Israele e Palestina. L’Italia cambia rotta e torna a essere vicina. Come ai tempi di Moro – .

Israele e Palestina. L’Italia cambia rotta e torna a essere vicina. Come ai tempi di Moro – .
Israele e Palestina. L’Italia cambia rotta e torna a essere vicina. Come ai tempi di Moro – .

Eppure (l’Italia) si muove. L’accoglienza riservata sabato al nuovo premier palestinese da parte del premier Meloni e del ministro degli Esteri Tajani ha segnato un cambio di passo per l’Italia nella crisi mediorientale. Un progressivo ritorno all’equidistanza, nella convinzione che senza di essa non sarà mai possibile costruire la pace in Medio Oriente e che l’amicizia con Israele, che nessuno nega, da sola non porterà alla stabilità della regione. Ed emerge anche l’abbandono dell’attendismo, la voglia di “sporcarsi le mani”. Sono intuizioni che hanno avuto Aldo Moro e Giulio Andreotti, oltre che Bettino Craxi. E che, d’accordo con l’altra sponda dell’Oceano, l’Italia riscopre.

A riprova che l’argomento scotta, Giorgia Meloni ieri ha dato il massimo. “L’antisemitismo latente – ha detto a ‘In 1/2 ora’ su Rai 3 – è preoccupante e problematico, ma quello che vedo è che Israele rischia di cadere nella trappola che gli hanno teso i fondamentalisti. Va ribadito che Israele deve rispettare il diritto internazionale. Dobbiamo lavorare per un cessate il fuoco sostenibile, per il rilascio di tutti gli ostaggi, penso che dobbiamo impedire l’ingresso di Israele a Rafah. Penso che dobbiamo rafforzare l’autorità nazionale palestinese: questo ho detto ieri al primo ministro palestinese, è un passo fondamentale se vogliamo costruire una prospettiva di pace stabile e duratura. Sarebbe un errore se cominciassimo a parlare di “due popoli, due Stati” una volta finita la crisi. E l’Italia sta giocando un ruolo”.

Queste sono parole non circostanziali. Ma tra gli esperti le interpretazioni sono diverse. “Alla luce della visita di ieri del premier palestinese, ricevuto con tutti gli onori dal premier Meloni – osserva il professor Giorgio Cella, analista della Fondazione Med-Or – è evidente la volontà del governo italiano di chiarire la propria posizione sullo scenario mediorientale . Questo atteggiamento mira infatti a riportare, come indica la sua tradizione politico- diplomatica repubblicana, l’Italia ad essere l’ago della bilancia nel Mediterraneo, una potenza diplomatica, e quindi una potenza di mediazione regionale”.

“Oltre ad un ritorno ai canoni classici della posizione diplomatica italiana, e nonostante una coerente e convinta vicinanza allo Stato d’Israele – prosegue Cella – l’incontro con il primo ministro palestinese segnala, d’altra parte, anche la volontà del governo presentarsi come più aperto alle richieste palestinesi. Questo orientamento, tuttavia, non deve essere percepito come una mossa temporanea o come uno dei vari valzer della politica estera italiana, poiché è legato alla coerente e tradizionalmente rivendicata apertura verso la creazione finale di uno Stato palestinese. Uno Stato di Palestina che, però, sappia convivere fianco a fianco con quello israeliano, e che, come principio preparatorio a tutto il resto, dovrà inevitabilmente partire da un presupposto fondamentale, ovvero il suo riconoscimento”.

Lorenzo Kamel, docente di Storia del Medio Oriente all’Università di Torino, ha un’interpretazione diversa. “Tutti i partiti, sia di destra che di sinistra – osserva – sono alle prese con la campagna elettorale in vista delle prossime elezioni europee, dove la questione israelo-palestinese è, come non mai, uno dei temi di punta. Credo quindi che non si tratti di un riposizionamento strutturale ma piuttosto di un riposizionamento legato in gran parte alle contingenze politiche del momento. Il tentativo di presentarsi in modo meno partigiano dovrebbe comunque essere visto positivamente, ma dovrebbe avvenire insieme alla spiegazione del motivo per cui a. A gennaio il nostro governo ha deciso di staccare la spina al principale fornitore umanitario a Gaza”.

 
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