“Così ho imparato l’arbëreshë” – .

“Così ho imparato l’arbëreshë” – .
“Così ho imparato l’arbëreshë” – .

A Ururi è conosciuto da tutti come Mikelli të postës (“Michele delle Poste”). Un nome in rigoroso Arbëreshë, la lingua ancora parlata nel paese, che Michele Sassano si è guadagnato prima come postino e poi come cassiere. Ururi, infatti, insieme a Campomarino, Portocannone e Montecilfone, è uno dei quattro comuni della minoranza arbëreshë in Molise.

Come ha imparato la lingua

Quarantacinque anni, laureato in Scienze Turistiche all’Università del Molise, Michele lavora in Poste dal 2002, quando fu assunto come apprendista postino a Ururi. “Ricordo ancora – racconta la dipendente – il mio primo giorno di lavoro. Faccio una premessa: a San Martino in Pensilis, dove sono cresciuto, non si parla l’arbëreshë. Dovevo consegnare la mia prima raccomandata e dopo aver chiamato una signora mi ha risposto “Kush ishtë?” (chi è?). In quel momento ho capito che oltre ad imparare le usanze del paese avrei dovuto imparare anche l’arbëreshë. Ricordo alcune nonne che, oltre ad offrirmi un caffè o un bicchiere d’acqua, mi aiutavano a trovare i destinatari della posta e nel frattempo mi insegnavano alcuni termini albanesi come Çë me prure (cosa mi hai portato), Kush ishtë qlo/ky (chi è questo/questo), mentre se portassi delle bollette o delle multe… Pupu çë uaj (che casino)”.

Postino a Ururi

Un legame con Ruri, Ururi in lingua albanese, che in quegli anni si rafforza sempre più e che va oltre l’aspetto lavorativo. “Grazie al mio lavoro di postino a Ururi ho trovato anche l’amore. È qui che ho conosciuto mia moglie Albina mentre consegnavo la sua corrispondenza e oggi Ururi è il luogo dove vivo con lei e le nostre ragazze e dove, giorno dopo giorno, imparo qualcosa in più sulla lingua e sulla cultura arbëreshë”. Nel dicembre 2009 il passaggio in contropiede, sempre a Ururi. “In questo lavoro – racconta – mi piace soprattutto il contatto con le persone, ascoltando le loro esigenze. Un altro aspetto è quello di essere sempre diversi ogni giorno: anche se a prima vista può sembrare un lavoro ripetitivo, ciò che cambia è chi hai davanti. Ogni persona ha esigenze diverse, noi siamo un po’ come i sarti e realizziamo l’abito giusto per ogni cliente”.

Un valore aggiunto

E proprio “sul campo”, negli anni, il suo arbëreshë è migliorato moltissimo: “Più che impararlo – spiega Michele – nel tempo sono riuscito a capirlo, attraverso il mio lavoro e stando a contatto con la gente di Urura. . Molte frasi fanno ormai parte del mio bagaglio lessicale. Il fatto di aver sposato una donna ururiana mi ha aiutato anche ad apprendere molti termini e nozioni della lingua albanese. Per fare una serenata a mia moglie, ho cantato una canzone albanese. Anche se non parlo fluentemente l’arbëreshë, posso dire di poterlo capire e seguire un discorso”. Il dipendente torna a parlare del suo rapporto con i clienti degli uffici postali: «Con loro esiste un rapporto basato su conoscenze di lunga data e fiducia reciproca. Mi conoscono infatti da quando ero postino e per loro sono “Mikelli të postës” (Michele delle Poste). Un pensionato di ritorno dall’Albania mi ha regalato una piccola bandiera albanese, che ho posizionato nella mia postazione di lavoro. Credo – prosegue la receptionist – che la conoscenza della lingua locale rappresenti una risorsa e un valore aggiunto, perché oltre a far sentire il cliente in un ambiente “familiare”, ci dà la possibilità di stabilire un contatto ancora più diretto”.

Il rapporto con i colleghi

Anche con i colleghi in ufficio c’è una bella sinergia: “C’è un rapporto di profonda amicizia che va oltre il lavoro. Ho la fortuna di avere come collega Daniela, che è originaria di Ururi e quindi conosce e parla la lingua Arbëreshë. Capita spesso, soprattutto con persone di una certa età, che per spiegare un prodotto, oltre all’italiano, io e la sua collega utilizziamo termini albanesi per rafforzare quello che stiamo dicendo”. Michele parla anche dell’importanza che le nuove generazioni non perdano questo linguaggio. “I giovani oggi non parlano più correntemente l’arbëreshë e non lo imparano in famiglia ma, stranamente, lo capiscono e cominciano a parlarlo tra loro da adolescenti, non più come mezzo di comunicazione ma per evitare di farsi capire dalle lëtishtë, cioè dagli italofoni. Bisogna non perdere questa lingua, perché perderla significherebbe la fine dell’identità della comunità urunese”.

Poste e minoranze linguistiche

Poste Italiane, da sempre vicina ai territori e alle piccole imprese, contribuisce all’inclusione sociale, al benessere dei cittadini e allo sviluppo socio-economico grazie alla straordinaria capillarità della sua rete ma anche attraverso la conoscenza e la valorizzazione delle tradizioni e delle singole realtà locali. peculiarità, come possono essere considerati i dialetti e le lingue “minoritarie”: un bagaglio culturale importante utilizzato quotidianamente dal personale di Poste per ottimizzare il rapporto con il cliente in chiave inclusiva.

 
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