie di viverlo abbandonando le comodità della città e della pianura, abbracciando uno stile di vita più legato all’ambiente naturale. Detto questo, da uomo “di pianura” guardo la montagna nelle belle giornate in cui il vento spazza via le nuvole: dalla mia zona vediamo le Alpi a nord e gli Appennini a sud, e ci sentiamo protetti da queste due entità che ci abbracciano a distanza.

Una confessione: tra tutte le canzoni che hai scritto, ce n’è una a cui sei più legato?

“Ebano” è la canzone che amo più di tutte, e alla quale sono di conseguenza molto legato: la suono ad ogni concerto. È stato uno dei primi pezzi che ho ascoltato davvero vicino alla perfezione: ti spiego, cerco sempre di migliorare le mie canzoni, ma ogni volta che suono o ascolto “Ebano” sento dentro di me che è difficile migliorare. Un’altra canzone speciale è una delle ultime che ho scritto e si intitola “Bringing everything back home”: doveva essere il racconto di una storia di trent’anni fa e ogni volta che la suoniamo sembra davvero che sia stata scritta allora. Chi non la conosce la cerca nei primi dischi e non la trova (ride, ndr). Ha una forza narrativa e musicale che, in qualche modo, colpisce nel segno.

E, come ascoltatore, quali sono i tuoi riferimenti assoluti?

Soprattutto dico “The Pogues”, gruppo irlandese a cui ci siamo ispirati e senza il quale i Modena City Ramblers non esisterebbero. Ma poi non possiamo non citare Bob Dylan: per chi fa questa professione è un’ispirazione imprescindibile ed è fondamentale ascoltare e ricercare le sue canzoni che definirei irraggiungibili, e non è un caso che abbia vinto il Premio Nobel.

Un’ultima riga, dopo questo live, quali progetti hai in cantiere?

La cosa più imminente sarà un tour con la Bandabardò: passeremo l’estate insieme, sarà molto divertente e una grande festa. Sto anche lavorando ad un nuovo progetto ma non voglio svelare nulla, perché voglio che sia una sorpresa.

 
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