tra interdizione antimafia e controllo giurisdizionale (nota al TAR Reggio Calabria, 25 gennaio 2024, n. 68) – .

Split atom e silenzio prefettizio: tra interdizione antimafia e controllo giurisdizionale (nota al TAR Reggio Calabria, 25 gennaio 2024, n. 68)

di Renato Rolli e Martina Maggiolini***

Sommario: 1. Breve ricostruzione della controversia; 2. Sull’autonomia funzionale tra interdizione antimafia e controllo giurisdizionale; 3. Il silenzio dell’autorità prefettizia tra legislazione e giurisprudenza.

1. Breve ricostruzione della vicenda controversa

Il rapporto tra controllo giurisdizionale e interdizione antimafia porta il professionista del diritto a porsi domande sempre diverse. Questo binomio richiede un’attenzione costante, per cogliere appieno la portata dei due Istituti nel loro ambito individuale e nella loro sinergia; nonché al fine di individuare e superare i limiti che emergono nella loro applicazione [1].

Nella sentenza in commento, il giudice av primi trattamentiè stata colpita dal ricorso della singola società che ha chiesto la verifica dell’illegittimità del silenzio mantenuto dall’autorità prefettizia in risposta alla richiesta di revisione dell’accertamento interdittiva.

Nonostante il susseguirsi di solleciti, l’amministrazione si è limitata a confermare l’istruttoria pendente volta ad aggiornare lo status della società.

Nel frattempo la società ha ottenuto l’ammissione da parte del Tribunale delle Misure di Prevenzione al provvedimento di controllo giurisdizionale di cui all’art. 34 bis D.lgs. N. 159/2011 e sulla base di ciò l’amministrazione ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, motivandolo con la dichiarata inesistenza, da parte della Prefettura, dell’obbligo di definire la richiesta di riesame fino all’esito del provvedimento di cui all’art. 34 bis Codice Antimafia.

Il giudice, così argomentando, ha concluso per l’accoglimento del ricorso con contestuale dichiarazione di illegittimità del silenzio della Prefettura e ha disposto espresso provvedimento.

2. Sull’autonomia funzionale tra interdizione antimafia e controllo giurisdizionale

Occorre indagare sull’estensione dell’istituto del controllo giurisdizionale ex art. 34-bis del decreto legislativo n. 159 del 2011, in particolare per quanto riguarda gli effetti che si producono sulla sfera giuridica dell’impresa destinataria di un provvedimento interdittivo antimafia.

È necessario evidenziare la presenza di un ampio ventaglio di misure di contrasto all’infiltrazione mafiosa nell’economia che variano per intensità e pervasività in proporzione al livello di contagio mafioso.

L’applicazione di tali misure ha posto nel tempo interrogativi sempre diversi, ai quali dottrina e giurisprudenza hanno tentato di rispondere costituendo i due istituti come un sistema.

La soluzione più convincente sembra essere quella secondo cui i due istituti sarebbero vasi comunicanti che non confluiscono l’uno nell’altro ma mantengono il loro contenuto in compartimenti stagni.

Così, il massimo organo della giustizia amministrativa ha recentemente indagato il rapporto tra provvedimento interdittivo antimafia e controllo giurisdizionale con le sentenze dell’Assemblea Plenaria n. 6 e 7 del 2023 [2].

Ora, è chiaro come il controllo giurisdizionale volontario possa essere richiesto dalle “imprese che ricevono informazioni interdittive antimafia ai sensi dell’articolo 84, comma 4, che hanno proposto ricorso al relativo provvedimento prefettizio”, quando, ai sensi del comma 1, l’agevolazione di individui sospettati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso “è occasionale”.

Già a seguito dell’introduzione dell’istituto del controllo giurisdizionale, è stato messo in discussione da chi scrive anche il potere-dovere del giudice amministrativo di decidere sui ricorsi avverso il provvedimento interdittivo antimafia, laddove la società ha ottenuto dal Tribunale di prevenzione il provvedimento di controllo giurisdizionale .

Sul punto, l’Assemblea Plenaria ha ritenuto che, in forza della normativa vigente, vale l’orientamento che riconosce l’autonomia dei procedimenti e che l’ammissione al controllo giurisdizionale non impedisce che si definisca senza indugio il giudizio amministrativo di ricorso avverso gli stessi. . ‘scorso.

