La dura vita delle mamme in Italia, una su cinque abbandona il mondo del lavoro – .

La dura vita delle mamme in Italia, una su cinque abbandona il mondo del lavoro – .
La dura vita delle mamme in Italia, una su cinque abbandona il mondo del lavoro – .

Sono costantemente in bilico tra lavoro e famiglia, e sempre più spesso decidono di rinunciare alle proprie aspirazioni a causa del peso delle cure che grava soprattutto sulle loro spalle. Sono le mamme lavoratrici, le “funamboli” secondo la definizione di Save the Children, che pubblica oggi per il nono anno consecutivo il rapporto sulla maternità in Italia. La fotografia che emerge dal rapporto 2024 è impietosa: il 72,8 per cento delle conferme di dimissioni tra i neo genitori riguardano le donne. Non solo, una persona su cinque lascia il mercato del lavoro dopo il congedo di maternità. A pesare su di loro non sono solo la mancanza di sostegno alla genitorialità e le difficoltà di accesso al mondo del lavoro, ma anche le disparità territoriali. In testa alle regioni più “amiche delle mamme”, secondo la classifica elaborata in esclusiva dall’Istat per il rapporto Save the children, ci sono la Provincia autonoma di Bolzano, l’Emilia-Romagna e la Toscana. Fanalino di coda, invece, è la Basilicata, insieme a Campania e Sicilia.

Lo studio ricorda inoltre che il 2023 ha registrato un nuovo minimo storico di nascite in Italia, ormai stabilmente sotto le 400mila unità, con un calo del 3,6% rispetto all’anno precedente. «Le donne scelgono di non avere figli o di averne meno di quelli che vorrebbero: nella popolazione femminile in età fertile, convenzionalmente definita tra i 15 e i 49 anni, il numero medio di figli per donna, infatti, è di 1,20, in calo rispetto a 2022 (1.24) – si legge nel dossier -. La contrazione della natalità che accompagna da decenni l’Italia coinvolge ormai anche la componente straniera della popolazione (nel 2023 si avranno 3.000 nascite in meno rispetto all’anno precedente)”.

L’Italia è anche il Paese europeo con l’età media più alta delle donne alla nascita del primo figlio (31,6 anni), con una percentuale significativa di primi nati da madri over 40 (8,9%, tasso inferiore solo a quello della Spagna) ). Secondo Save the Children il posticipo della maternità e la bassa fecondità sono il risultato di numerose concause, ma più aumenta la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, più aumenta il tasso di fecondità. Eppure in Italia il tasso di occupazione femminile (15-64 anni) lo scorso anno era pari al 52,5%, un valore inferiore di 13 punti percentuali rispetto alla media dell’Unione Europea (65,8%).

«In Italia si parla tanto di crisi natalità, ma non si presta abbastanza attenzione alle condizioni concrete di vita delle mamme – sottolinea Daniela Fatarella, direttore generale di Save the Children Italia – Occorre intervenire in modo integrato su molteplici livelli. Oggi la nascita di un figlio rappresenta uno dei principali fattori di impoverimento del nostro Paese. Dobbiamo sanzionare ogni forma di discriminazione legata alla maternità, rendere obbligatori i controlli familiari e promuovere la piena applicazione della legge sulla parità retributiva”.

Secondo l’organizzazione è inoltre necessario garantire che i neonati abbiano accesso ai servizi educativi per la prima infanzia e alle cure pediatriche. «Gli esempi europei ci sottolineano come, affinché le riforme abbiano un effetto positivo sul benessere delle famiglie, e quindi indirettamente anche sulla fecondità, esse devono essere stabili – aggiunge Fatarella -. Le frequenti riforme e inversioni delle politiche familiari le rendono imprevedibili, inaffidabili e confuse, con un impatto potenzialmente negativo sulle famiglie e sulle donne in particolare”.

 
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