«Scrivi Giorgia e cambiamo l’Europa. Sinistra all’opposizione come in Italia” – .

«Scrivi Giorgia e cambiamo l’Europa. Sinistra all’opposizione come in Italia” – .
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Giorgia Meloni, detta Giorgia. «Chiamami per nome. Sul biglietto scrivi Giorgia. Settanta minuti di arringa sotto il tendone blu sulla spiaggia di Pescara e l’annuncio più atteso è stato: “Ho deciso di scendere in campo agli Europei, capolista in tutte le circoscrizioni” dice il premier dal palco e dalla sala della conferenza programmatica d’Italia Fratelli scoppia in una standing ovation di bandiere tricolori e cori da stadio. Vestita di blu, con il lungomare sullo sfondo, la Meloni lancia la sua candidatura alle elezioni dell’8 e 9 giugno e chiama gli italiani a un referendum sul suo governo.

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«Voglio chiedere agli italiani se sono soddisfatti del lavoro che stiamo facendo. Se credi ancora in me, voglio che sul bigliettino scrivi semplicemente Giorgia. È la cosa di cui vado più fiero: quando mi fermano per strada la maggior parte della gente mi chiama per nome, sarò sempre uno di voi”. C’è un brivido liberatorio nel lungo e acceso discorso del primo ministro, che però è indebolito nella salute, gli otoliti la fanno sentire “come sulle montagne russe” e ogni tanto deve prendersi una pausa, “posso non urlare” sorride a tratti sconcertata e per questo, finito il comizio, torna di corsa a Roma e salta il pranzo di pesce in riva al mare.

La ricerca di un nuovo consenso del leader trova risposta qui a Pescara, storica roccaforte della destra, che dopo un anno e mezzo in cabina di regia accusa riti e compromessi del “palazzo”, «il potere non trattenetemi, non lo farà, mi isolerà”, assicura alla folla di meloniani in delirio. Da qui la discesa in campo: «Mi sono sempre considerato un soldato e i soldati, quando devono, non esitano a mettersi in prima linea». E la promessa è di “mettere finalmente la sinistra all’opposizione anche in Europa”. Fatelo con un partito che, “visto che non sono il segretario del Pd, farà di tutto per darmi una mano” infilza il premier. Elly Schlein risponde a tono: «La Meloni è nel paese delle meraviglie, seppellisce i problemi sotto un fiume di retorica – la spinta del leader del Nazareno – ha perso il contatto con la realtà».

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Le reazioni

Sala gremita di ministri, dirigenti e militanti di Fratelli d’Italia al momento del fatidico annuncio. E la foto di gruppo del centrodestra sarebbe completa, insieme ad Antonio Tajani e Maurizio Lupi, se non fosse per il fatto che Matteo Salvini si è ritirato. Si collega in video, passeggiando con la figlia alla quale, spiega, ha voluto dedicare «l’ultimo fine settimana con la famiglia prima delle elezioni». La Meloni lo punge: «Ringrazio Matteo, che ci ha preferito il bridge…». Ma lui subito tace: «Sto scherzando, so quanto sia importante trovare tempo per la famiglia». E alla fine del discorso gli fa una telefonata, una telefonata, hanno fatto sapere subito lo staff, «per prendersi gioco delle controverse ricostruzioni» e per fissare un appuntamento a Roma.

Il primo ministro arriva con calma a darci la notizia che tutti, sotto i magazzini allestiti per la grande “festa dei patrioti”, già danno per scontata. «Capirò le liste in tutte le circoscrizioni – sospira infine la Meloni, interrotta qua e là dai cori – se sopravvivo…». Campagna elettorale leggera, niente giri di comizi su e giù per il Paese, spiega poi, «non sottrarrò un solo minuto all’attività di governo per fare campagna sul mio nome». Pochi eventi quindi – tre o quattro tappe, dicono, a margine di eventi istituzionali, come il festival degli Alpini a Verona, nella roccaforte veneta della Lega Nord – per il resto tanta tv e ministri si scateneranno strade in cerca di voti (e anche la sorella Arianna, attesa per una tappa nel Salento). Il colpo a cui punta la Meloni è studiato da tempo, insieme al suo cerchio magico, la sorella maggiore: l’appello a scrivere Giorgia, solo “il suo nome”, sulla scheda elettorale. La stessa stampata sui manifesti che già da giorni tappezzano Roma e Milano: “Con Giorgia”.

A Pescara Meloni si mette il casco, questa volta per davvero e non solo mimando il gesto come durante il raduno regionale di inizio marzo. Fa un discorso combattivo e identitario: cita il Movimento sociale italiano “che votò i Trattati di Roma nel 1957” e anche De Gaulle, rivendica i fiori all’occhiello del governo, dal Piano Mattei al sostegno all’Ucraina, attacca il Superbonus grillino e Giuseppe Conte risponde secco: “È Re Mida al contrario, smettiamola”.

C’è molto spazio per l’Europa. Meloni promette che non scenderà a patti con i socialisti: «Costruiremo una maggioranza di centrodestra a Bruxelles. Quando diciamo mai con la sinistra, non è un buon slogan elettorale. Prendere o lasciare”. Seppellisce il Green Deal, concepito da “burocrati chiusi in un palazzo di vetro”. E suona freddo con Mario Draghi, «chi applaude alle parole sue e di Letta liquida la nostra critica all’Europa come negazionismo, oscurantismo». Così come sull’ipotesi di una sua candidatura alla guida della Commissione. Un dibattito “surreale”, sorvola senza dirlo, di chi “vuole preparare divisioni senza ascoltare i risultati elettorali”. L’esito dei sondaggi su cui il presidente del Consiglio ora scommetterà la sua leadership e il prossimo triennio a Palazzo Chigi.

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