Corte dei Conti condanna l’ex direzione sanitaria della Lombardia nel caso Englaro – .

Corte dei Conti condanna l’ex direzione sanitaria della Lombardia nel caso Englaro – .
Corte dei Conti condanna l’ex direzione sanitaria della Lombardia nel caso Englaro – .

Milano, 3 giugno. Fu una «concezione personale ed etica del diritto alla salute» a spingere l’allora direttore generale della Sanità Lombarda Carlo Lucchina a impedire che Eluana Englaro facesse interrompere le cure che la tenevano in stato vegetativo. Lo scrive la Corte dei Conti che ha condannato Lucchina in appello a versare all’erario i circa 175mila euro che la Regione aveva dovuto risarcire a Beppino Englaro che era stato costretto a trasferire la figlia in una struttura sanitaria del Friuli dove è morto. Lo riporta l’edizione milanese del Corriere della Sera.

Eluana muore il 9 febbraio 2009 all’età di 39 anni, di cui 17 trascorsi in stato vegetativo irreversibile in seguito ad un gravissimo incidente stradale. L’anno prima, al padre era stata negata dal direttore generale della Lucchina la possibilità di interrompere l’alimentazione artificiale che teneva in vita la figlia nonostante nel 2007 la Corte di Cassazione, con una storica sentenza, avesse stabilito che ogni individuo può rifiutare le cure a cui è sottoposto se li ritiene insostenibili e degradanti, e nel 2008 la Corte d’Appello di Milano ha autorizzato su questa base l’interruzione del trattamento. Quando Beppino Englaro ha chiesto in qualità di tutore di staccare il sondino con cui veniva alimentata la figlia, il direttore generale ha firmato una nota in cui si diceva che le strutture sanitarie si occupano della cura dei pazienti e di conseguenza gli operatori sanitari che lo avevano sospeso avrebbero ” non hanno adempiuto ai loro obblighi professionali”.

Englaro si rivolse al TAR che accolse la sua richiesta nel gennaio 2009, ma la Regione non eseguì la sentenza e un mese dopo Eluana morì. La Regione è stata condannata a risarcire circa 175mila euro per i danni subiti dalla famiglia Englaro. Dopo che la sentenza del TAR è diventata definitiva nel 2017, la Corte dei Conti ha avviato un procedimento tributario nei confronti di Lucchina: è stato assolto in primo grado dai giudici, verdetto ribaltato dai giudici d’appello che hanno stabilito che l’amministrazione sanitaria non può negare il diritto di rifiutare cure protette dalla Costituzione. La Corte definisce il no come «il frutto – si legge nella sentenza – di una personale e autorevole interpretazione del diritto alla vita e alla salute”, e neppure si possono temere conseguenze per le strutture e gli operatori sanitari che avevano sospeso l’alimentazione. «Non si è trattato di obiezione di coscienza, ma sono state applicate le direttive ricevute anche dai legali regionali» precisa l’ex direttore che valuterà se ricorrere in Cassazione.

 
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