Si è conclusa la XXI edizione delle Giornate dell’Interno Calabrese – .

Si è conclusa la XXI edizione delle Giornate Calabresi di Medicina Interna, presiedute dal dottor Gerardo Mancuso. Sono stati presentati i dati internazionali più aggiornati, con discussione tra esperti internazionali

Le malattie cardiovascolari in Italia rappresentano la prima causa di morte. Quattro decessi su dieci hanno causa cardiovascolare negli uomini e cinque su dieci nelle donne, con un aumento fino al 54% nella fascia di età compresa tra 65 e 80 anni.

L’infarto miocardico e l’ictus cerebrale rappresentano la maggioranza delle malattie mortali, ma negli ultimi anni, a causa dell’aumento del diabete e dell’obesità, è in aumento l’incidenza delle malattie arteriose degli arti inferiori.

Sono alcuni degli aspetti approfonditi nel corso della XXI edizione delle Giornate dell’Interno Calabrese, che si è svolta venerdì 7 e sabato 8 giugno – a partire dalle ore 9 – nella sala congressi del T-Hotel di Feroleto Antico.

Durante l’importante convegno scientifico, presieduto del Dott. Gerardo Mancuso, direttore della SOC di Medicina Interna dell’Ospedale di Lamezia Terme e vicepresidente nazionale della SIMI, Società Italiana di Medicina Internasono stati presentati i dati internazionali più aggiornati, con dibattito tra esperti internazionali.

Si tratta di un evento di alto valore scientifico e di grande valore per la nostra Regione, con la presenza del gotha ​​della Medicina Interna italiana, dove l’interazione tra gruppi di ricerca e scuole ed esperti clinici ha animato l’interesse culturale della Medicina Interna e in cui la comunità calabrese il corso di medicina interna ospedaliera ha dimostrato di essere al passo con tutti i gruppi internazionali.

“Chi sopravvive a una malattia cardiovascolare acuta si ammala cronicamente con ripercussioni notevoli sulla qualità della vita e sui costi economici e sociali che la società deve sostenere – ha spiegato il dottor Mancuso -. Negli ultimi 25 anni le differenze di mortalità tra Nord e Centro-Sud si sono ridotte. Mentre negli anni ’50 la mortalità per malattie cardiovascolari era molto bassa, soprattutto in Calabria, a causa di un cambiamento nello stile di vita si verificò un aumento esponenziale della mortalità che coincise con un aumento dell’incidenza del diabete, dell’ipertensione arteriosa, dell’obesità, del fumo di sigaretta ed una riduzione nell’attività fisica e nella qualità del cibo. Le categorie sociali con livelli di istruzione, reddito e mortalità più bassi sono maggiormente colpite dalle malattie cardiovascolari. Anche il sesso femminile ha avuto nella nostra Regione un aumento dell’incidenza delle malattie cardiovascolari.

“Ogni anno muoiono più donne per malattie cardiovascolari che per cancro al seno o all’utero – spiega Mancuso -. Anche in quella fascia protetta relativa al periodo fertile, il sesso femminile mostrò un aumento di eventi che venne quantificato all’inizio del secolo quando la prevalenza delle malattie cardiovascolari mostrò una reale incidenza nel sesso femminile. Rispetto ai maschi, le donne hanno una maggiore incidenza di ictus cerebrale (15 vs 9%) e di malattie vascolari periferiche (15 vs 12%). Oggi in Calabria le donne dopo i 60 anni corrono un rischio molto più elevato rispetto a quaranta anni fa. Secondo Mancuso, che è anche vicepresidente nazionale del Simi: «Il motivo di questo aumento delle malattie cardiovascolari nelle donne è legato a fattori biologici e ambientali: una diversa espressione genetica nei due sessi e differenze ormonali, infatti, incidono sulla funzionamento del sistema cardiovascolare e risposta alle terapie; inoltre, il contesto ambientale in cui viviamo ha un’influenza significativa, esponendo i due sessi a diversi tipi di alimentazione, stile di vita e fonti di stress. Entrambi questi fattori contribuiscono in modo significativo all’insorgenza di malattie cardiovascolari”.

Tra i fattori di rischio, oltre al diabete e all’obesità, il più importante è il colesterolo che è fortemente influenzato dallo stile di vita e dall’alimentazione. Negli uomini il livello medio di colesterolo è di 200 mg/dl, nelle donne è di 206 mg/dl. Il 17% degli uomini e il 25% delle donne presentano un’ipercolesterolemia con valore superiore a 240 mg/dl, mentre il 36% degli uomini e il 29% delle donne sono in condizioni di rischio, presentando un valore di colesterolo compreso tra 200 e 239 mg/dl.

“Uno dei motivi è rappresentato dalla scarsa attenzione al colesterolo e ai suoi valori rispetto al rischio cardiovascolare individuale. Ogni persona con più di 60 anni dovrebbe avere una valutazione del rischio che sarebbe poi fondamentale per una terapia adeguata, efficace e personalizzata”, ha infine sottolineato Mancuso.

Un gruppo di esperti nazionali, di cui fa parte anche il dottor Gerardo Mancuso, sta concludendo una linea guida di facile interpretazione per cambiare il comportamento della professione medica italiana su quello che deve essere l’approccio clinico più appropriato per ridurre il colesterolo e il rischio cardiovascolare. Tra le relazioni più attese e apprezzate c’era quella del professore Antonello Pietrangelo, direttore del Dipartimento e Dipartimento di Medicina Interna del Policlinico Universitario di Modena. Inoltre è stato presidente della Simi (Società Italiana di Medicina Interna).

Pietrangelo sottolinea come il convegno annuale del Simi sia diventato un consueto e fondamentale appuntamento di confronto, soprattutto alla luce dei recenti sviluppi nel settore della medicina interna, ambito che ha acquisito nuova rilevanza dopo la pandemia di Covid-19.

“La medicina interna ha una storia lunga, che supera un secolo, rispetto alle discipline specialistiche – spiega Pietrangelo -. Oggi ha assunto un ruolo molto importante per i sistemi sanitari regionali e nazionali, soprattutto nella gestione dei pazienti complessi. Questo è il principale campo d’azione degli Internisti. Il nostro ruolo è emerso con maggiore importanza e Simi, sotto la mia guida e quella del professor Sesti, ha continuato a svilupparsi come azienda scientifica, sempre attenta alla cura dei nostri pazienti”.

Il Professor Pietrangelo ha riferito sugli ultimi sviluppi nel trattamento della malattia del fegato grasso non alcolica (NAFLD), ora ribattezzata Malattia del fegato grasso associata a disfunzione metabolica (MAFLD).

“La MAFLD rappresenta l’espressione epatica della sindrome metabolica, un argomento di grande interesse interno – prosegue -. Ci sono novità significative per quanto riguarda la registrazione di nuovi farmaci per questa patologia, uno in particolare sta mostrando risultati promettenti”. “Il nostro compito come stagisti è continuare a sviluppare e adattare le nostre pratiche per affrontare le nuove sfide sanitarie – ha concluso – Pietrangelo -. Con un approccio integrato che unisce innovazioni farmacologiche e uno stile di vita sano, possiamo migliorare significativamente la qualità della vita dei nostri pazienti”.

 
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