Il Piemonte frena le cooperative rosse. Le squadre restano senza medici – .

Il Piemonte frena le cooperative rosse. Le squadre restano senza medici – .
Il Piemonte frena le cooperative rosse. Le squadre restano senza medici – .


Stefano Rizzi 07:00 venerdì 24 maggio 2024

Stabilire regole rigide per le aggregazioni future. Porta chiusa ai sanitari forniti dalle cooperative. La Regione interviene nell’accordo tra Fimmg e Legacoop. Pertanto in molte zone l’AFT non potrà iniziare a causa della mancanza di personale


L’assalto delle cooperative alla diligenza nel nuovo sistema dei medici di famiglia resta un’ipotesi e per certi versi un timore non del tutto ingiustificato da Nord a Sud del Paese. La certezza è che il Piemonte, con la sua carenza di oltre 600 medici, rappresenta una vasta prateria che la Regione, nel serrato confronto con i sindacati che a loro volta hanno posizioni spesso opposte, ha però recintato con una serie di paletti, saldamente piantati lungo l’accordo siglato nei giorni scorsi fa dalle sigle rappresentative della categoria e dal presidente Alberto Cirio.

Un modello, quello delineato con tanti punti fermi dalla dirigenza Sanitaria governata Antonino Sottilea cui potrebbero seguire altre Regioni chiamate ad attuare entro la fine dell’anno la riforma della medicina territoriale nella parte in cui è prevista l’istituzione del A poppaovvero le aggregazioni funzionali territoriali che con gruppi di professionisti sostituiranno il classico ambulatorio del medico di famiglia, ampliando la copertura oraria del servizio.

Come abbiamo scritto ieri, un protocollo tra il Filmgil principale sindacato dei medici di base, e il colosso associativo Legacoop apre la strada alla costituzione di cooperative mediche che a loro volta costituiranno l’Aft. Un percorso che porterebbe anche al possibile utilizzo delle professionalità sempre fornite dal sistema cooperativo per colmare i posti mancanti nelle aggregazioni funzionali territoriali nonché negli ospedali di comunità previsti dal Pnrrnon senza trascurare uno stretto legame con l’assistenza sanitaria integrativa, cioè con le assicurazioni e con i fondi sanitari, settore che genera profitti crescenti per le cooperative.

E non poche tracce di quel protocollo sono finite sul tavolo al quarto piano del grattacielo della Regione durante le lunghe ore di discussione, con la Fimmg che spingeva per la firma e le altre due sigle, Snami e Smi, molto più caute, che chiedevano ulteriori riflessioni. Tra le questioni che furono lungamente dibattute e che portarono poi a cambiamenti sostanziali e ai vincoli sopra citati, c’era l’apparentemente naturale rivendicazione da parte del principale sindacato di autonomia nell’organizzazione e nella gestione dell’Aft. “Autonomia organizzativa” che è citata testualmente nel protocollo siglato con Legacoop e che non è cosa da poco.

Nell’accordo siglato con la Regione questo aspetto in Piemonte ha preso una direzione diversa da quella espressa nel patto nazionale tra la Fimmg e il colosso (erede) delle coop rosse. Quanto pesa sul governo il centrodestra, già pronto per il secondo quinquennio, non è noto ma di certo il risultato finale è una lucidatura pesante del sistema cooperativo storicamente e chiaramente di opposizione. Restando su basi tecniche, le note a margine di Sottile, trasformate poi in punti salienti dell’accordo, hanno infatti riportato o mantenuto in mano pubblica l’intera organizzazione e gestione dei gruppi dei medici di famiglia che il loro sindacato più grande avrebbe voluto, appunto, autonomo.

Resta da vedere cosa accadrà nel resto del Paese, ma in Piemonte – prima regione a firmare l’integrazione – una cosa è certa: negli AFT a cui si rivolgeranno i cittadini che si recano presso l’ambulatorio del medico di famiglia, non poter operare come token dealer o comunque professionisti esterni forniti dalle cooperative. Ciò avviene anche nel caso in cui il numero degli operatori sanitari non raggiunga quello stabilito in base al bacino di popolazione. In effetti, proprio questa circostanza è una delle possibili applicazioni del protocollo Fimmg-Legacoop. E la carenza di oltre 600 professionisti lascia facilmente intendere che saranno molte le zone del Piemonte dove non si raggiungerà il numero di medici previsto per le nuove strutture.

Tuttavia, il muro agli “esterni” resta insormontabile: nelle AFT potranno operare solo i medici di medicina generale iscritti nell’elenco regionale. E se non viene raggiunto il numero sufficiente per l’aggregazione, non ci sarà alcuna aggregazione. È il costo da pagare della linea dura, volta a evitare di ritrovarci sul territorio in tempi brevi mentre ci ritroviamo già in ospedali con personale esterno e costi sempre più alti. Ma il dibattito pubblico sul nuovo modello del medico di famiglia tocca anche altri punti, solo apparentemente di scarsa importanza. I turni dei medici di ogni Aft, che risponderanno alle chiamate dei pazienti dalle 8 del mattino alle 8 di sera coprendo un orario molto più ampio di quello attuale, non saranno stabiliti da loro, ma dal distretto sanitario. Un’altra posta in gioco in quella che non sarà una prateria, ma che con la carenza di camici bianchi rischia di diventare un deserto.

 
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