Dalla Somalia alla Resistenza passando per la Calabria, la storia del partigiano Giorgio Marincola – .

Dalla Somalia italiana all’Italia della Resistenza passando per la Calabria, dove crebbe presso gli zii paterni a Pizzo prima di arrivare a Roma. Qui vivevano già il padre Giuseppe, di origini calabresi, e la sorella Isabella, anch’essa nata in Somalia. Questa è la storia di Giorgio Marincola, studente medaglia d’oro al valor militare, partigiano italo-somalo che, dalla pelle scura, combatté nella Resistenza Italiana sotto il nome di battaglia Mercurio tra Piemonte e Trentino Alto Adige.

Nato in Africa da padre calabrese, cadde in battaglia a soli 22 anni a Stramentizzo, vicino a Castel di Fiemme, in provincia di Trento, il 4 maggio 1945. Con i suoi compagni era ancora contro i nazisti nell’Italia appena liberata.

Nato in Somalia e cresciuto in Calabria

Giorgio Marincola è nato il 23 settembre 1923 a Mahaddei Uen, presidio militare italiano a 50 chilometri da Mogadiscio, nella Somalia italiana. Era figlio del maresciallo maggiore di fanteria, il calabrese Giuseppe Marincola (Pizzo Calabro, 1891-Roma 1956), di stanza in Somalia al tempo del protettorato italiano, e Aschirò Hassan, nato nel 1901 ad Harardere, cittadina 400 km a nord-est di Mogadiscio. Giorgio, questo il nome del nonno paterno, era il fratello maggiore di Isabella, nato nel settembre 1925 a Mogadiscio e intitolato alla nonna paterna.

Entrambi, riconosciuti dal padre e allontanati dalla madre, si sono trasferiti in Italia. Isabella si dedicò al cinema e al teatro, divenire la giovanissima mondina mulatta nel film “Bitter Rice”, la regia di Giuseppe De Santis con interpreti del calibro di Vittorio Gassman, (il calabrese di Tropea) Raf Vallone e Silvana Mangano. Solo Isabella/Timira, che aveva vissuto con il padre e la nuova famiglia a Roma, dopo decenni e una vita tormentata, rivide la madre quando tornò per un lungo periodo in Somalia negli anni ’60. Giorgio non ha avuto questa opportunità. Morì giovane sui campi di battaglia in Italia nel 1945.

Arrivato in Italia, il piccolo Giorgio fu affidato allo zio paterno Carmelo e alla zia Eleonora Calcaterra. Visse con loro a Pizzo Calabro fino al 1933quando poi si trasferì a Roma mentre frequentava le scuole superiori.

La pelle scura nell’Italia fascista

Un’identità composita scritta sulla pelle scura e un’anima accesa dal fervore della libertà dall’oppressore in un’Italia fascista prossima all’entrata in vigore delle leggi razziali (1938). Giorgio frequentò il liceo Umberto I di Roma ed era allievo del docente di Storia e Filosofia Pilo Albertelli, fondatore del Partito d’Azione, assassinato alle Fosse Ardeatine. Nel 1941 si iscrisse alla Facoltà di Medicina, ma non completò gli studi perché, poco più che ventenne, aderì al gruppo partigiano del partito d’Azione di Roma per poi aderire alle prime formazioni partigiane attive nel viterbese.

Impegno nella Resistenza

La sua lotta non si ferma con la liberazione di Roma nel 1944. Giorgio Marincola appunto “voleva dare di più”, come si legge nella motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare. Si arruolò così, con il grado di tenente, nelle Forze Speciali del Comando Alleato. Paracadutato in Piemonte, organizzò azioni di sabotaggio e attentati contro le forze nazifasciste nel biellese. Catturato dai tedeschi nel gennaio 1945presso Zimone, “Marino” (dal cognome di uno zio calabrese con il quale crebbe e uno dei nomi che usò in battaglia insieme a Mercurio e Marcuzio durante la Resistenza) fu portato a Villa Schneider.

La dichiarazione di Libertà a Radio Baita

Qui fu costretto a inviare un messaggio ingannevole per intrappolare i suoi compagni, attraverso un intervento su radio Baita, mero strumento di propaganda della lotta antipartigiana in mano alle SS. George non solo disobbedì ma passò alla storia per l’intrepida dichiarazione di Libertà che, invece del messaggio ingannevole per far cadere i suoi compagni, pronunciò. Un atto sconsiderato in quell’epoca oscura di oppressione e negazione di ogni diritto.
«Sento la mia patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla mappa. La Patria non può essere identificata con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i popoli del mondo. Ecco perché combatto gli oppressori».

