i tre volti di Fossano – .

FOSSANO – Trovare un palco più strano di quello odierno Giro d’Italia È un bel mal di testa. Lo ha detto anche il vincitore Tim Merlier. «Dopo che noi velocisti siamo andati in fuga, forse alla fine abbiamo fatto arrabbiare gli uomini di classifica!».

Il primo sprint era previsto a Fossano e prima è stato uno sprint. Ma per giungere a questo epilogo non bisogna pensare ad una frazione dallo sviluppo classico.

Da questo caos emergono tre personaggi: Tim Merlier, il vincitore, Jonathan Milano, i vinti, e ancora lui: Tadej Pogacar, maestro e mina vagante allo stesso tempo.

Il vincitore

Soudal-Quick Step ha avuto il merito di restare più unita delle altre squadre. E di agire al momento giusto. Davide Bramatiil direttore sportivo della squadra belga era un compendio tattico.

«Con un arrivo così tecnico e difficile – ha detto Brama – era impossibile spostarsi a quota 2.900 metri, quando cioè finiva la salita. Avevamo ipotizzato che qualcuno potesse guadagnare 3″-4″ secondi, ma sapevamo che quella curva quasi brusca a 1.200 metri avrebbe avuto un impatto notevole. Avrebbe abbassato la velocità e poi ripartendo quasi da fermo con lo sprint li avrebbero ripresi, anche perché c’era un leggero vento contrario.

“COME Ho detto ai ragazzi di entrare davvero in azione a 1.300 metri. Anche solo ritardare la frenata gli avrebbe fatto guadagnare posizioni importanti. E così se n’è andata.”

I ragazzi di Brama, anche oggi con una bellaAlafilippe, hanno seguito le sue istruzioni alla lettera. E Merlier ha fatto il resto.

«Come vi ho detto qualche giorno fa Merlier sta bene. Abbiamo portato una buona squadra e oggi Siamo sinceramente soddisfatti di questa vittoria. Un grande piacere, considerando che erano diverse settimane che non vincevamo».

Il perdente

Poi c’è Jonathan Milano. Con un finale non proprio ideale per il suo fisico, l’aver sfiorato il successo non è poi così male. Certo, Fossano ha soffocato un po’ il grido di gioia, ma guardando il lato positivo la gamba c’è.

Ma c’è anche un pizzico di rammarico. Sarebbe un problema se non ci fosse. Simone Consonni, il “capotreno”, spiega tutto. E Simone era quasi più deluso del Milan dopo il suo arrivo. Nell’ultima curva le quattro carrozze del treno si sono un po’ perse Lidl Trek: due da un lato e due dall’altro.

«Potevamo fare meglio a livello tecnico e tattico – ci dice Consonni mentre si avvia verso i pullman – ma è anche vero che era il primo sprint del Giro ed è già bello non aver messo il “culo” il terreno”, soprattutto perché era così difficile.

«L’attacco di Pogacar e Thomas ci ha dato fastidio, ma non tanto a livello tattico ma di gambe. E in effetti Jonathan e Jasper (Stuyven, ndr) loro hanno preso la curva in prima e seconda posizione, mentre io ed Eddy (Edward Theuns, ndr) eravamo un po’ più indietro. Abbiamo sprecato molto per tornare indietro Sotto”.

«L’arrivo non è stato facile e se sul treno eravamo tutti lì, negli ultimi 500 metri, vuol dire che stiamo bene. Ci riproveremo domani.”

Honorè, Pogacar e dietro Thomas: il tripudio dei big che hanno illuminato il finale… e le discussioni
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Il cannone sciolto

E poi c’è lui. Sempre lui: Tadej Pogacar. Il corridore degli Emirati Arabi Uniti continua ad incantare, ma anche a sprecare e qualcuno inizia a biasimarlo per il suo modo di correre. Lo sloveno però sfugge.

«Modo costoso per correre? Ma no, è tutto pagato!” come a dire che fare certi scatti non costa nulla. Mentre diventa più serio quando gli chiedono se vuole vincere tutte le tappe. Pogacar risponde con un secco: «No comment».

Tadej quando sta bene non si ferma, non c’è niente da fare. Anche Rafal Majka ce lo ha ripetuto qualche giorno fa. Pogacar si difende dicendo che non è stato lui ad avviare l’attacco, ma ha solo seguito Honorè. «Ero davanti, stavo bene e l’ho seguito. Infatti, quando Thomas ritornò fu lui a fare il primo cambiamento. E anche forte. A quel punto abbiamo spinto. È un peccato non essere arrivati.”

Anche se a noi è piaciuto, ed è un segno di ciòimmensa lucidità, il racconto del traguardo volante di Cherasco. Un traguardo arrivato dopo una ripida salita.

«Ero davanti – ha spiegato Pogacar – ho visto che c’era anche Thomas e a quel punto ho deciso di andare. Tre secondi sono pur sempre tre secondi. Meglio per me che per lui».

 
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