i lavoratori non avrebbero dovuto essere lì – .

i lavoratori non avrebbero dovuto essere lì – .
i lavoratori non avrebbero dovuto essere lì – .

Si calarono nella cisterna pur dovendo restare fuori e tentarono di sbloccare la sonda di spurgo, ma il tappo dello scarico che impediva il lavoro saltò e gli operai furono investiti da una massa di rifiuti e gas che li uccise. Tre di loro sono caduti sul fondo della vasca, poi altri tre compagni hanno tentato di soccorrerli, ma sono stati colpiti anche loro dall’idrogeno solforato: due sono morti e un altro era in fin di vita.

La ricostruzione della strage di Casteldaccia è al centro del lavoro degli inquirenti. Sulla tragedia avvenuta nello stabilimento Amap di via Nazionale è stata aperta un’inchiesta con l’ipotesi di omicidio colposo plurimo, ma ci sono ancora alcuni punti poco chiari sulla sorte dei cinque operai uccisi dal gas killer. A partire dal motivo per cui gli operai si sono calati nella struttura senza dispositivi di sicurezza e protezioni e hanno trovato la morte. Una scelta che, alla luce delle indagini, sa di imprudenza. Al momento si procede contro ignoti e non ci sarebbero indagati ma in vista delle autopsie, previste tra oggi e domani, diverse persone dovrebbero ricevere diffida anche per la necessità di nominare propri consulenti per gli esami scientifici presso l’Istituto di Medicina Legale.

Le indagini, condotte dagli investigatori della Squadra Mobile per conto della Procura di Termini Imerese, vanno avanti a ritmo serrato da due giorni. La polizia ha sequestrato i documenti relativi ai lavori all’Amap e all’azienda Gruppo Quadrifoglio di Partinico, che aveva subappaltato gli interventi all’ex azienda municipale. Sono stati sequestrati anche il luogo della tragedia e il mezzo per lo spurgo della cisterna che sarebbe dovuto essere utilizzato lunedì mattina, oltre alla sede della società in via Milano a Partinico. Il pubblico ministero Ambrogio Cartosio e gli agenti hanno già ascoltato il direttore dei lavori, l’ingegnere dell’Amap Gaetano Rotolo, responsabile anche della sicurezza del cantiere, ma anche i tre operai sopravvissuti. Il quarto, Domenico Viola, è ricoverato in condizioni disperate al Policlinico. La raccolta delle testimonianze è fondamentale per la ricostruzione della tragedia di Casteldaccia, dove gli operai erano già stati un paio di volte per svuotare la cisterna e rimettere a livello stradale i tombini coperti dall’asfalto. Uno degli operai ha detto che sarebbe stato un lavoro di routine e che avevano già effettuato interventi almeno due volte in precedenza. Ma qualcosa è andato storto e quel tentativo di sbloccare la sonda collegata al dispositivo di spurgo si è rivelato fatale.

