Dalle proteste delle Camicie Rosse in Thailandia allo scoppio della guerra civile in Ucraina, dai combattimenti per la liberazione del territorio libico e del Nord Africa, dalle forze dello Stato Islamico al viaggio pastorale di Papa Francesco in Iraq, Gabriele Micalizzi (Milano, 1984) è stato testimone e narratore di alcuni degli eventi più importanti della storia contemporanea. Il fotoreporter, che ha iniziato con l’arte dei graffiti e dei tatuaggi e che è tra i fondatori di collettivo fotografico Cesura – anche laboratorio e casa editrice, composto da Arianna Arcara, Francesco Bellina, Stefania Bosso, Edoardo Comba, Giorgio Dirindin, Maria Elisa Ferraris, Chiara Fossati, Giacomo Liverani, Alex Majoli, Claudio Majorana, Valentina Neri, Andy Rocchelli, Alessandro Sala, Giorgio Salimbeni, Luca Santese, Marco P. Valli, Marco Zanella e Alex Zoboli –, in mostra Eredità. Materia-Storia-Identità– programmato fino al 1 settembre 2024 al Museo Santa Giulia di Brescia – trova l’occasione di presentare oltre 50 scatti, tra lavori pubblicati e lavori sperimentali.
La fotografia secondo Gabriele Micalizzi
Tra scatti umanitari, sociali e artistici, Micalizzi – che negli anni ha lavorato per testate nazionali e internazionali come il New York Times, The Guardian, International, Wall Street Journal, ma anche WSJ, Die Zeit E le Monde – parla delle Sale degli Affreschi del Museo di Santa Giulia a Brescia (dove è possibile ammirare anche aUltima cena fine Quattrocento) con un progetto site-specific che riflette non solo su quanto accade oggi nel mondo ma anche sul ruolo stesso della fotografia, messa in crisi dall’arrivo degli smartphone che hanno portato a un flusso di immagini così incontrollabile come per rendere attendibile la valutazione di uno scatto come testimonianza storica: “la fotografia sta attraversando una guerra intrinseca, ha perso fisicità e quindi, di conseguenza, dignità. A maggior ragione con l’intelligenza artificiale, per questo si parla di metafotografia”, racconta l’artista ad Artribune.
L’articolo continua qui sotto
Gabriele Micalizzi e la mostra al Museo Santa Giulia di Brescia. Le sezioni
La mostra Eredità. Materia-Storia-Identità si apre con la presentazione di alcuni giornali per i quali Micalizzi ha lavorato, corredati dai video dei suoi più importanti reportage dai teatri di guerra: “qui parlo di fotogiornalismo e di come un tempo si consumavano le immagini, gli i-pad con gli schermi retroilluminati segnano il passaggio dal cartaceo al digitale. Il concetto stesso della mostra è proprio il modo in cui il mezzo contamina il linguaggio”, spiega il giornalista. In una seconda stanza 12 fogli di contatto (fotografie ottenute direttamente dal negativo mediante stampa a contatto) sono accompagnati da alcuni negativi ingranditi posizionati su lavagne luminose, per approfondire il processo decisionale dell’artista, dalla selezione degli scatti alla stampa. A una serie di stampe fotografiche ai sali d’argentosegue un grande polittico composto da quattro pannelli e dedicato all’arte sacra e ai luoghi in cui è custodita, mentre le immagini della persecuzione dei cristiani da parte dell’Isis e quelle scattate in Iraq durante il viaggio di Papa Francesco, oltre a una griglia di 16 tra le fotografie più iconiche e conosciute di Micalizzi realizzato tra il 2009 e il 2024.
Gabriele Micalizzi e la mostra al Museo Santa Giulia di Brescia. Opere site-specific
L’ultima sezione della mostra è dedicata al lavoro sperimentale del reporter: gli “affreschi fotografici site specific”, culmine della sua evoluzione artistica ispirati all’antica tecnica dell’affresco, creano impressioni fotografiche sulle pareti, preparate con un’emulsione fotosensibile che dà tre -dimensionalità: “Ho avuto questa intuizione nel 2012, mentre mi trovavo a Gaza durante un blackout. Ho pensato di approfittare di quella situazione per far diventare la città stessa una camera oscura, per stampare fotografie direttamente sugli edifici. Là il muro come supporto fisico lascia un segno indelebile, sfidando l’effimero della fotografia digitale e il deterioramento del supporto cartaceo nel tempo”, conclude Micalizzi.
Caterina Angelucci
Artribune è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato