Le Opinioni | L’Italia che sogni senza limiti – .

Le Opinioni | L’Italia che sogni senza limiti – .
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Due passaggi parlamentari avvenuti in rapida successione la scorsa settimana ne hanno offerto un’immagine chiara una potente doppietta dell’Italia sul ring dove si valuta la credibilità di ciascun Paese dell’Ue. Purtroppo nessuno aveva avvertito l’Italia che il suo avversario, contro il quale aveva combattuto con successo, era l’Italia stessa.
Martedì il Parlamento europeo ha votato sul nuovo Patto di stabilità e crescita. Mercoledì il Parlamento italiano ha votato il Documento di economia e finanza. Procediamo all’indietro. In realtà Camera e Senato non sono stati chiamati a votare effettivamente il Def, che il governo ha deciso di non presentare nella forma consueta, ma di partecipare ad un esercizio di sospensione, trattenendo il fiato. Una sospensione dovuta anche ad alcuni elementi oggettivi di incertezza nel quadro istituzionale e politico europeo. Ma la parte più insidiosa del clima di sospensione è – ahimè – il made in Italy, fatto in casa. E ha due componenti: una componente generata nel passato e una componente che, temo, stiamo generando in questi mesi e giorni, magari convinti di servire l’interesse del nostro Paese.
La componente generata in passato è naturalmente il debito pubblico.

Non vediamo sufficiente consapevolezza del problema del debito, né sufficiente volontà per affrontarlo, come prima o poi sarà necessario, magari con brusca durezza. Questa è una constatazione che faccio all’attuale maggioranza, ma forse ancor di più all’attuale opposizione. Se infatti dovessimo calcolare i millesimi di responsabilità dei vari partiti nel generare, ad esempio, il Superbonus (sarebbe un esercizio facile e utile anche pedagogicamente), le due maggioranze precedenti, alle quali FdI non partecipava, non molto più di quanto si ritenesse umanamente fattibile in termini di creazione di deficit e debito.

Con loro il Parlamento aveva realizzato qualcosa di molto ardito anche sul piano del bilanciamento, perché in un Paese in cui, come è noto, è politicamente letale – a torto o a ragione – il solo pronunciare la parola “imposta patrimoniale”, tutti quelli che hanno votato per il Superbonus hanno votato (senza saperlo, spero per loro) per un’imposta patrimoniale sulla casa, ma al contrario, con il contribuente che paga un trasferimento di ricchezza ai proprietari di casache in media hanno una situazione reddituale e patrimoniale migliore di quella della maggioranza dei contribuenti.

Ciò ha portato ad un’importante redistribuzione del reddito, perversa sotto ogni aspetto. Leggevo di recente un articolo in cui spiegavo come, oltre alle conseguenze sul deficit e sul debito, che appaiono ogni giorno più gravi, e al già citato effetto regressivo, il Superbonus ha portato i maggiori benefici ai redditi e al Nord.

La seconda componente del disagio che provo riguarda il comportamento complessivo del sistema politico italiano. Ed eccoci al primo colpo dell’uno-due, sferrato nuovamente contro l’Italia dagli eurodeputati italiani martedì scorso sotto gli occhi di tutta Europa. Al Parlamento europeo i deputati italiani si sono in gran parte astenuti nel voto sul nuovo patto di stabilità e crescita (partiti della maggioranza che sostiene il governo Meloni e il Pd), il M5S ha votato contro e solo tre deputati hanno votato a favore. Nessun altro Stato membro ha offerto una simile dimostrazione di disimpegno. Un messaggio chiaro di sostanziale unità nazionale contro le regole di bilancio.
Su queste colonne e anche intervenendo al Senato lo scorso dicembre, alla vigilia del Consiglio europeo che avrebbe deciso in merito, ho suggerito al presidente del Consiglio Giorgia Meloni di valutare seriamente se, nell’interesse dell’Italia ma anche dell’Europa Unione, non era opportuno che lei opponesse il suo veto a quell’accordo poco soddisfacente sulla nuova governance. Il presidente Meloni ha deciso di non porre veti (forse perché – lo so per esperienza diretta del Consiglio del giugno 2012 – non è psicologicamente facile essere l’unico capo di governo che blocca un accordo altrimenti unanime e costringe i colleghi a sedersi nuovamente al tavolo per un trattativa complessa).

Ma ora, dopo la prestazione dell’Italia attraverso i suoi eurodeputati, che impressione avranno fatto i cittadini e i governi degli altri Paesi europei?
Qualche mese fa, di fronte al MES, il governo – pur sapendo che l’Italia, attraverso un precedente esecutivo, aveva firmato quel trattato e che il processo di ratifica era necessario – si rifiutò di avviare questo processo. E questo nonostante gli fossero stati messi su un piatto gli strumenti per minimizzare il rischio politico (ad esempio, chiedendo la ratifica con la condizione che il Parlamento dovesse esprimersi nuovamente nel caso in cui il governo intendesse avvalersi degli strumenti del MES).

Pertanto, siamo disconnessi a livello del MES. E ora siamo disconnessi anche a livello del più importante strumento di governance economica europea, il nuovo Patto di stabilità. Ma cosa accadrà adesso? Quando il Primo Ministro, che dalla nascita del governo in poi ha saputo crearsi una posizione di rispetto in Europa, si recherà alla sessione del Consiglio europeo in cui dovrà chiudere questo pacchetto (che non mi piace) in stile, cosa dirà o farà? Ti unirai alla posizione di tutti i tuoi colleghi, come hai fatto a dicembre, facendo un’ingiustizia agli eurodeputati del tuo paese? Oppure ritirerà il suo consenso al patto, alimentando un’immagine chiara dell’inaffidabilità del nostro Paese?

Concludo con una riflessione più ampia. Quando il governo italiano, il Parlamento italiano, autorevoli ex primi ministri italiani come Mario Draghi ed Enrico Letta, che scrivono rapporti richiesti loro dalle autorità europee, parlano positivamente della necessità di creare un debito europeo, una necessità sacrosanta in determinate circostanze, ma chi volete credergli, al di là della loro autorità personale? Da quale paese provengono?
Provengono dal Paese i cui parlamentari in Europa, nel momento della verità, hanno messo a verbale con il loro voto la radicata intolleranza per qualsiasi limite al deficit e al debitoche li distingue individualmente e come appartenenti ad una cultura nazionale convinti, dopo decine di prove contrarie, che crescita e occupazione si ottengono con deficit e debito pubblico, forse solo con essi.
Proviamo a riflettere se l’Europa è perversa, prevenuta nei confronti degli italiani, oppure se non stiamo adottando – anche adesso che abbiamo capito quanto sia importante l’Europa – comportamenti sciatti, controproducenti e talvolta poco rispettosi del buon senso e della coerenza. , di noi cittadini.

28 aprile 2024

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