La trasmissione venne bruscamente interrotta e lui ha pagato il coraggio del suo spirito e delle sue parole subendo violente percosse. Trasportato prima all’ospedale di Biella, venne poi incarcerato e condannato ai lavori forzati. Dopo alcune settimane gli fu assegnato deportazione dal carcere di Torino in Germania. Ma prima è stato liberato, quando si trovava ancora nel campo di transito di Gries a Bolzano. Era il 30 aprile 1945. Ancora una volta non si è fermato. Prese le armi per liberare il Trentino ancora in mano ai nazisti.

Fino al mio ultimo respiro

Lo spirito partigiano di Giorgio, infatti, non si placò. La guerra non era ancora finita. Rifiutò di rifugiarsi in Svizzera e resistette ugualmente, unendosi ai partigiani in Val di Fiemme che nel maggio furono coinvolti nella strage perpetrata dai tedeschi in ritirata a Stramentizzo, in Trentino. Tra Stramentizzo e Molina di Fiemme furono massacrate ventisette persone, tra patrioti e civili disarmati. Quelle furono le ultime stragi naziste sul territorio italiano e avvennero tra il 3 e il 4 maggio 1945.

Giorgio Marincola non si è risparmiato. Fino all’ultimo respiro si offrì alla causa della libertà del Paese dove ha vissuto e dove ha onorato con la vita e con la strenua lotta per la libertà le sue origini di padre. Come ha coraggiosamente affermato, la libertà è resistenza agli oppressori per una patria, non dettata da linee geografiche ma scrigno di valori da difendere sempre.

La medaglia d’oro al Valor Militare

«Da giovane studente universitario, subito dopo l’armistizio partecipò alla lotta di liberazione, distinguendosi molto nelle formazioni clandestine romane, per decisione e abilità. Desideroso di continuare la lotta si unì ad una missione militare e nell’agosto del 1944 venne paracadutato nel Biellese. Rese preziosi servizi nel campo organizzativo e informativo e in numerosi scontri a fuoco dimostrò ferma determinazione e leggendario coraggio, riportando ferite. Caduto in mano nemica e costretto a fare propaganda alla radio, nonostante dovesse aspettarsi estreme rappresaglie, con cuore fermo colse l’occasione per esaltare la sua lealtà al governo legittimo. Dopo una dura prigionia, liberato da una missione alleata, rifiutò di mettersi in salvo attraverso la Svizzera e preferì imbracciare le armi insieme ai partigiani trentini. Cadde coraggiosamente nello scontro con le SS tedesche quando la lotta per la libertà era ormai vittoriosamente conclusa”.
— Stramentizzo, 4 maggio 1945.

La storia della sua storia

La sua storia è conservata nel saggio storico intitolato Corsa Partigiana – Storia di Giorgio Marincola, edito da Iacobelli nel 2008, scritto da Carlo Costa e Lorenzo Teodonio. Qualche anno prima gli era stato dedicato un paragrafo nella riedizione di Asce di guerra curata dal collettivo bolognese Wu Ming e Vitaliano Ravagli (Einaudi, 2005).

Espressioni dell’identità composita degli immigrati di seconda generazione sono stati Giorgio Marincola e la sorella Isabella/Timira Hassan Marincola, la cui storia è stata affidata a Libro Timira. Un romanzo meticcio, edito da Einaudi nel 2012, a cura del figlio Antar Mohamed e di Wu Ming 2, pseudonimo di Giovanni Cattabriga, uno dei membri del collettivo di scrittori bolognesi Wu Ming, che aveva già conosciuto e raccontato la storia di suo fratello Giorgio e che da tempo lavora per far uscire dall’oblio della memoria la storia dello zio Giorgio e farla conoscere.

Tributi commemorativi

Nel gennaio 1946 l’Università di Roma conferì la laurea “honours” in memoria di Giorgio Marincola. Inoltre nel 1964 venne ceduto ai partigiani italo-somali una via di Biella che porta il suo nome.

9 settembre 2009 Alla memoria di Marincola è intitolato il club Anpi Pigneto-Torpignattara di Roma.

Nel 2020 il Comune di Roma decide di intitolare a lui la fermata della Metro C inizialmente chiamata Amba Aradam, luogo dove i soldati fascisti in Etiopia uccisero 20mila persone con l’uso di gas tossici e nome del viale vicino alla fermata. La mozione è stata proposta e approvata sulla scia del movimento antirazzista Black Lives Matter, tornato all’attenzione dei media internazionali dopo l’omicidio di George Floyd.

 
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