“Esilio in Argentina e in Italia. La mia Adelaida, madre violata e artista, simbolo di libertà” – .

“Esilio in Argentina e in Italia. La mia Adelaida, madre violata e artista, simbolo di libertà” – .
“Esilio in Argentina e in Italia. La mia Adelaida, madre violata e artista, simbolo di libertà” – .

Adrián N. Bravo, cosa si prova a partecipare alla carovana del Premio Strega che gira per l’Italia per presentare i dodici finalisti?

“Emozione e curiosità, siamo un bel gruppo e la gente nelle varie città che visitiamo, anche quelle più piccole, arriva con entusiasmo e affetto.”

Sei entrato nella dozzina con Adelaida (Nutrimenti), proposta da Romana Petri, la biografia romanzata di Adelaide Gigli, nel titolo con la “a” spagnola, doppiamente esiliata: dall’Italia all’Argentina nel 1931 a causa del fascismo, dall’Argentina all’Italia nel 1976 per l’ascesa al potere del generale Videla. Qual è la funzione del suo libro?

“La memoria. Credo sia fondamentale che la sua figura non vada perduta. Era una donna molto rappresentativa che riassume il secolo scorso e l’inizio di questo. Vale la pena preservare la sua memoria individuale che rappresenta una memoria collettiva”.

Adelaide è nata a Recanati nel 1927 (e ivi morta nel 2010) figlia di un importante artista, Lorenzo Gigli. Voi invece siete nati a Buenos Aires e poi avete seguito la strada opposta: vi conoscevate già?

«No, abitavamo a dieci isolati dalla famiglia Gigli, nel barrio San Fernando, ma in realtà il primo incontro con Adelaide è avvenuto qui. Sono nato nel 1963 da padre marchigiano e madre molisana e sono arrivato in Italia quando avevo 24 anni. Recanati è stato il nostro comune punto di approdo”.

Adelaide Gigli ricordava qualcosa della sua infanzia nelle Marche?

“Molto piccola, aveva quattro anni quando partì per l’Argentina dove ha sempre vissuto in una metropoli, Buenos Aires, respirandone la vita urbanizzata, caotica e festaiola, ma anche molto alta culturalmente. È stata tra i fondatori e unica donna nella redazione di un’importante rivista culturale, Contorno. Una femminista che credeva nell’uguaglianza di genere e si batteva in ogni modo affinché le donne fossero protagoniste della storia, mostrando anche il suo corpo nudo in diverse occasioni, come simbolo della dittatura di libertà instaurata il 24 marzo 1976. Alla fine di quell’anno era nuovamente esiliato dopo che la figlia Mini è finita nel vortice degli scomparsi il 29 agosto”.

Il romanzo inizia con la scomparsa della figlia di Adelaide, Mini: come è accaduto e come lo ha raccontato?

“Ho lasciato alla mia fantasia come è avvenuto l’arresto, conoscendo i luoghi dove è stata vista l’ultima volta, all’ingresso dello zoo di Buenos Aires dove andavo da bambina con i miei genitori. La verità storica è però accertata: Mini affida la figlia Inés a una coppia sconosciuta per salvarla. Dovrà incontrare altri coscritti allo zoo, ma una spia tradisce il gruppo e di lei non si saprà più nulla.

Nemmeno il secondo figlio di Adelaide, Lorenzo Ismael, avuto anche lui dallo scrittore David Viñas e poi finito nei “montoneros”, i guerriglieri della sinistra peronista…

“Adelaide segue da lontano la storia di suo figlio che combatte sul campo la dittatura. Probabilmente finirà nel 1980 nel Rio de la Plata lanciato da un aereo militare in uno dei famigerati viaggi della morte.

A quel punto Adelaide è già a Recanati. Arriverà dopo più di un anno e una lunga permanenza in Brasile. Com’è l’impatto?

“Non conosce nessuno e non ha parenti stretti. Ha però l’indirizzo di un caro amico di suo padre e si rivolge a lui”.

Come vive la nuova dimensione?

“All’inizio le manca la grande città, poi viene catturata da un ambiente che le permette di continuare a lavorare sulla scrittura e sull’arte plastica”.

C’era qualcosa che ti affascinava particolarmente del villaggio di Leopardi?

«Sì, ricordando come Buenos Aires fosse diventata per lei una città prigione, scrisse a un’amica: è incredibile qui, ci sono cinque porte e posso entrare e uscire da ognuna senza alcun problema».

Vi incontravate tutti i giorni e vi siete rivisti anche durante l’ultimo viaggio di Adelaide in Argentina. Le aveva affidato il suo archivio e i suoi ricordi: perché il libro è arrivato solo più di tredici anni dopo la sua morte?

“Ho dovuto aspettare per poter scrivere di Adelaide. L’emozione di quell’incontro e il dolore di toccare certi temi dovevano sedimentarsi in me. Solo dopo aver avuto altro materiale da un nipote e aver colmato alcune lacune ho voluto ricordarla. Ho scritto il primo capitolo, mi è piaciuto e sono andato avanti. Adelaide resta una figura centrale: ha vissuto le atrocità del Novecento, è stata una grande artista, una donna e una madre violata”.

Recanati dedicò ad Adelaide una piazza, la sala della Galleria d’arte, espose le sue opere e creò un giardino in nome dei suoi figli. C’è una targa scritta da Adelaide che ti ha chiesto di riempirla con alcuni versi: quali hai scritto per la tua amica e la sua famiglia?

“Le parole interrotte/ i sentieri scomparsi/ nulla può fermare la mano/ che incide sulla storia”.

 
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