A conferma di ciò, l’orientamento secondo il quale si ritiene che, anche se l’interdizione non viene annullata all’esito del procedimento di ricorso sottoposto al giudice amministrativo e, pertanto, viene accertata sulla base del principio del più probabile che no, è accettabile l’esistenza di infiltrazioni mafiose in azienda, ciò non significa che l’esigenza di riorganizzarla debba ritenersi venuta meno. Anche in questa circostanza è necessario intervenire con gli strumenti vigenti per dare all’impresa la possibilità di rientrare nell’economia sana.

In questo senso, oltre a leggere il provvedimento normativo, ne sancisce la funzione curativa. Il controllo giurisdizionale parte a seguito del provvedimento prefettizio antimafia ma si fonda su un’autonoma valutazione prognostica da parte del Tribunale dell’impedimento al superamento delle circostanze condizionanti occasionali [3].

Pertanto, postulare la sospensione del ricorso avverso il provvedimento interdittiva condurrebbe a snaturare la funzione intrinseca del processo, trasformandolo in uno strumento per l’attivazione di ulteriori strumenti di tutela, allontanandolo dal naturale rapporto tutela delle situazioni giuridiche.

Pertanto, l’Assemblea Plenaria ritiene che non sia ravvisabile alcun rapporto pregiudizievole tra la sentenza di impugnazione del divieto antimafia e il controllo giurisdizionale.

Pertanto, è altrettanto evidente che l’attivazione del controllo giurisdizionale non pregiudica la possibilità di ottenere il rilascio dall’informativa antimafia.

L’intero apparato si fonda e si giustifica sull’autonomia funzionale dei due istituti. Il controllo giudiziario nasce dal provvedimento interdittivo e dal momento successivo è un atomo scisso ma orbitante.

Ribadita l’autonomia delle indagini di competenza del Tribunale di prevenzione penale rispetto a quelle svolte dall’autorità prefettizia, nel rilasciare informazioni antimafia, a maggior ragione va considerata la decisione prefettizia relativa alla liberazione dell’impresa sottoposta all’interdizione gratuito [4].

In conclusione, è evidente che l’interdizione antimafia si fonda su una valutazione statica degli elementi da cui deriva l’attivazione del controllo giurisdizionale ex art. 34 bis cd. Codice antimafia. Quest’ultimo viaggia, da questo momento in poi, su un binario parallelo.

3. Il silenzio dell’autorità prefettizia tra legislazione e giurisprudenza

La staticità della valutazione del divieto antimafia impone un bilanciamento degli interessi in gioco al fine di evitare inutili e ingiuste compressioni dei diritti costituzionalmente garantiti.

Così la Corte Costituzionale [5] stabilisce la legittimità dell’informazione interdittiva antimafia, riconoscendone la funzione avanzata nel contrasto al condizionamento mafioso, nella sua funzione anticipatrice della difesa della legalità.

Solo una misura così camaleontica appare idonea a recidere ogni legame con l’ambiente mafioso laddove ciò sia più probabile che improbabile.[6].

Ciò rappresenta una deviazione dallo Stato di diritto giustificata esclusivamente dalla volontà di intervenire e tutelare l’interesse pubblico prevalente.

Pertanto, l’invasività di tale strumento impone la necessaria ponderazione dei valori contrapposti, escludendo il caso in cui il soggetto destinatario del provvedimento interdittivo venga privato della propria identità aziendale.

Insieme a poche altre, una delle disposizioni normative necessarie per assicurare la sopravvivenza e il corretto esercizio dell’attività economica è certamente la “provvisorietà della misura”, come previsto dall’art. 86 comma 2 D.lgs. N. 159/2011, cui fa seguito l’obbligo per la Prefettura di aggiornare gli elementi alla base dello stesso, come espressamente previsto dal successivo art. 91 comma 5.

Pertanto, una delle forme di tutela del privato è rinvenibile nella validità temporale limitata a dodici mesi del provvedimento interdittiva, al termine del quale l’autorità prefettizia è tenuta a procedere alla verifica della persistenza o meno del provvedimento le circostanze alla base della decadenza, con l’effetto diretto, nell’ipotesi positiva, del reinserimento dell’impresa nel libero e sano mercato.

