La campagna sanitaria nazionale, promossa dalla FP Cgil, fa tappa in Basilicata – .

Farà tappa in Basilicata il 10 e 11 giugno la campagna nazionale FP CGIL sulla sanità “Prendiamoci cura di noi”, un viaggio nella sanità che siamo per costruire la sanità che vogliamo, una campagna di ascolto del territorio e un percorso che si articola in tutto il Paese per difendere i diritti degli operatori sanitari e per sollecitare investimenti nelle professionalità e nelle prospettive di un settore fondamentale per i cittadini e per il Paese. Una campagna di ascolto del territorio e un percorso per difendere i diritti degli operatori sanitari e per sollecitare investimenti nelle professionalità e nelle prospettive di un settore fondamentale per i cittadini e per il Paese.

La FP Cgil di Potenza, insieme a Simona Ricci della FP Cgil nazionale, visiteranno le strutture sanitarie della provincia di Potenza, ascoltando le riflessioni e i racconti degli operatori. Partenza lunedì 10 giugno dall’ospedale e dal centro di salute mentale di Lauria (9-11). A seguire, una sosta all’ospedale di Lagonegro e agli uffici amministrativi dell’ASP (11.30-12.30), per concludere poi all’ospedale e all’SPDC (servizio diagnosi e cura psichiatrica) di Villa d’Agri (15.00-16.00), quest’ultimo di fatto chiuso per carenza di personale medico da un anno e mezzo. Martedì 11 appuntamento a Potenza all’ospedale San Carlo e alla centrale operativa del 118 – eliambulanza – Pts (8.30 – 10.30), per poi raggiungere il Crob di Rionero (11.30 – 12.30), ormai da due anni senza direttore scientifico, e il Ospedale di Melfi (15 – 16).

«La sanità lucana vive un momento estremamente delicato dopo il commissariamento ad acta del presidente Bardi» hanno spiegato in conferenza stampa oggi a Potenza il segretario generale della Fp Cgil di Potenza, Giuliana Scarano e il membro della segreteria provinciale della Funzione Pubblica , Sandra Guglielmi, alla presenza del segretario della Cgil di Potenza, Vincenzo Esposito. “Ad oggi la Basilicata – hanno ricordato – è l’unica regione del Sud a non essere mai stata posta sotto commissariamento o costretta a predisporre piani di risanamento per i conti sanitari in rosso, primato che rischiamo concretamente di perdere a causa di un deficit di oltre 50 milioni di euro. Grazie innanzitutto ad una mobilità passiva di 83 milioni di euro, ma anche alla disattenzione con cui è stato affrontato il deficit registrato, poi sanato in extremis con il riutilizzo degli utili pregressi nel 2022, visto che, come si vede nel relazione al Parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali della Corte dei Conti, la documentazione di supporto era imprecisa e incompleta per l’analisi dei conti, e non conteneva disposizioni di copertura. Aspettiamo di capire cosa faranno i funzionari del Mef, chi dovrà esprimersi sulla copertura del deficit individuato dal commissario Acta Bardi e chi, ci risulta, ha finalizzato le risorse derivanti dagli accordi per i progetti di sviluppo. In altre parole, i compensi delle compagnie petrolifere, destinati a progetti di sviluppo, dovrebbero essere utilizzati per coprire il buco di bilancio del sistema sanitario regionale. Risorse, tra l’altro, nemmeno pienamente disponibili nelle casse della Regione Basilicata, visto che il 50% di esse dovrebbe arrivare alla fine del 2024. Il termine concesso a Bardi è scaduto il 30 maggio e il 4 giugno c’è stato un incontro al Parlamento ministero per analizzare le risorse individuate ma di cui, grazie – immaginiamo – alle elezioni europee e comunali, il presidente della Regione ha scelto di non rendere ancora conto.

