Il Trento Film Festival si apre volando dietro le montagne – .

Insolito noir tunisino che si spinge fino all’entroterra montuoso, Oura el Jbel Behind the Mountains ha aperto il 72esimo Trento Film Festival, alla ricerca dell’avventura e della felice convivenza tra uomo e natura.

L’ambientazione è consueta e sempre suggestiva, una città circondata dalle Alpi ma ancorata alla sua storia millenaria, con un’architettura che accoglie memorie medievali fino alle fortificazioni austro-ungariche. IL Festival del Cinema di Trento continua con il suo 72a edizione un viaggio di racconto e riflessione sul rapporto tra uomo e natura, prendendosi reciprocamente una decina di giorni, fino al 5 maggio, per guardare ad un futuro sempre più fragile. Locali e turisti si danno appuntamento, approfittando delle festività e dei ponti del 25 aprile e del 1° maggio, per assistere proiezioni e incontri, tavole rotonde e passeggiate. Cinema e alpinismo, libri e fotografia sono i protagonisti.

Saranno presentati 120 film, suddivisi in diverse sezioni – Concorso Internazionale, Alp&Ism, Anteprime, Proiezioni Speciali, Terre Alte, Orizzonti Vicini e i titoli dedicati all’Irlanda, Paese ospite di questa edizione per “Destinazione…”. Mentre per la sezione alpinismo, campioni come Tamara Lunger, Marco Confortola, Pietro Dal Pra, Fausto De Stefani, Nasim Eshqi, Silvo Karo, Edu Marin, Elio Orlandi. Inoltre non mancheranno i frequentatori abituali dell’evento come Reinhold Messner E Mauro Corona.

Apertura un film già visto a Venezia è stato presentato, nella sezione Orizzonti, dove è rimasto un po’ nascosto a causa della vastità del programma del Festival. È intitolato Oura El Jbel (Dietro le montagne)è diretto dal tunisino Mohamed Ben Attiail cui debutto, Hedi, uno sfogo di libertàha vinto il miglior film d’esordio (e il miglior attore) alla Berlinale 2016. Il suo secondo film, Mio caro bambinoha partecipato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes due anni dopo, mentre Dietro le montagne è il suo terzo lungometraggio, ed è anche una coproduzione italiana minoritaria.

Questo è un noir fantastico insolito, coprodotto come i precedenti dai fratelli Dardenne,, che racconta di un uomo, RafikIL Majd Mastoura premio a Hedi, che abbandona una vita apparentemente felice, una moglie e un buon lavoro, finendo in prigione per quattro anni dopo un attacco di follia apparentemente inspiegabile. Una volta uscito di prigione, rapisce suo figlio a Tunisi e lo porta nell’entroterra montuoso del Paese per rivelargli e mostrargli un incredibile segreto che conserva e vuole condividere con il suo erede.. Il suo, come quello di noi spettatori, è un viaggio dalla pesantezza di una quotidianità opprimente nella grande città alla leggerezza dell’assenza di gravità, verso il sogno di potersi spingere nella natura fino a una simbiosi assoluta, a un punto di osservazione impensabile, che sorvola le piccole e grandi oppressioni della vita adulta.

Così come il cinema può superare le leggi della natura, permettendo ad ogni visione di prendere il volo e sperimentare vite e personaggi sempre nuovi, così Dietro le montagne racconta del superamento di un punto di rottura. Da decenni un archetipo del cinema, quello della ribellione contro la società intera e i suoi vincoli e leggi. Qui si esprime con una premessa fantastica ma con uno sviluppo narrativo e stilistico tra il noir e il thriller. Rafik non porta avanti una lotta ideologica, anche se lungo il percorso vengono citate parole chiave di oggi come terrorismo, ma è una persona comune alle prese non con la “radicalizzazione” o l’indottrinamento, ma semmai con un istinto primordiale, vorremmo addirittura diciamo selvaggio. Un anarchico libertario contro tutte le convenzioni, ma disinteressato a una forma di applicazione collettiva o politica del suo atto insolitoponendosi sulla scia ideale di Thoreau e del suo Walden o Vita nel bosco.

La tecnologia è negata, è letteralmente nascosta, e Rafik non impugna un drone ma segue un istinto primario di ogni essere umano come quello di correre e lanciarsi nel vuoto. Sta a noi e al cinema trovare in tutto questo una forma di bellezza disperata, una storia sull’amore assoluto di un padre verso suo figlio, anche se lontano dall’abitudine o manifestazione più comune e fisica. Ma cosa potrebbe esserci di più assoluto che condividere un segreto rivoluzionario come quello di Rafik?

 
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