Al fine di evitare l’ingiustificata compressione di un diritto costituzionalmente garantito come la libertà d’impresa, è necessario che l’amministrazione proceda senza indugio alla rivalutazione dell’apparato che sorregge il provvedimento interdittivo.

Ciò nonostante, la società ha il diritto di ottenere una rivalutazione della propria posizione sul mercato al fine di evitare inutili limitazioni che sarebbero illegittime.

Nel caso di specie, l’inerte comportamento dell’autorità prefettizia è quindi in contrasto con il principio più generale previsto dall’art. 2 L.n. 241/90, nonché con le norme speciali del codice antimafia in merito al rinnovo della valutazione del provvedimento interdittivo di cui all’art. 91 comma 5 D.lgs. N. 159/2011, secondo il quale “il prefetto, anche su richiesta documentata dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informativa quando vengono meno le circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento di tentativi di infiltrazione mafiosa” [7].

La sentenza in questione merita quindi di essere evidenziata per l’affermazione dell’obbligo dell’amministrazione di evadere le richieste di aggiornamento dell’informativa antimafia per evitare il rischio di inutili compressioni che potrebbero portare alla morte economica dell’impresa e per non penalizzare le imprese che si sono dimostrati molto collaborativi nella ripresa.

In conclusione, il rapporto condizionante tra controllo giurisdizionale e procedimento di controllo amministrativo ex art. 91 comma 5 del Codice Antimafia, entrambi pendenti nei confronti della società ricorrente, si muovono in una direzione diametralmente opposta a quella attuata dall’autorità prefettizia nel caso di specie.

*** Pur essendo frutto di un lavoro unitario, è possibile attribuire il terzo paragrafo al Prof. Renato Rolli, i restanti alla Dott.ssa Martina Maggiolini.

[1] Si rinvia ampiamente a MASandulli, Rapporti tra il giudizio sulla legittimità dell’informazione antimafia e l’istituto del controllo giurisdizionale, L’Amministrativista, 2022

[2] Si consenta il riferimento a R. Rolli, V. Bilotto, F. Bruno, Interdizioni antimafia e controllo giudiziario volontario: l’adunanza plenaria mette fine (?) al dibattuto rapporto tra i due istituti, RatioIuris, 2023; R. Rolli, V. Bilotto, F. Bruno, Le interdizioni antimafia e il loro difficile (e travagliato) rapporto con il controllo giurisdizionale volontario: un quadro d’insieme in attesa della plenaria, Ratio Iuris, 2023

[3] Sul punto si richiama la sentenza della Suprema Corte, Sezioni Unite penali, 19 novembre 2019, n. 46898, il quale ha precisato che quest’ultimo istituto costituisce una «risposta alternativa da parte del legislatore: perché la finalità di questi è alternativa, diretta non a recidere il rapporto con il titolare ma a recuperare la realtà aziendale alla libera concorrenza, a seguito di una modifica percorso”, caratterizzato dal presupposto della “occasionalità del favoreggiamento di soggetti pericolosi” e dalla valutazione prognostica focalizzata “sulle concrete possibilità che la singola azienda ha o non ha di completare fruttuosamente il percorso di riallineamento al sano contesto economico” , sulla base del “controllo prescrittivo” del Tribunale di prevenzione penale.

Pertanto Assemblea Plenaria 7/2023: “il pendente controllo giurisdizionale su richiesta ex art. 34-bis, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non costituisce causa di sospensione del giudizio di appello avverso l’informazione interdittiva antimafia”.

[4] Pertanto Assemblea Plenaria 7/2023: “il pendente controllo giurisdizionale su richiesta ex art. 34-bis, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non costituisce causa di sospensione del giudizio di appello avverso l’informazione interdittiva antimafia”.

[5] Sentenza del 26.03.2020, n. 57

[6] Si consenta il riferimento a R. Rolli, L’informazione antimafia come “frontiera avanzata” (Nota alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3641 dell’8 giugno 2020), in Questa rivista, 3 luglio 2020

[7] V., tra i tanti, TAR Calabria, Reggio Calabria, 3.08.2023, n. 661; 23.09.2022, n. 633

 
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