Fusioni tra piccoli comuni sì o no? Al centro del dibattito il dibattito avviato dall’imprenditore Ferruccio Giovanetti, la domanda è stata rivolta a quattro ex amministratori che conoscono bene la realtà dei piccoli comuni dell’hinterland. Anche loro, però, sono divisi tra contrari, favorevoli e favorevoli e non ne fanno certo una questione politica.
Giuseppe Lucarini e Giorgio Mochi, ex sindaci storici di Urbania e Piobbico non hanno mai condiviso il partito ma sono d’accordo su un netto no alle fusioni: “Il Comune è l’identità, l’istituzione più antica d’Italia – spiega il durantino Lucarini – Guardiamo al alta valle del Metauro: ogni comune ha un’antica storia di autonomia. E nell’autonomia nascono e si sviluppano energie e impegni non quantificabili monetariamente, di servizi, di consorzi. Gli incentivi non ingannano: conosco sindacati comunali nati e morti proprio a causa di soldi prima stanziati e poi scomparsi. Cambiano i governi e cambiano le scelte e i principi. Le fusioni sono favorite a causa della crisi e delle difficoltà finanziarie ma rispetto a una storia lunga 750 anni come Urbania o anche più antica come Mercatello o Sant’Angelo in Vado, cosa sono 10 anni di contributi?”.
Sulla stessa linea il “pensiero-Mochi”: “Se dipendesse da me aumenterei il numero dei Comuni. Ne creerei uno, ad esempio, anche a Serravalle, sul Monte Nerone. I consiglieri comunali costano allo Stato forse 50 euro l’anno e sono la prima risorsa e manodopera che fa girare l’Italia delle piccole amministrazioni. Sarebbe però necessario riunire i servizi in modo associato nelle Unioni Montane, lasciando i Comuni come cardini della presenza dello Stato nei territori, con i servizi minimi ma essenziali ridurre gli sprechi eliminando i comuni è probabilmente qualcosa che l’amministrazione non sa. Ripensiamo invece il sistema amministrativo – poche macroregioni e più poteri alle province – ma non tocchiamo i Comuni”.
Dal lato del no a chi vede all’orizzonte una possibile transizione. Risiero Severi, ex sindaco di Piandimeleto, racconta che qualche anno fa tentò di introdurre il discorso nell’alta valle del Foglia: “Ma forse eravamo in anticipo sui tempi o non ci siamo spiegati bene, fatto sta che è finita nel nulla. Oggi dico che serve un percorso non affrettato, dove i servizi passino nelle mani delle Unioni Montane che possono essere il luogo ideale per riunire le istanze e per rispondere ai bisogni dei cittadini. Possiamo però già lavorare verso il futuro, occorre avviare un percorso di dialogo con i cittadini e gli imprenditori che scelgono di investire sul territorio perché oggi i bisogni dei singoli Comuni sono gli stessi nel raggio di tanti chilometri e toccano l’intera comunità”.
Chi dovrebbe decidere sull’acceleratore è Giannalberto Luzi, ex sindaco di Vada: “Già anni fa avevo proposto di unire i comuni di Sant’Angelo, Mercatello sul Metauro e Borgo Pace sotto il nome di Massa Trabaria. Credo che questa sia l’unica strada per costruire massa critica, per avere peso ai tavoli e far valere i diritti di chi vive e resiste nell’hinterland. Ovviamente questo si può fare in territori omogenei ma è una sfida che non possiamo perdere: oggi il campanilismo non può più essere un fattore. guerra tra poveri ma si è spostata sull’asse costa-entroterra. Se anche noi fossimo riusciti a unirci e ad avere una sola voce avremmo potuto far valere di più le nostre istanze in Regione e a Roma: sono convinto che sulla Fano-Grosseto o su tanti altri temi che faremo ci sarebbe stata maggiore attenzione subito.”
Andrea Angelini