Nel 2023 l’economia dell’Emilia Romagna è cresciuta dell’1,1 per cento – .

Nel 2023 l’economia dell’Emilia-Romagna è cresciuta dell’1,1%., un aumento più contenuto rispetto all’anno precedente. Il dato emerge dal Rapporto annuale sull’economia dell’Emilia-Romagna redatto dalla Banca d’Italia. Sul rallentamento hanno inciso la fine della ripresa post-pandemia, l’indebolimento dei consumi e quello della domanda estera. Gli investimenti hanno rallentato; quelli nel settore delle costruzioni sono stati sostenuti da un significativo sostegno pubblico. Nel settore agricolo il valore aggiunto è diminuito del 4,4% rispetto al 2022, a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli che hanno interessato l’intera regione e dell’alluvione che ha colpito la Romagna nel maggio 2023. Nell’industria è diminuito dell’1%, con una flessione particolarmente marcata attività nella produzione di piastrelle e crescita nei settori alimentare, meccanico e dei trasporti. L’attività industriale ha risentito dell’andamento sfavorevole delle esportazioni, che in termini reali sono diminuite del 2,4%. Il valore aggiunto nelle costruzioni è aumentato del 5,2%.

La crescita – evidenzia il rapporto – ha continuato ad essere sostenuta dagli incentivi fiscali, la cui rimodulazione, entrata in vigore nel 2024, ha comportato un’accelerazione dei lavori nell’ultima parte dello scorso anno. L’attività del settore ha beneficiato anche di investimenti pubblici, in parte riconducibili alla realizzazione delle opere previste dal PNRR. La crescita nei servizi è stata del 2,2%, un dato inferiore a quello dell’anno precedente che riflette il rallentamento dei consumi. I comparti del settore hanno mostrato andamenti diversi: le presenze turistiche sono aumentate del 2,4%; il dettaglio tradizionale ha continuato a mostrare segnali di debolezza; sono invece diminuiti i carichi di merci movimentati nel porto di Ravenna, che risente del calo dei traffici generati dal settore manifatturiero.

Le multinazionali rappresentano una componente molto significativa dell’economia emiliano-romagnola, contribuendo al 40% del valore aggiunto regionale e generando oltre il 60% dell’export e dei brevetti, valori superiori alla media italiana. Il 91% delle imprese industriali e di servizi ha chiuso il bilancio almeno in pareggio, nonostante l’aumento degli oneri finanziari; tale quota sale al 95% nel settore delle costruzioni. I profitti sono stati favoriti da un quadro economico moderatamente positivo, seppure in rallentamento, e dal modesto aumento dei salari. Il conseguente rafforzamento dell’autofinanziamento ha consentito alle imprese di ridurre il debito bancario senza intaccare le riserve di liquidità precedentemente accumulate. I prestiti bancari alle imprese sono diminuiti del 4,7% a dicembre. Tale contrazione riflette il calo della domanda di credito (connessa all’aumento dei tassi e al rallentamento dell’economia) e delle condizioni di offerta praticate dalle banche caratterizzate da maggiore cautela.

Nel 2023 il numero degli occupati è cresciuto dell’1,1% ed è tornata ai livelli del 2019 (oltre 2 milioni di occupati). Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile su valori storicamente bassi (5%). Considerando il lavoro dipendente, il saldo tra assunzioni e cessazioni è positivo e superiore a quello del 2022; la creazione di posti di lavoro ha riguardato prevalentemente contratti a tempo indeterminato. Nel 2023, in Italia, le retribuzioni stabilite dai contratti collettivi nazionali sono aumentate del 2,2%; la crescita in Emilia-Romagna è stata simile e comunque inferiore al tasso di inflazione (5,2% nella regione e 5,7% a livello nazionale). Le proiezioni dell’Istat al 2042 mostrano una sostanziale stabilità della popolazione e un suo marcato invecchiamento. Questo fattore potrebbe avere un impatto significativo sulle dinamiche occupazionali nei prossimi anni. Agli attuali tassi di partecipazione, la forza lavoro diminuirebbe di 130.000 unità.

Nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie a prezzi costanti è diminuito dello 0,7%; i consumi sono invece aumentati dell’1,4 ma in rallentamento rispetto al 2022. I livelli attuali di questi ultimi sono superiori a quelli pre-pandemia; quelle dei redditi, invece, sono ancora inferiori del 2,5%. Nel complesso, l’indebitamento delle famiglie è rimasto invariato rispetto all’anno precedente. Da un lato, merito
i consumi sono aumentati, sostenendo la spesa delle famiglie, in particolare quella relativa ai beni durevoli. Le erogazioni di nuovi mutui, invece, a seguito dell’aumento dei tassi di interesse, sono diminuite di circa un quarto rispetto al 2022, attestandosi a 4 miliardi di euro. Ciò ha comportato una riduzione delle vendite di case del 12%. Alla fine del 2023, il TAEG medio sui nuovi mutui ipotecari era del 4,5%, rispetto al 3,4 dell’anno precedente.

Depositi delle famiglie i residenti nella regione sono diminuiti del 5,6%. Si è verificata una ricomposizione dei conti correnti a favore dei depositi a risparmio. La riallocazione del risparmio a favore di strumenti finanziari meno liquidi ma più redditizi ha comportato anche un trasferimento di risorse dai depositi verso i titoli custoditi presso le banche, aumentati del 23,7%. A dicembre 2023 i prestiti bancari al settore privato non finanziario sono diminuiti del 3,1% su base annua. La rischiosità del credito bancario ha evidenziato un leggero peggioramento, pur mantenendosi su livelli bassi rispetto ai confronti storici. Sono emersi alcuni segnali di tensione nella capacità di rimborso, soprattutto per le imprese più piccole e per quelle del settore delle costruzioni. Per le famiglie è aumentata anche l’incidenza dei ritardi nel pagamento delle rate dei mutui.

Cresce la spesa degli enti locali in Emilia-Romagna, soprattutto quello per gli investimenti in opere pubbliche, cresciuti del 50,7%. L’incremento è legato anche all’attuazione del PNRR: lo scorso dicembre i fondi stanziati dal Piano per gli interventi in Emilia-Romagna ammontavano a 6,4 miliardi di euro. Una parte importante della spesa va alle opere pubbliche: i cantieri già avviati nella regione superano il miliardo di euro. Gli enti regionali si avvalgono di personale con un livello di istruzione superiore alla media italiana; la quota dei laureati è pari a 43,9 contro il 35,3 della media nazionale. Mostrano inoltre una maggiore propensione alla digitalizzazione, una gestione più rapida degli incassi e condizioni di bilancio più forti.

Nel primo trimestre dell’anno in corso, la crescita nel Nord Est è proseguita a ritmi moderati e in linea con il trend nazionale. Le aspettative degli operatori per il 2024 restano caute. Da un lato, l’attività economica potrebbe beneficiare del rafforzamento del commercio mondiale e della crescita della spesa pubblica per l’attuazione del PNRR; permangono, d’altro canto, rischi al ribasso legati ad un possibile inasprimento delle tensioni geopolitiche, che potrebbero incidere sia sul processo disinflazionistico sia sui volumi del commercio internazionale.

 
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