IL CROLLO DEI REDDITI DA DIPENDENTI DEI MODENIANI. L’ANALISI DELLE DICHIARAZIONI FISCALI PRESENTATE AL CAAF CGIL DELLA PROVINCIA DI MODENA – .

02 maggio 2024
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Abbiamo raggiunto il 3° rapporto sul reddito da lavoro dipendente e pensione in provincia di Modena, elaborato sui dati dell’Agenzia delle Entrate Cgil, sostanzialmente la prima sul territorio per attività svolta. UN fotografia del reddito dei modenesi e dei modenesiche quest’anno raddoppia.
Questa parte del rapporto è dedicata al lavoro dipendente, mentre quella relativa alle pensioni sarà presentata nelle prossime settimane, con una significativa novità: insieme all’evoluzione dei redditi dei pensionati presenteremo la condizione dei più giovani rispetto all’attesa pensioni.

Il nostro rapporto analizza i dati delle dichiarazioni dei redditi da lavoro dipendente presentato nel corso del 2023 dai relativi residenti modenesi all’anno 2022; la serie storica su cui si basa il confronto dei dati si riferisce al periodo 2016-2022, e comprende 291.000 certificazioni uniche.
Solo il termine “collasso” può sintetizzare quanto accaduto sul fronte dei redditi nel corso del 2022. Era un fatto atteso e annunciato, ma le dimensioni e il peso di questo crollo sul lavoro dipendente lasciano stupiti. Un fenomeno che continuerà, accentuando il peggioramento, misurando i dati delle dichiarazioni in corso di presentazione. Un calo del reddito, per così dire, che non ha eguali nella storia del nostro Paese dal dopoguerra a oggi.
Parliamone una perdita di potere d’acquisto dei salari che nell’arco di un solo anno, nella provincia di Modena, ha raggiunto una media dell’8,1% a fronte di un’inflazione che ha raggiunto l’8,3%. È del tutto evidente la quasi totale assenza, nella media del 2022, di aumenti salariali. Nel 2022 e 2023 abbiamo assistito ad un pesante impoverimento dei modenesi e degli italiani; un impoverimento che non ha eguali in Europa. Allo stesso tempo, va segnalata la crescita degli utili delle imprese di interi settori, spesso corresponsabili delle dinamiche inflazionistiche.
Uno spostamento dal reddito ai profitti che è probabilmente la più grande operazione di ingiustizia sociale degli ultimi ottant’anni nel nostro Paese. Parliamo di una perdita di valore dei salari che arriva al 12,3%, se esaminiamo i dati a partire dal 2016. In sette anni i lavoratori della nostra provincia hanno perso quasi il doppio dello stipendio rispetto al loro reddito annuo.
All’interno di questi dati terribili, negativi per tutti i dipendenti, lo segnaliamo ancora una volta l’ampliamento dei divari di reddito. I redditi dei giovani e delle donne peggiorano ancora di più, con il punto più critico tra le giovani donne. Lo scorso anno abbiamo registrato segnali di ripresa dei redditi, nel periodo post-Covid, seppur limitatamente all’occupazione qualificata maschile nella fascia di età over 55.
Nelle dichiarazioni presentate nel 2023 mancano anche i più piccoli dati positivi.
La questione di genere è accentuata. Le donne, più frequentemente degli uomini, lavorano con contratti a tempo determinato; se il reddito medio degli uomini è di 21.550 euro, quello delle donne si ferma a 15.626 euro, il 27,5% in meno. Effetto causato dalla maggiore presenza di donne nei settori poveri e altamente irregolari, e in quei settori, come il commercio e il turismo, dove la maggior parte dei contratti sono part-time, in gran parte involontari. Nel 2022, le donne hanno visto un calo del reddito maggiore di quello degli uomini e, se il confronto viene spostato al 2016, le donne hanno perso il 14,2% del loro reddito, rispetto al 10,2% degli uomini. Basti un ultimo dato; delle dichiarazioni superiori a 50.000 euro solo il 16% sono quelle prodotte da donne.

