la piazza fa propaganda e la sinistra cerca consenso – .

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A volte è necessario rallentare la velocità di crociera, fermarsi e riavvolgere il nastro della storia per osservare e comprendere con precisione gli eventi. La sinistra, da decenni, sottolinea (come il maestro con la penna rossa), che la Festa della Liberazione dovrebbe essere un giorno di giubilo per tutti. Un momento di condivisione. Eppure, la doverosa partecipazione dei moderati che governano il Paese alle manifestazioni pubbliche di ieri ha suscitato nauseanti polemiche. L’esempio più fulgido di questa strategia (tutt’altro che improvvisata) è rappresentato dal nuovo mito dei nipoti di Carlo Marx: Roberto Salis, che dal palco della manifestazione organizzata a Roma dall’Anpi, ha letto alcune considerazioni scritte dalla figlia Ilaria, candidata alle elezioni Avs alle prossime elezioni europee. «Sono orgoglioso che nel mio Paese ogni anno venga ricordata la cacciata dei nazifascisti grazie alla coraggiosa lotta dei partigiani. Dalla mia cella desidero ardentemente che il mio Paese si mostri ogni giorno degno della sua storia, che oggi come ieri voglia opporsi all’ingiustizia del mondo e schierarsi dalla parte giusta della storia. Buon 25 aprile”. Roberto ha poi ricordato che «mia figlia è antifascista e questa è casa sua».

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Una festa, quella della Liberazione, che dovrebbe unire e che continua a dividere. Soprattutto quelli che vogliono ancora apparecchiare la tavola facendo sedere i buoni davanti ai cattivi. È il caso del maestro dei distinzioni, dei ma e delle posizioni surreali sulle Foibe, il rettore dell’Università per Stranieri di Siena, Tomaso Montanari. L’uomo che avrebbe dovuto candidarsi a Firenze (ma che non sembra aver raccolto sufficienti consensi attorno al suo ego debordante), non ha gradito un articolo pubblicato dal quotidiano Il Secolo d’Italia, scritto da Spartaco Pupo, anche lui professore Università. Un pezzo, in cui il docente ha analizzato i comportamenti bizzarri dello stesso Montanari, di Christian Raimo (l’uomo che insegna ai suoi studenti a picchiare i nazisti) e di Antonio Scurati (che non ha certo bisogno di presentazioni) dal titolo «I vecchi resistenti guardavano al futuro , il nuovo antifa predicava e faceva affari”. L’uomo convinto che la legge del 2004 che istituisce il Giorno della Memoria “rappresenti il ​​successo più clamoroso di questa falsificazione storica” evidentemente si è sentito punto e ha reagito in modo a dir poco disgustoso.

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“Ma almeno oggi tornate nelle fogne e state zitti”. Parole che, è evidente, non meritano nemmeno una riga di commento. E che dire di Eike Schmidt, candidato sindaco a Firenze per i conservatori, che ieri mattina, con il fazzoletto dell’Aned (l’associazione nazionale dei deportati) legato al collo, ha preso parte alla manifestazione svoltasi in piazza della Signoria. Una scelta del tutto coerente per lo storico dell’arte, che si è sempre dichiarato antifascista. Una decisione che ha provocato un evidente mal di pancia alla consigliera comunale del Pd, Alessandra Innocenti. «Anche il candidato di destra deve dimostrare di essere presente e di indossare anche il velo dei deportati. Non voglio i fascisti e soprattutto quelli che fingono di non essere fascisti”. Alla faccia della condivisione e, come direbbe il grande Totò, del bicarbonato.

 
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