Pistoia, condannata l’ambasciata brasiliana per l’ingiusto licenziamento di Mario Pereira Il Tirreno – .

Pistoia, condannata l’ambasciata brasiliana per l’ingiusto licenziamento di Mario Pereira Il Tirreno – .
Pistoia, condannata l’ambasciata brasiliana per l’ingiusto licenziamento di Mario Pereira Il Tirreno – .

PISTOIA. «Mio padre si starà rivoltando nella tomba.» Questa frase, citata dai media, pone Mario Pereira, figlio del primo custode del cimitero militare brasiliano di San Rocco e a sua volta custode dopo la morte del padre, al centro delle attenzioni dell’ambasciata brasiliana, che lo licenziò su due piedi.
Il caso
La frase di Pereira si riferiva alla visita dell’allora presidente Jair Bolsonaro, nel novembre 2021, al cimitero di San Rocco. Pereira si è opposto al licenziamento e, tramite l’avvocato Marica Bruni, del Tribunale di Pistoia, ha fatto riconoscere le sue ragioni. Il giudice del lavoro del tribunale di Pistoia, Giulia Pecchioli, ha infatti stabilito che il licenziamento era illegittimo. In forza di tale sentenza Pereira ottenne un adeguato risarcimento pecuniario ed il pagamento dei contributi previdenziali dovuti. La parola “fine” a questa vicenda è arrivata al termine di un confronto teso tra le parti, come ha affermato il suo avvocato, esperto di diritto del lavoro Marica Bruni: «C’è stato un vizio procedurale, il giudice non è entrato nel merito del licenziamento . L’ambasciata aveva fretta di licenziare perché riteneva, a torto, che Pereira non potesse esprimere pareri critici nei confronti del presidente Bolsonaro. Il licenziamento del mio cliente è avvenuto senza che vi fosse alcuna base giuridica e su questo non abbiamo mai avuto dubbi. Forti delle nostre convinzioni abbiamo proposto all’ambasciata un accordo transattivo che però non è stato accettato. Siamo quindi giunti a sentenza, ottenendo la piena soddisfazione delle nostre richieste”.
Storia
Il legame che univa, e unisce tuttora, Mario Pereira al monumento votivo, è a dir poco viscerale. Il padre Miguel, ex combattente del corpo di spedizione brasiliano in Italia, dove rimase dopo aver sposato la madre, la pistoiese Giuliana Menichini, fu custode dell’ex cimitero brasiliano dal 1947 al 1960, poi, dal 1966 al 2003, dell’ex cimitero monumento che prese il posto del cimitero quando i corpi dei combattenti furono portati in Brasile alla fine degli anni ’50. Mario Pereira venne quindi assunto anche dall’ambasciata brasiliana nel 1997. Le difficoltà inevitabilmente si sommarono sulle spalle del padre e l’ambasciata ritenne opportuno fornirgli un aiuto, che venne individuato proprio nel figlio che, nel corso degli anni, anche ebbe il ruolo di ricercatore e divulgatore delle imprese delle forze armate brasiliane in Italia: «Oltre a pensare alla manutenzione del monumento, favorii la costruzione di monumenti ai soldati brasiliani a Borgo a Mozzano, Camaiore e Massarosa, località hanno liberato. Inoltre, ho favorito la riscoperta della cappella votiva di Staffoli, costruita dai soldati brasiliani ivi acquartierati e dedicata alla Madonna di Lourdes”. I rapporti tra Mario Pereira e il suo datore di lavoro procedettero senza problemi fino alla presidenza di Dilma Roussef. Successivamente, con le presidenze prima di Temer e poi di Bolsonaro, i rapporti si sono deteriorati, come sostiene Pereira: «Nel 2019 è stato inviato appositamente dal Brasile un nuovo responsabile del monumento. Mi sono trovato praticamente retrocesso, anche nelle attività di divulgazione. Poi è arrivata la pandemia e tutto si è fermato fino al 2021”. La vicenda tra Mario Pereira e l’ambasciata brasiliana a Roma risale al novembre 2021, quando l’allora presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, visitò il monumento votivo. In quell’occasione Mario Pereira espresse pubblicamente il suo parere sulla presenza del presidente brasiliano: “Penso che mio padre si rivolterà nella tomba nel vedere quel presidente in visita a questo monumento”. Questa affermazione, ampiamente diffusa dalla stampa, non è stata apprezzata dal governo brasiliano che il 19 novembre ha inviato a Mario Pereira una lettera di licenziamento, alla quale l’ex custode si è opposto con una causa al tribunale del lavoro. «Ho accettato di buon grado l’incarico – spiega l’avvocato Bruni – Trattandosi di controparte di uno Stato estero non è possibile chiedere la reintegrazione nel posto di lavoro ma il compenso ottenuto è più che soddisfacente».

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