non voleva fare il difensore centrale, ora segue le orme di Maldini – .

non voleva fare il difensore centrale, ora segue le orme di Maldini – .
non voleva fare il difensore centrale, ora segue le orme di Maldini – .

Quando era piccolo, con i sogni in costruzione, era un terzino. Non gli piaceva stare al centro: gli piaceva andare a frugare nella metà campo avversaria, si sentiva un’ala offensiva. Un moderno Antonio Cabrini, col piede sinistro di velluto. Il destino lo ha portato al centro e gli piace, non si tira indietro. Soprattutto se a chiedergli questo sacrificio prima è Thiago Motta e poi Luciano Spalletti. Quel Rik, l’unico uomo sulla fascia, ora (quasi) non c’è più, scomparso con quel drammatico infortunio subito nel 2018, quando aveva appena sedici anni, in piena crescita, quando lui, classe 2002, era invidiato dai suoi colleghi del 2001, che avevano meno talento e meno prospettiva. Calafiori è un romano del nord di Roma, figlio dei sacrifici dei suoi genitori, Barbara e Alberto, che lo hanno seguito e sostenuto, accompagnato nei momenti difficili, fino a questa esplosione azzurra.

MEZZA GIORNATA LIBERA

Sempre con lui, insieme alla sorellina Rebecca. Immancabile al suo fianco anche la fidanzata, Benedetta, che lo ha baciato davanti alle telecamere dopo la doppietta contro la Juventus e la conquista della Champions League con il Bologna e ora è qui con lui, presente allo stadio e ieri in giro per il Dortmund: la squadra aveva mezza giornata libera, a Iserlohn ne rimanevano pochissimi. Quel bacio in diretta tv ha ricordato molto quello della giornalista spagnola, Sara Carbonero, che però lo ha subito – in mondovisione – da Casillas. C’è un legame fortissimo tra Benedetta e Rik, impresso sulla loro pelle, tatuata con la frase giapponese Koi no Yokan che significa “sentimento d’amore”. La stessa che ora lega Calafiori ai colori azzurri. Un amore nato all’improvviso, quasi una cotta, quello che l’allenatore aveva per lui, esploso nel Bologna di Motta. Lucio avrebbe voluto convocarlo per la tournée di marzo negli States, ma la priorità è stata data agli Under 21, che avrebbero dovuto disputare l’Europeo. Poi è stato inserito nella lista dei 29 (30 se contiamo Acerbi) per l’Europeo, ma nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe stato escluso. E infatti non solo è rimasto, ma adesso è titolare dell’Italia.

IL SOGNO È REALE

Sembra un sogno: lui in Nazionale, forse gli bastava anche giocare zero minuti. E invece è arrivato l’esordio a Bologna contro la Turchia, poi quello da titolare contro la Bosnia e poi la “prima” in un Europeo, in quanto secondo più giovane della storia azzurra (il primo, Maldini nel 1988, proprio qui a Germania) . Quel sogno che nel 2018 era impossibile, visto l’infortunio riportato. In campo come sostituto – durante Roma-Viktoria Plzen, gara di Youth League – per il compagno Freddi Greco (ora al Vicenza), ingresso scellerato (di Svoboda) e Rik a terra in lacrime. Esplosione del ginocchio e carriera a rischio: menischi, legamenti e capsula da ricostruire. A rischio per tutti, non per lui e la sua famiglia: si sono affidati a Mino Raiola, che lo ha mandato negli Usa, a Pittsburgh, al luminare Freddie Fu (scomparso nel 2021), che ha operato Ibra e che lo ha messo di nuovo in campo quando aveva quasi quarant’anni. «Non ho mai pensato di mollare, di mollare, ma anzi non vedevo l’ora di tornare in campo. E ho fatto di tutto: con il senno di poi penso di essere tornato meglio di prima”. E mostra. Lo hanno visto tutti, a Dortmund lo hanno capito anche a livello internazionale. «Ripenso spesso ai ricordi del periodo di riabilitazione, del periodo trascorso in America. Penso che sia tutto collegato: senza quei brutti momenti non avrei vissuto questi bei momenti. La famiglia mi è stata vicina e continua ad essermi vicina anche a distanza: quell’infortunio mi ha aiutato e, a distanza di anni, suscita emozioni positive e mi dà l’energia per guardare avanti”. La prossima è la Spagna. Adelante.

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Il Messaggero

 
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