così si prostituiscono a Torino 3mila schiave del sesso – Torino News – .

Sono arrivati ​​in Italia subendo minacce e riti voodoo, con la speranza di una vita migliore. Invece si ritrovavano agli angoli delle strade, nei saloni di massaggio o in appartamenti economici. Oppure negli edifici abbandonati o in mezzo a Porta Palazzo, lanciando segnali in codice per attirare i clienti: sono le vittime della tratta delle donne, “schiave del sesso” che provengono dall’Africa, dall’Asia o dall’Europa dell’Est. E continuano ad arrivare: «Gli ultimi dati ufficiali parlano di 3mila nigeriane vittime della tratta a Torino e provincia – stima Rosanna Paradiso. esperto anti-tratta che lavora alla Procura di Torino dal 2015 – Ma c’è tanto non dichiarato, non abbiamo idea del numero di donne di altre nazionalità”.

Dalla fine degli anni ottanta

La tratta di esseri umani è iniziata come emergenza più di trent’anni fa. Ormai, purtroppo, è un fenomeno consolidato che interessa Africa, Asia ed Europa. E spesso si tratta di organizzazioni criminali, dalla mafia nigeriana a gruppi albanesi, cinesi e rumeni: «Le ragazze africane arrivano dalla Libia e spesso il viaggio parte dalle famiglie, che sono coinvolte nel viaggio della ragazza» Paradiso insistette.

Ciò facilita i controlli ed i ricatti, anche grazie al “juju”: si tratta di rituali voodoo che prevedono l’uso di oggetti o indumenti, il prelievo di piccole porzioni di pelle e peli pubici e sacrifici di animali. Così la vittima viene soggiogata dal punto di vista morale e spirituale, oltre che con la coercizione fisica e le minacce. I riti sono spesso associati al debito economico contratto per arrivare in Europa e impongono un vincolo di segretezza, che vieta alla vittima di nominare i propri sfruttatori. Che spesso sono altre donne, le cosiddette “madames” che coordinano la prostituzione a livello locale: «Ho conosciuto tante ragazze nigeriane che hanno subito abusi sessuali nel loro Paese, spesso all’interno delle loro famiglie. E se lo portano dietro come un peso, un senso di colpa che si aggiunge a tutto quello che soffrono qui. Spesso sono minorenni che entrano subito nel circuito della prostituzione e che intercettiamo anni dopo». Ma ormai è troppo tardi: «Nel frattempo sono finiti in carcere, hanno dipendenze dalla droga, hanno problemi di salute a causa dei tanti aborti. E, quando sono “vecchi”, vengono sfruttati in altri modi: abbiamo avuto donne che lavoravano come corrieri della droga e portavano uova di cocaina a Torino”.

4807cd741b.jpg

Dalla strada alle case

Il fenomeno è cambiato nel corso degli anni, con nuovi paesi coinvolti e modalità in continua evoluzione. Le ultime notizie sono frutto della pandemia: «Non potendo più restare per strada, le ragazze hanno iniziato a lavorare a casa. Poi, se non arrivavano clienti, venivano letteralmente cacciati e cacciati. Nascono in quel periodo anche le “case di connessione”». Cioè edifici abbandonati e occupati trasformati in case di prostituzione. «Sono poi emerse altre modalità – prosegue Paradiso – Il collegamento può avvenire anche attraverso centri massaggi famosi, un mondo ancora difficile da decifrare. Oppure con i social network e siti specifici, spesso in lingua straniera: questo vale soprattutto per i cinesi, che “ordinano” ragazze via internet”.

Esiste anche un altro metodo, diffuso a Porta Palazzo e zone limitrofe: «Molti nigeriani mi hanno confidato che si prostituiscono in mezzo alle bancarelle, utilizzando un codice per attirare i clienti: si toccano la mano o la spalla e si crea un primo contatto. Altri ancora lavorano in case occupate, in luoghi nascosti della provincia o in feste private organizzate dai “culti segreti” dei loro connazionali”.

Il colloquio con l’esperto

Paradiso segue le vittime della tratta a Torino e ha cercato di aiutarle anche nel loro Paese: «Ma occorre fare di più. Cerco di fare da “ponte” e facilitare il rapporto tra associazioni, enti pubblici, forze dell’ordine e procure, al fine di coordinare la lotta alla tratta e alla criminalità che vi sta dietro”.

