«Cari pratesi, riscoprite la spina e lasciatevi contaminare da chi passa» Il Tirreno – .

«Cari pratesi, riscoprite la spina e lasciatevi contaminare da chi passa» Il Tirreno – .
«Cari pratesi, riscoprite la spina e lasciatevi contaminare da chi passa» Il Tirreno – .

PRATO. Lo chef Cristiano Tomei sarà l’ospite speciale di “La Toscana in bocca”, la due giorni dedicata all’enogastronomia pratese che prenderà il via questa sera al Castello dell’Imperatore.

Istrionico nei modi nonché geniale in cucina, fresco vincitore del “Piatto dell’anno” ai Taste Awards e apprezzato volto televisivo, lo chef Tomei è alla guida del ristorante “L’imbuto” ed è considerato dagli da molti considerato uno dei vertici della cucina creativa italiana. Lo raggiungiamo al telefono mentre è in viaggio verso Roma al termine di una lunga giornata di lavoro e mentre guida, «mi piace guidare da solo» confessa, ci racconta anche la sua personale idea di cucina, che mescola emozioni , identità e natura territoriale .

Tomei, cosa dirai in bocca ai partecipanti de La Toscana?

«Non andrò a Prato a fare lezione, parlerò della mia idea di gusto e di cucina. Per me cucinare è un atto culturale altissimo: basti pensare che il linguaggio si è sviluppato proprio per scambiare informazioni su dove trovare il cibo e che il nostro Paese è l’unico dove si parla di cibo mentre si mangia. Insomma, attingiamo ad un bacino culturale immenso e millenario. E Prato è anche una buona scelta per parlare di cibo e di cucina: è sempre stata un crocevia di persone, di commercianti. È vero che è sempre stato all’ombra di Firenze ma ha saputo mantenere una propria identità e lo ha fatto anche in cucina”.

Come?

«Basta chiedersi cos’è il cibo: è la testimonianza della contaminazione e dell’inclusività di un luogo. Per questo dico che bisogna parlare di territorialità. Vuol dire considerare le influenze lasciate nel tempo da chi è passato per quel luogo. Il sedano ripieno, ad esempio, si trova solo a Prato ma non esisterebbe se il pomodoro non fosse arrivato dal Perù. È un monumento da preservare. Un altro caso di contaminazione è il Vermouth. Il Vermuth si produce a Prato, ma si pensa che venga prodotto solo in Piemonte. Ma Vermuth è una parola tedesca, significa artemisia. Nessuno però conosce la Bozza di Prato: forse i pratesi non la comprano più, preferiscono andare al supermercato e comprare quel pane che dopo poche ore si affloscia. C’è bisogno di consapevolezza: bisogna parlare di territorialità e difenderla con le unghie e con i denti. È una rivoluzione che avviene a piccoli passi, nella vita di tutti i giorni, giorno dopo giorno”.

Lei ripete spesso che cucinare è soprattutto condivisione.

«La mia è una categoria sfortunata e privilegiata allo stesso tempo. Chi crea una cucina personale condivide la propria vita, le proprie emozioni. Nei miei piatti c’è di tutto, raccontano di viaggi e di amore, oppure di morte o di sesso. E da quando sono padre cucino meglio, i miei figli sono benzina verde nel mio motore. L’altro giorno avevo queste scatole di carote appena raccolte e mi sono ritrovata con una pasta ripiena di carote e pinoli. Erano carote ma per me è stata la sensazione di una passeggiata sul lungomare di Viareggio. Quando riesci a mettere in pratica questo esercizio, secondo me sei una persona che capisce di cucina. Ma quando uno chef comincia a fare disegni, quella è la fine”.

Senza dimenticare la natura, altra sua passione.

«Perché è la natura a dettare tutto in cucina. È normale parlare di erbe spontanee o di stagionalità, è la natura che detta i tempi. Nelle galere romane c’era chi batteva il tempo per i rematori. In cucina ciò che batte il tempo è sempre la natura. Anche se continuiamo a trattarla male”.

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