«Più che un evento, il Festivalbar è stato per me come un fratello maggiore» – .

Scrivi Salvetti e leggi Festivalbar. Andrea, nato a Padova nel 1967, è figlio di Vittorio e insieme sono stati i capisaldi dell’evento itinerante che…

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Scrivi Salvetti e leggi Festivalbar. Andrea, nato a Padova nel 1967, è figlio di Vittorio e insieme sono stati le colonne portanti della manifestazione itinerante che, all’apice del suo successo, ha fatto tappa anche a Prato della Valle il 29 maggio 1999 e il 2 giugno 2001. Andrea ha respirato musica fin da bambino e ha fatto dell’espressione artistica la sua ragione di vita.
Cosa ha rappresentato per te il Festivalbar?
«Festivalbar nasce nel 1964: è più grande di me ed è presente nella mia vita fin da quando ero molto giovane, quindi lo considero una sorta di fratello maggiore. Ricordo sempre con un sorriso la prima volta che ho visto mio padre in televisione, mi sono avvicinato al dispositivo che aveva lateralmente le feritoie per il raffreddamento e ho cercato di capire come fosse entrato lì e soprattutto da dove sarebbe uscito. Poi, viaggiando con lui, ho avuto modo di conoscere anche il profondo dei borghi e delle piazze d’Italia, da Nord a Sud. Se oggi ho una visione della famiglia come cosa unica e indivisibile dove la forza è nel cuore, lo devo anche a quell’esperienza unica che ho vissuto fin da piccolo che è Festivalbar”.
Sotto la sua direzione sono nati molti personaggi dello spettacolo: c’è qualcuno a cui è più affezionato?
«Con i conduttori si è creato un rapporto speciale, in particolare con Fiorello, Alessia Marcuzzi e Amadeus, i primi conduttori con cui ho parlato dopo la morte di mio padre e maestro di vita. Sono venuti al suo funerale e fin da subito sono stati molto generosi professionalmente e umanamente, si vedeva che con noi si sono sentiti perfettamente a loro agio. Infatti in tutte le produzioni che fanno ancora oggi menzionano il Festivalbar e qualche volta mi scrivono di tornare indietro e farlo insieme”.
E gli artisti in gara?
«Anche con i cantanti si sono create bellissime amicizie, più di settanta all’anno tra singoli e gruppi, moltiplicati per 45 edizioni, oltre a uno staff di quattrocento tecnici ogni anno. Ricordo con affetto Eros Ramazzotti, Laura Pausini, Jovanotti, Vasco, Ligabue, Zucchero, Renato Zero e tra gli internazionali Bon Jovi, Sting, Robbie Williams, Santana. Anche Giuliano Sangiorgi, Cesare Cremonini, Tiziano Ferro e tanti altri hanno iniziato la loro carriera sui nostri palchi.”
Ci sarebbe ancora spazio oggi per un evento del genere?
«L’attesa per un ritorno del Festivalbar è forte. Ciò che è cambiato è il livello generale della qualità della musica: i talent si sono concentrati sui giovani, spesso alle prime armi, cercando di trasformarli in professionisti, ma l’operazione non sempre riesce. Ogni anno vengono immessi sul mercato decine di prodotti di qualità non molto elevata che in passato speravano di partecipare al nostro festival. Poi sono arrivati ​​Instagram e Tik Tok, il reggaeton, l’autotune e testi non sempre raffinatissimi. Dovremmo tornare agli artisti scelti da veri talent scout, accompagnati da professionisti del settore per esplorare nuove strade senza seguire le tendenze”.
E se arrivasse una chiamata per Sanremo?
«Negli anni ne sono arrivati ​​diversi, ma ho sempre pensato che Festivalbar e Sanremo fossero due eventi di natura opposta, con artisti adatti all’uno o all’altro, raramente a entrambi. Si esprimono due energie completamente diverse e per questo non ho mai potuto immaginarmi come organizzatrice del Festival di Sanremo”.
Com’è stata la tua infanzia?
«Splendido: Padova è speciale sotto tanti punti di vista. Ricordo la libertà di giocare a calcio nei vicoli intorno a casa mia a Bassanello, i fine settimana con la famiglia e gli amici in qualche trattoria in collina, in particolare al ristorante Da Zavattiero dove mangiavo risotto con fegatini e poi le prime costine e polenta , un amore senza fine. Poi siamo venuti a vivere in centro e io ho amato le piazze, sono cresciuto a pane e folpetti”.
Ti hanno mai chiesto di candidarti in politica?
«Sì, ma non mi sono mai sentito molto attratto, per sua natura è spesso legato a un luogo e a schemi specifici, mentre amo moltissimo viaggiare anche per lunghi periodi e conoscere culture diverse».
Hai qualche hobby?
«Sono appassionato di fotografia e video; fin da bambino ho realizzato documentari archeologici ed etnografici in giro per il mondo. Ma oggi preferisco la meditazione e i libri di carattere spirituale”.
La tua nuova creazione ora è il Festival della Consapevolezza: come è nato il progetto?
«Durante la pandemia con i miei soci, Miride Bollesan con cui ho sempre collaborato e Christian Gandini, abbiamo sentito che l’umanità si stava polarizzando, creando divisioni tra gruppi che si allontanavano gli uni dagli altri. Abbiamo pensato quindi di realizzare un evento in cui invitare personalità provenienti da diversi ambiti del sapere, dell’arte, della scienza e della spiritualità per comprendere come hanno superato le loro divisioni interne. La prossima edizione, la terza, si svolgerà a settembre durante l’equinozio d’autunno al Palazzo della Ragione, al Teatro Verdi e in altre location iconiche: ci saranno seminari con relatori di alto livello, laboratori su pratiche meditative ed energetiche legate all’elevazione della coscienza ”.

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Il Gazzettino

 
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