Come va? «Torino è in prima linea a livello nazionale, con un referente che riceve le segnalazioni riguardanti lo sfruttamento della prostituzione. Stiamo lavorando duramente per trasformare i progetti teorici in realtà. Ma non è facile anche perché, dopo il Covid, le denunce sono diventate pochissime. Ci sono stati numerosi tagli, c’è tanto lavoro sommerso ed è difficile intercettare tutti i bisogni. Serve maggiore impegno e attenzione da parte di tutti”.

Cosa manca ancora? «La polizia e la procura vedono l’ultimo tassello, forse dieci anni dopo l’arrivo delle vittime della tratta. Ma possono essere intercettati molto prima”.

Magari quando arriveranno in Italia e presenteranno la richiesta di asilo. “Ci siamo resi conto che i trafficanti sfruttano questa nicchia offerta dalla legge, che è diventata una possibilità per garantire la presenza della donna ed evitare che venga rimpatriata”.

Non è possibile risolvere il problema alla radice, nei paesi di origine? «Dopo aver visto quelle centinaia di donne alla Pellerina mi sono chiesta perché così tante venissero dalla Nigeria. Sono andato lì per trovare una risposta: Ho capito che la colpa è della terribile condizione di sottomissione e di povertà in cui versa quel Paese. Sono facilmente reclutabili perché non possono studiare e sono controllati attraverso rituali voodoo. Che esistono ancora nonostante un editto che li condanna”.

Le autorità locali e le organizzazioni internazionali non intervengono? «Me lo chiedo anch’io. Quando ero in Nigeria ho cercato di stimolare attività di questo tipo. Ma è praticamente impossibile, anche perché le forze dell’ordine hanno meno strumenti per contrastare il fenomeno”.

Si può fare qualcosa dall’Italia? «Uno dei nostri progetti più efficaci si è concentrato sul microcredito e ha aiutato le donne rimpatriate ad aprire un’impresa. Ricordo l’incredulità di queste ragazze di fronte alle somme ricevute”.

Non sono abituati a essere aiutati davvero. «La verità è che si fanno tanti grandi progetti ma poi l’impatto sul singolo è invisibile. Quindi le attività concrete sorprendono, anche quelle piccole: quando facevamo incontri sull’Aids, distribuivamo preservativi e una delle donne li prendeva pensando a quanto avrebbe guadagnato se li avesse rivenduti”.

In Italia, invece, cosa si può fare? «I movimenti per i diritti delle lavoratrici del sesso hanno sempre chiesto di permettere alle prostitute di lavorare nelle loro case. L’idea è quella di arrivare ad una legge in questo senso, che consenta anche di distinguere la prostituzione dalla tratta di esseri umani. Sono fenomeni che non si sovrappongono completamente”.

Nel frattempo stiamo cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema, anche attraverso i libri. Il suo “Sotto gli occhi di tutti” vuole fare proprio questo. «Vorrei poter dare più voce alle storie di queste persone, che descrivono con vergogna e paura ciò che hanno sofferto a 12-13 anni. Mi colpiscono sempre i loro gesti: mentre parliamo alzano le magliette e mostrano i tagli subiti in Libia, i segni delle percosse delle “madame”, le cicatrici degli stupri”.

«Mi occupo di tratta delle donne dal 1989, quando ero alla Farnesina del Comune». Si presenta così Rossana Paradiso, dipendente della Città metropolitana che dal 2015 lavora “in distacco” nel gruppo “Criminalità organizzata, Comune e sicurezza urbana” della Procura. Nel 1993 hai coordinato le attività dell’Unità di Strada, seguendo le prostitute e consigliando loro di evitare i pericoli (anche attraverso volantini e fumetti firmati da Davide Toffolo). Nel 2000 hai fondato Tampep, un’associazione che promuove i diritti e la salute delle prostitute migranti (sei stato presidente fino al 2015). Hai diretto progetti in Europa e Africa, soprattutto in Nigeria, hai tenuto corsi per forze dell’ordine e operatori che combattono la tratta e lo sfruttamento. Collabori con le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa ma anche con autori di film e documentari, come il regista Tonino de Bernardi (a cui è dedicata una mostra al Museo del Cinema). Sul tema ha appena scritto “Sotto gli occhi di tutti”, inserito nel programma del Salone del Libro: «Dopo tante richieste, ho sentito il bisogno di scrivere – anticipa Paradiso, che presenterà il libro oggi alle 16.30 al centro Incontro in Corso Casale 212 (ingresso gratuito) – Il risultato è un testo-racconto che spiega il fenomeno”.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV Milano sconfitto 3-1. I gol e gli highlights della partita – .
NEXT Il Palermo ora crede nella Serie A” – .