Perché Arezzo in questi due anni ha lavorato. E cosa aspettarci adesso – .

lo staff in posa con la Coppa di Serie D

Il taglio netto con il passato, il progetto Giovannini abortito, l’asticella da alzare, il nuovo corso. Addio continuità

Paolo Giovannini non è più il direttore generale dell’Arezzo perché non ci sono più i presupposti. IL dichiarazione congiunta, la risoluzione consensuale, rappresentano una versione diplomatica e civile dell’evento che certamente contiene un fondo di verità ma è frutto dell’accordo che le parti hanno trovato per chiudere la vicenda senza massacrarsi a vicenda: non parlo male di voi, non parli male di me. Fa parte della logica delle cose e ognuno ha il diritto/dovere di salvaguardare la propria attività. Poi se ne occuperà lui tempo, che è sempre il miglior medico, per curare le ferite e risolvere la questione. La società ha scelto di cambiare rotta, Giovannini ha scelto di rescindere il contratto senza protrarlo. Una decisione legittima ma che porta con sé il carico di criticità.

Il primo, il più eclatante, è che si rompe all’improvviso Circolo virtuoso scattato due anni fa. Se ad Arezzo abbiamo vissuto uno dei due anni più floridi, sereni e produttivi della storia centenaria di questo club, è grazie a Paolo Giovannini. Altri hanno contribuito ma lui ha fatto il grosso, portando quelle qualità che molti sottovalutano e che invece sono fondamentali: equilibrio, buon senso, competenza. Il calciomercato è importante ma ancora più importante lo è gestione. E Giovannini in questo è stato un maestro. Ha fatto da scudo alla squadra e all’allenatore, ha ridato slancio alla società, ha ricomposto un ambiente che al suo arrivo era polverizzato. Lo ha fatto intervenendo in poche circostanze ma sempre quando ce n’era bisogno. E quando parlava riusciva a rassicurare, cosa rara in un mondo pazzo come questo. Ci è riuscito grazie a un dono che non si compra, o ce l’hai o non ce l’hai: la credibilità.

Paolo Giovannini con il presidente Guglielmo Manzo

Inoltre, dettaglio non proprio marginale, ha portato il risultati che sono sotto gli occhi di tutti. E non riguardano solo la promozione in D con tre giornate d’anticipo o l’ottavo posto in C con annessi playoff. Riguardano la scelta di giocatori giovani migliorati in termini di rendimento in campo e di valore economico, la cautela nell’evitare passi troppo lunghi (a costo di puntare su acquisti poco attraenti), l’armonia con cui il La piazza ha potuto godere, nelle ultime due stagioni, della vicinanza che sponsor e tifosi hanno dimostrato, ricreando una clima fertile come non viviamo da tempo immemorabile. Anche in questo caso la credibilità del progetto dipendeva in gran parte dall’ex direttore generale.

Sono tutte cose che chi segue Arezzo conosce bene ma che meritano di essere ribadite. Come va ribadita una sfumatura che alcuni non colgono: le persone, al di là della solida stima personale e professionale nei suoi confronti, non avevano sposato Paolo Giovannini ma la sua idea di calcio. Non è che adesso ci sia preoccupazione perché andrà a lavorare altrove, c’è preoccupazione perché riproporre quel modello che lui impersonava, rigenerare quell’unità di intenti, riconquistare quella fiducia non sarà facile. Se fosse un compito da bambini, tutte le aziende riuscirebbero al primo tentativo. Invece la realtà è diversa e racconta, anche nel nostro Paese, di tentativi anche recenti falliti, miseramente falliti per inesperienza, inettitudine, incapacità, incompatibilità. Non sarà facile anche perché il. ora è stato nuovamente instillato nell’ambiente verme dell’incertezza. Emblematica la vicenda del contratto decennale stipulato a Giovannini in autunno e stracciato in primavera. O c’era superficialità prima o c’era adesso: non c’è scampo e non è un buon segno.

L’ultimo saluto del pubblico alla squadra dopo la vittoria sul Sestri Levante

La vera questione riguarda i motivi che hanno portato a questa rottura, con la situazione che improvvisamente è peggiorata. Solo il 26 gennaio Guglielmo Manzo, sul palco del teatro Pietro Aretino, ha elogiato il suo amministratore delegato (nonché consigliere d’amministrazione) definendolo l’uomo del cambiamento, l’esperto di calcio che vede bianco dove gli altri vedono nero, il professionista apprezzato per la sua onestà. Ed era assolutamente sincero. Poi il forte rapporto tra Manzo e Giovannini si è sgretolato bruscamente, anche se il cambiamento era nell’aria da tempo. Perché sia ​​avvenuta, resterà nelle pieghe di una separazione inaspettata e traumatica. Quello che è certo è che Giovannini voleva continuare la sua carriera processo di ristrutturazione all’interno del club, operazione che non potrà portare a termine. La frase contenuta nel comunicato congiunto, relativa al “riconoscimento che la società ha bisogno di una diversa organizzazione per perseguire gli obiettivi sportivi e aziendali dichiarati” può essere interpretata in molteplici modi. Ognuno può farlo secondo la propria sensibilità e la tua visione generale.

È illogico e infondato pensare che il presidente, che non ha fatto quasi nulla di male negli ultimi due anni, dimostrando umiltà nel correggere i propri errori, che ha saputo guadagnarsi con i fatti una stima trasversale, voglia ridurre i suoi ambizioni. Il punto è che il progetto originario, che tanti risultati ha portato in questi due anni, è stato abortito, eclissato con l’addio di Giovannini. Adesso c’è un’altra cosa, con altri protagonisti in prima linea, altri programmi di studio, altri modi di fare le cose. Chi era alla guida fino a due giorni fa lascia un’eredità molto confortevole dal punto di vista tecnico (perché la base della squadra è competitiva) e scomoda dal punto di vista ambientale (perché alzando l’asticella, dopo aver intrapreso la strada del discontinuità, diventa un compito ancora più difficile). Il calcio si può fare anche senza Giovannini ovviamente ma non senza di lui conoscenza. L’auspicio è che questa rottura netta con il recente passato venga assorbita senza soluzione di continuità. Poi, alla presentazione del nuovo organigramma, con l’onestà intellettuale che è sempre dovuta a chi legge, capiremo quanto e se fidarci del nuovo corso amaranto.

 
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