La questione anagrafica è accentuata. Se nel settore manifatturiero, con una maggiore presenza maschile, gli under 35 hanno perso “solo” il 4,8% della retribuzione nel periodo 2016-2022, per gli under 35 del settore commercio il dato è salito al -16%, fino a -27% nei settori ristorazione, alberghiero e pubblica amministrazione; un settore ampio, con una forte presenza di giovani, ma sempre più devastato dal lavoro irregolare, nelle sue molteplici forme. Tra gli under 25, il 65% ha un contratto a tempo determinato, cifra che resta molto elevata anche nella fascia 25-34 anni, con il 44%.
La questione territoriale è accentuata. Nel crollo dei redditi nel 2022, in attesa di misurare il 2023, possono sorprendere i dati della città di Modena, dove il calo del valore reale dei redditi è molto forte. Un calo di quasi il 10%, causato in parte dal generale calo del settore Terziario, particolarmente presente in città. Un dato molto distante da una narrazione eccessivamente ottimistica sullo stato della capitale, e un tema che non sembra essere al centro (ma nemmeno alla periferia) dell’attenzione delle forze politiche impegnate nei negoziati amministrativi ed europei. competizione elettorale. La città di Modena è il capoluogo di provincia, ma anche del lavoro precario e sottopagato, dobbiamo ricordarlo sempre. Dopo la buona performance dell’anno precedente, trainata dal settore biomedico, anche i redditi dei lavoratori dell’Area Nord sono in forte calo (-9,4%). L’area mirandolese torna così alla pari con quella collinare-montana, mentre Carpi, da tempo caratterizzata dal forte calo dell’economia manifatturiera, riduce sempre più il differenziale di reddito con le due aree estreme della nostra provincia. Anche Carpi avrebbe bisogno di realismo sullo stato dell’economia e dei redditi, superando la troppo frequente rievocazione dei fasti del passato. Sono quattro le zone della provincia dove, oltre ad un calo del potere d’acquisto, abbiamo registrato anche un calo dei redditi nominali: nell’ordine di maggiore negatività, sono Mirandola, Modena, Carpi e Castelfranco Emilia.

Si accentua la crisi delle famiglie modenesi. Una nostra tabella mostra gli effetti della diminuzione del potere d’acquisto dei redditi da lavoro per alcune tipologie di famiglie. Ancora una volta la famiglia under 35 con lavoro nel terziario ha subito un calo del valore del reddito familiare di circa il 20%, in sette anni, mentre al contrario il calo per la famiglia over 55, con lavoro negli istituti e negli istituti nel settore ceramico ha registrato un calo più modesto, pari al 5%. Un declino che per la parte più debole delle famiglie si è trasformato in incertezza sul futuro, calo delle nascite ed esistenze da troppo tempo precarie. Ma anche nelle scelte di riduzione dei consumi, anche alimentari, nella rinuncia alle cure, che sempre più vengono spostate sul settore privato. Quasi la metà dei mutui oggi hanno una durata superiore ai 30 anni; si accende il mutuo a 30 anni, si finisce di pagarlo a 60, oppure a 65 anni. Cresce l’indebitamento degli italiani, diminuisce il risparmio; soprattutto, il confine della povertà continua ad avanzare, includendo famiglie con redditi doppi, ma troppo modesti per sostenere i maggiori costi di mutui, affitti, spese energetiche e alimentari.
Alla fine. La crisi dei redditi dovrebbe essere il prisma attraverso il quale osservare molti altri fenomeni, primo fra tutti la sfiducia sociale, che cresce inarrestabilmente. Al contrario, sembra un tema sottratto all’agenda politica, utile al massimo agli applausi, ma in definitiva relegato nell’angolo delle cose impossibili. Oppure si rifugia nell’incredulità: “Tanto al mare è sempre tutto esaurito”. Invece la crisi dei redditi esiste, e produce effetti, tutti negativi. Nell’indagine si evidenzia il progressivo assottigliamento dei redditi medi e l’espansione della fascia più debole, e all’interno di questa la creazione di un’ulteriore, ancor più critica, area.
L’Italia è un Paese dove negli anni la rabbia si è trasformata in risentimento, la lotta di classe in sfiducia generalizzata; un Paese in cui l’ascensore sociale è guasto da molti anni, dove i profitti crescono e il reddito da lavoro diminuisce. Dove si tassano le tasse, come nel caso delle accise sui carburanti, ma non è possibile affrontare il tema della tassazione dei grandi patrimoni e degli ultraprofitti ingiusti di banche, compagnie petrolifere, gestori dell’energia e altri. Temi sui quali si è parlato di interventi nel recente passato, ma anche temi che sono stati del tutto eliminati dall’azione dell’attuale Governo. Un Governo del tutto disinteressato anche alla complessa azione sindacale che tra il 2023 e il 2024 ha “spostato” i salari di alcuni settori e aziende, rinnovando contratti e recuperando parte dei redditi persi negli ultimi anni. Ma un’azione che, da sola, non può bastare a recuperare quei due stipendi persi mediamente dai modenesi, nel giro di pochi anni.

Marzio Govoni presidente di Federconsumatori provincia di Modena Aps
Elisabetta Valenti responsabile Caaf Cgil Modena

Modena, 2 maggio 2024

RAPPORTO sulla rilevazione dei redditi da lavoro dipendente nella provincia di ModenA (PDF)

Intervista a Marzio Govoni, presidente di Federconsumatori Modena

Intervista a Daniele Dieci, segretario della Cgil Modena

 
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