Denunciamo da tempo, come inascoltato Cassandre – hanno aggiunto Scarano e Guglielmi – la situazione disastrosa di un sistema sanitario regionale che costringe molti lucani a rinunciare alle cure o a recarsi fuori regione per curarsi, come attestano gli 83.482.904 euro di passivo mobilità, un dato molto elevato, soprattutto se rapportato alla popolazione residente e che contribuisce a collocare la Basilicata al penultimo posto tra le Regioni per rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Liste d’attesa insostenibili, ritardi nell’attuazione dell’assistenza sanitaria territoriale, un’errata pianificazione, la mancata riorganizzazione del sistema ospedaliero e dei servizi territoriali e l’assenza di un piano socio-sanitario rendono di fatto incompleto il sistema sanitario regionale. Mentre il personale in servizio è spesso esaurito e, nonostante le assunzioni e gli sforzi delle Aziende nella predisposizione dei Piani del Fabbisogno del Personale, considerate le risorse disponibili e i tetti di spesa, non ancora sufficienti in un territorio che sta diventando sempre meno attrattivo, soprattutto per il mercato medici. Il rischio che un commissariamento o un piano di rilancio porti cittadini e operatori sanitari a subire lacrime e sangue misure di contenimento della spesa sanitaria, aumento delle tasse, blocco delle assunzioni – non dimentichiamoci delle tante professionalità che aspettano di essere chiamate dalle graduatorie del concorso e stabilizzate -, la mancata valorizzazione e l’ulteriore contrazione dei servizi, è più concreta che mai, con il conseguente ulteriore rischio di aumento della migrazione sanitaria.

Il tutto “in un contesto nazionale – hanno sottolineato – in cui la bozza del provvedimento sulle liste d’attesa sembra una mini-riforma che prosegue il percorso di privatizzazione del servizio sanitario nazionale. Quel privato che non rinnova i contratti dei suoi dipendenti, per i quali abbiamo proclamato congiuntamente lo sciopero il 23 settembre, lo stesso privato che cambia continuamente i contratti dei suoi dipendenti, utilizzando sempre quelli con salari e diritti più bassi”. Quanto alle risorse, per la Fp Cgil “sono largamente insufficienti. Alcune previsioni – spiegano Scarano e Guglielmi – non prevedono stanziamenti aggiuntivi rispetto a quelli già presenti nel Fondo sanitario nazionale, per cui si può immaginare che le Regioni saranno costrette a utilizzare le risorse già stanziate, e poi dovranno solo decidere quali tagliare. Oltre al decreto legislativo, viene adottato un disegno di legge con 15 articoli e molte promesse a partire dall’annunciato superamento del tetto alla spesa per il personale a partire dal 2025, richiesta per la quale la FP CGIL si è battuta tanto negli ultimi anni, ma che non segnala la copertura economica e né indica con quali risorse aggiuntive per il servizio sanitario nazionale, considerato che le risorse disponibili non sono sufficienti nemmeno per un rinnovo contrattuale dignitoso che valorizzi davvero i professionisti del settore, come stiamo denunciando al tavolo Aran di le trattative in corso. Se l’intero sistema si basa su dotazioni invariate, ciò che accadrà per il sistema sanitario nazionale sarà semplicemente, ancora una volta, il trasferimento di risorse dal sistema pubblico a quello privato. Tra l’altro, se il tanto atteso superamento del tetto di spesa arrivasse nel momento in cui il sistema sanitario lucano è in piano di rilancio o in amministrazione controllata, sarebbe una vera beffa – hanno concluso Scarano e Gugliemi – e il servizio sanitario regionale , per riportare i conti impazziti, rischierebbe il collasso, con il blocco di ogni tipo di assunzioni di personale e la riduzione delle varie tipologie di spesa. Occorre chiarezza. I lucani hanno bisogno di una sanità pubblica all’altezza del mandato contenuto nella stessa Costituzione e di un governo regionale che, con lealtà e chiarezza, ascoltando le parti sociali, torni a pensare alla sanità regionale e a sanare le ferite inflitte ad essa”.

 
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