Madre prosciolta dall’accusa di maltrattamenti perché il fatto non sussiste, la sentenza del Tribunale di Velletri – .

Madre prosciolta dall’accusa di maltrattamenti perché il fatto non sussiste, la sentenza del Tribunale di Velletri – .
Madre prosciolta dall’accusa di maltrattamenti perché il fatto non sussiste, la sentenza del Tribunale di Velletri – .

È stata accusata di aver maltrattato e rapito la figlia perché omosessuale, perdendo il suo buon nome e perfino il lavoro. Ma dopo cinque anni giustizia è stata fatta: il Tribunale di Velletri ha scagionato una donna che vive in un comune dei Castelli Romani perché il fatto non sussiste. Rimangono però cinque anni in cui la sua vita è stata distrutta. Nel frattempo ha ricucito i rapporti con la figlia, ma questo non la ripaga della gogna mediatica a cui è stata sottoposta, anche da parte di un’associazione che si occupa di sostegno alle persone gay e trans e che ha decisamente cavalcato l’onda per farsi pubblicità se stesso e alla causa LGTBQIA+.

Cinque anni fa la figlia della donna, che all’epoca aveva diciassette anni, dichiarò alla madre la sua omosessualità. La situazione in casa era diventata complicata e tesa: la ragazza si era rivolta ad un’associazione che promuove servizi, iniziative e cultura per il benessere e i diritti delle persone LGBTQIA+, sostenendo di essere vittima di violenza fisica e psicologica da parte della madre proprio da parte di lei. virtù del proprio orientamento sessuale. Il rappresentante dell’associazione, attivista e politico, si è subito lanciato sui media nazionali in una accorata presa di posizione contro la ragazza, sostenendo che la diciassettenne era stata segregata in casa, privata del telefono e di ogni mezzo di comunicazione. con l’ esterno, e anche tuffarsi. Tutti fatti che ad oggi risultano privi di qualsiasi fondamento. Purtroppo però, oltre a dover attendere la sentenza, la madre è stata bollata come una pessima genitrice e, isolata e mal vista, è stata costretta a chiudere la sua attività perdendo quindi il lavoro.

«Nessuno nega la nobiltà delle intenzioni delle associazioni che si occupano delle vittime di violenza e discriminazione – dichiara l’avvocato Miraglia, legale della donna – ma bisogna stare molto attenti a non strumentalizzare gli eventi per sostenere la propria causa. Questa donna aveva solo tentato di allontanare la figlia, ancora minorenne, da una relazione con una donna residente fuori regione, molto più anziana di lei, con gravi problemi personali. Aveva solo cercato di proteggere la figlia, con la quale, tra l’altro, ora ha ricucito i rapporti. Quindi, prima di prendere posizioni a priori, dovremmo pensare alle conseguenze, a come certe affermazioni possano rovinare la vita delle persone e trasformarsi in una discriminazione alla rovescia”.

Studio Legale Miraglia

 
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