Sembra che la pompa di spurgo non riuscisse a funzionare correttamente e che il socio della Quadrifoglio, Epifanio Alsazia, 71 anni, abbia deciso di entrare all’interno della vasca per portare avanti i lavori. Al suo seguito c’erano almeno un paio di operai che, dopo la rottura del tappo delle fognature, furono uccisi insieme ad Alsace cadendo nella pozzanghera al piano inferiore dello stabilimento. Altri tre si sono abbassati e sono stati investiti dal gas. In tutto i morti furono cinque mentre Viola fu estratta ancora viva dai soccorritori. Oltre all’Alsazia, Giuseppe La Barbera, 28 anni, palermitano, unico lavoratore temporaneo dell’Amap, Ignazio Giordano di Partinico, 57 anni, Giuseppe Miraglia, 47 anni, di San Cipirello, Roberto Raneri, cinquantuno anni vecchi di Alcamo, persero la vita. I sopravvissuti, oltre a Viola, sono Giovanni D’Aleo, Giuseppe Scavuzzo e Paolo Sciortino, trasportati negli ospedali di Termini Imerese e al Policlinico. Sono stati loro a ricostruire il racconto della tragica mattinata di Casteldaccia e a ricostruire le varie fasi della vicenda. «Ho lavorato fino alle 10 in vasca e tutto è filato liscio. Mi ha dato il cambio mio cugino Giuseppe Miraglia (una delle vittime, ndr.) – ha detto D’Aleo -. Poi è successo qualcosa di inaspettato. Ho subito capito che era successo qualcosa di grave e ho lanciato l’allarme”. Sciortino ha aggiunto: «Non era la prima volta che intervenivamo, abbiamo già lavorato lì altre due occasioni e non c’era questa situazione, stavolta è successo qualcosa, forse è scappata una bolla di gas. Per noi è stata un’operazione di routine”. Ed è stato Sciortino a riferire che Alsazia «è stata la prima a recarsi allo stabilimento. Poteva godersi la pensione e invece è sempre stato il primo a intervenire. Ha detto che voleva andare.”

La scelta dell’Alsazia di scendere all’interno si è rivelata fatale. La squadra – che secondo indiscrezioni avrebbe chiesto al direttore dei lavori e al responsabile della sicurezza dell’Amap l’autorizzazione a lavorare all’interno dello stabilimento – non era dotata di respiratori artificiali né di maschere, dispositivi necessari per operare in determinate condizioni. E le indagini si concentrano proprio su questo aspetto della sicurezza sul lavoro. Alcuni esperti, inoltre, sottolineano che prima di entrare in ambienti come i serbatoi delle acque luride, è necessario utilizzare il gas alert, un dispositivo che permette di rilevare gli agenti inquinanti. Lo strumento è stato utilizzato dai vigili del fuoco prima di intervenire nella fogna. Questo stesso strumento ha rilevato la presenza di idrogeno solforato in quantità dieci volte superiori al limite di sicurezza: si tratta di un gas prodotto dalla degradazione batterica, incolore ed estremamente tossico perché irritante e asfissiante. L’Alsazia, tra le altre cose, era responsabile della sicurezza del Quadrifoglio. Mentre Barbera, il precario dell’Amap che aveva le funzioni di ispettore, doveva vigilare sulle transenne poste in strada. Ha anche cercato di aiutare gli operai nel carro armato ma è stato ucciso.

E bisognerà capire cosa ha causato una concentrazione così alta di gas letale. Gli inquirenti si concentrano anche sulla formazione dei lavoratori, qualora fossero specializzati in lavori di questo tipo. Alcuni sindacalisti hanno affermato che non avrebbero preso parte ai corsi di formazione e che non avevano qualifiche adeguate. Accuse gravi che, una volta avvenuta la tragedia, gettano ulteriori ombre sul mondo del lavoro siciliano.
Un collega degli operai del Quadrifoglio sostiene che la squadra intervenuta a Casteldaccia era esperta: «Lavoriamo nel settore da diversi anni, sia per quanto riguarda le fognature che gli acquedotti. Quadrifoglio opera con appalti nelle province di Palermo e Trapani – precisa Alfredo Partexano -. Quello svolto a Casteldaccia, per conto dell’Amap, è una tipologia di lavoro abbastanza frequente. Fa parte della routine.” Il lavoratore non riesce a spiegare cosa sia successo ai colleghi, che conosceva bene: «Ci siamo visti in azienda anche se mi occupo di un altro settore, quello dell’amianto. Acquistiamo regolarmente dispositivi di sicurezza che vengono utilizzati negli interventi. La nostra è un’azienda specializzata e la squadra che è intervenuta a Casteldaccia era esperta. La nostra azienda tiene molto alla sicurezza. Sarei sorpreso se si scoprisse che non avevano dispositivi di protezione”. Ma la scelta di calarsi nella vasca gli è stata fatale.

 
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