Al Comunale di Sassari i protagonisti sono Massimo Quarta e il suo Paganini – .

Al Comunale di Sassari i protagonisti sono Massimo Quarta e il suo Paganini – .
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(foto Ente Concertistico – Elisa Casula)

Sassari. Ha preso il via mercoledì 24 aprile scorso la stagione sinfonica dell’Ente Concertistico “Marialisa de Carolis”. Protagonista del primo appuntamento (e sarà anche del secondo, il 4 maggio) è il violinista e direttore Massimo Quarta, recentemente nominato direttore ospite principale dell’Istituzione, chiamato in extremis a sostituire un indisposto Uto Ughi, che sarà recuperare la presenza sassarese in autunno (13 ottobre la data prevista). Un cambiamento che ci è piaciuto subito. Per un motivo molto semplice: Ughi è sì un grande nome del violinismo, ma da tempo propone esecuzioni che si possono definire decisamente ancorate al passato. Oggi si registrano letture dei classici improntate a un gusto filologico e con l’uso di pratiche esecutive dette “originali” (e gli ensemble barocchi suonano strumenti d’epoca o copie), cioè quelli in uso ai tempi degli stessi compositori, che differiscono nettamente a seconda sul periodo. Massimo Quarta, in realtà, non è un violinista che si riferisce alla scuola filologica, ma ha una specializzazione nel repertorio paganiniano. Vincitore infatti del prestigioso Premio Paganini nel 1991, secondo italiano ad ottenerlo (il primo fu Salvatore Accardo nel 1958), è ancora oggi un grande interprete del compositore genovese. E a Sassari ha eseguito uno dei capolavori del virtuosismo, “I palpiti” op.23, Introduzione, tema e variazioni su “Di tanto palpiti” dal Tancredi di Gioachino Rossini (i due grandi compositori erano amici), suscitando un’ovazione da parte del pubblico di il Comune.

(foto Ente Concertistico – Elisa Casula)

Non è andata però altrettanto bene, e va detto subito, con le altre due composizioni in programma, entrambe di Mozart. I concerti della stagione sinfonica dell’Ente Concerti – preludio alla stagione lirica autunnale che anche quest’anno avrà due anteprime estive: il 28-30 giugno la prima assoluta della versione italiana di “Fanche tradire” di Marco Tutino, con la prestigiosa la regia di Hugo de Ana e la regia della controversa Beatrice Venezi, e poi, il 12 luglio, una versione dell’Otello di Giuseppe Verdi, riletta per la rappresentazione in piazza italiana – sembrano da questo primo appuntamento ripercorrere quanto ascoltato nel 2023. Scrivevamo allora, in una recensione pubblicata sul settimanale diocesano “Libertà”, che i concerti erano caratterizzati da una doppia proposta: ad una prima parte, complessivamente riuscita, con il virtuoso che dominava la scena, corrispondeva una seconda parte meno convincente con lo stesso interprete che da solista è diventato esclusivamente regista. Tutto questo sembra ripetersi, grazie ad una compagine orchestrale che ha evidenziato ancora una volta le solite problematiche, amplificate dall’installazione della camera acustica sopra il palco del Teatro Comunale. Una soluzione che da un lato risolve una serie di limitazioni sonore che notoriamente accompagnano la struttura di Cappuccini: gli strumenti a fiato, ad esempio, sono finalmente equilibrati e non predominanti. Si accentuano invece le criticità che ultimamente sembrano decisamente aggravate da un cattivo amalgama degli archi, in particolare dei violini che mercoledì sera a volte non riuscivano a suonare all’unisono (in diversi passaggi si sono sentite anche chiare discordanze). Inoltre la distanza dal pubblico dovuta alla copertura della fossa dell’orchestra rendeva il suono meno chiaro e più cupo.

Dei famosi Concerto per violino e orchestra n. 5 in la maggiore K219 di Wolfgang Amadeus Mozart Massimo Quarta ha necessariamente offerto una lettura disomogenea. La sua splendida maestria esecutiva, seppure in chiave puramente romantica con vibrato tardo ottocentesco, non corrispondeva ad una costante presenza orchestrale. IL Rondeau – tempo del minuetto che tradizionalmente viene chiamato “türkisch” (stile turco) convinse il pubblico, che subito dopo si lasciò trasportare dall’entusiasmo con “I palpiti” di Paganini. La prima parte del concerto si è conclusa con un ottimo bis, il Largo dal Sonata per violino solo n.3 in do maggiore BWV 1005 di Johann Sebastian Bach.

Nella seconda parte era in programma uno dei capolavori di Mozart, una delle composizioni più conosciute Sinfonia n. 40 in sol minore K550. Anche questa viene oggi eseguita da gruppi sinfonici internazionali secondo una pratica filologica (pur senza utilizzare strumenti d’epoca). I leggendari Berliner Philharmoniker non fanno eccezione e, tanto per chiarire, lo scorso autunno sono stati diretti da uno specialista della musica del XVII e XVIII secolo come il violinista Domenico Minasi (storico collaboratore di Jordi Savall), che ha portato alla Philharmonie di Berlino , e non è certo una novità (basti pensare ai concerti di Mozart e Beethoven degli ultimi anni con il grande Nikolaus Harnoncourt o con Jean-Christophe Spinosi, tanto per citare due nomi di generazioni diverse, e prima ancora, seppure in forma embrionale, con un gigante come Claudio Abbado e poi con Simon Rattle), proprio questo stile esecutivo che fino a non molto tempo fa le orchestre sinfoniche non prendevano nemmeno in considerazione. Una tendenza che purtroppo ancora fatica a prendere piede in Italia, soprattutto a causa della pigrizia delle istituzioni musicali. Oggi è un’eresia eseguire, ad esempio, Vivaldi o Bach con un’orchestra sinfonica con strumenti di fine Ottocento e uno spiccato vibrato degli archi. Ecco allora il rischio che una squadra come quella della Soprintendenza, che necessita di vigorosi aggiustamenti a seconda del repertorio e che normalmente accompagna i cantanti nelle opere, di produrre risultati non all’altezza. Come è successo l’altra sera con la K550 Symphony. Quarta, che dirige senza bacchetta, ha mostrato fin dalle prime battute una velocità esecutiva sostenuta (ma corretta), che però ha messo evidentemente in difficoltà l’orchestra. Insomma, una lettura non adeguatamente supportata da una squadra che ha mostrato ancora una volta i propri limiti. Difficile quindi esprimere un giudizio sulla qualità dell’esecuzione, che a dire il vero non ci ha convinto e che ci è apparsa un po’ scolastica e discontinua, soprattutto nel noto primo movimento.

Pubblico non da grandi occasioni, tribuna vuota e ampi vuoti di platea, più qualche applauso sfrenato alla fine dei primi due movimenti del Concerto per violino. E un ronzio di meraviglia (“ah, lo so”) all’inizio della K550 Symphony.

Il prossimo concerto è previsto, come detto, per sabato prossimo 4 maggio. Massimo Quarta tornerà sul palco del Comunale in un programma interamente di Čajkovskij, di cui il famosissimo Concerto per violino e orchestra in re maggiore op.35 e il Sinfonia n.4 in fa minore op.36.

LF

 
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