Camicie nere e comizi. Cinisello al tempo del fascismo – prima parte – .

Camicie nere e comizi. Cinisello al tempo del fascismo – prima parte – .
Camicie nere e comizi. Cinisello al tempo del fascismo – prima parte – .

Per comprendere appieno gli anni bui del ventennio fascista è necessario conoscere la struttura e il funzionamento dell’apparato propagandistico del regime mussoliniano. Il consenso è stato costruito, in parte estorto, comunque organizzato dall’alto. C’era il controllo totale della stampa, della radio e del cinema (cinegiornali dell’Istituto Luce). Erano meccanismi completamente nuovi per orientare l’opinione pubblica e organizzare le masse. Per raggiungere tutta la popolazione ed avere un impatto capillare su chi risiedeva nelle zone lontane dai centri del potere e dai raduni oceanici della capitale, paesi e città si dotarono di altoparlanti per diffondere i proclami del Duce nelle piazze, nei laboratori e nelle scuole. Il 10 giugno 1940 la radio annunciò per le 17 un importante discorso di Mussolini.

Furono piazzati degli altoparlanti in piazza Italia a Balsamo e Vittorio Emanuele (oggi Gramsci) a Cinisello per trasmettere la dichiarazione di entrata in guerra. Maria Meroni di Cinisello ricordava chiaramente quel tragico momento. Tutti in famiglia rimasero scioccati dal fatto che molti avessero applaudito la dichiarazione di guerra. Ma era un commento espresso tra le mura di casa, perché la gente fuori aveva paura di esprimersi.

Per il fascismo era vitale costruire consenso radicandosi nei territori, cercando di utilizzare per i propri scopi le strutture già presenti: enti locali territoriali, cooperative e scuole in primis. A tal fine, l camicie nere istituzioni locali costituite a Balsamo e Cinisello: l’Ente Nazionale di Cooperazione, per il controllo del movimento cooperativo; l’Opera Nazionale Dopolavoro, che ha assorbito le precedenti strutture ricreative e sportive; l’Opera Nazionale Balilla, responsabile dell’educazione dei giovani. Le scuole, in particolare, dovevano attenersi alle direttive che imponevano la partecipazione alle cerimonie pubbliche, l’iscrizione alle organizzazioni fasciste e l’adozione del testo unico statale. Scolari e studenti, il cui ruolo nelle intenzioni del regime era complementare ed essenziale per la costruzione dell’ nuovi italiani, sono stati mobilitati in tutte le cerimonie; ciò è evidenziato anche dai registri di classe, in cui gli insegnanti annotano le ricorrenze e la partecipazione dei ragazzi e dove è chiaro il ruolo pervasivo dell’educazione fascista. La Scuola si trasformò presto in un luogo di ricordo dei soldati e degli eroi caduti.

Nel 1923 fu inaugurato a Cinisello il Viale della Rimembranza nell’area antistante la scuola e il municipio, dove furono piantati 60 alberi per altrettanti caduti. Furono istituite guardie d’onore, composte da alunni, a cui era affidata la cura dei boschi votivi. Nel 1927 tutte le aule furono intitolate ad un soldato caduto, con affissa una targa. Il 3 aprile 1932 nel cortile della scuola si svolse la cerimonia per la piantumazione di un albero in ricordo di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce e presidente del Comitato Nazionale Foreste. La maestra Adelaide Piccoli ha scritto sul registro di classe: “È un lutto grave, non solo del fascismo, ma è un lutto del cuore italiano”. Si può ragionevolmente supporre che l’albero piantato sia il Cedro dell’Atlante, oggi situato tra Il Pertini (allora scuola elementare) e il palazzo comunale, in un’area che faceva parte dell’orto scolastico.

Sempre nel ’32 tutte le aule furono dotate della simbolica rappresentazione del Milite Ignoto. Nell’ambito delle iniziative a favore dell’infanzia erano sorte le colonie elioterapiche, strumento di classificazione e indottrinamento ideologico in stretto rapporto con la pratica sportiva; spesso, infatti, erano collocati all’interno dei campi sportivi, che costituivano una cornice ideale per l’allestimento di cortei in occasione delle visite di gerarchi o altre autorità. Il 4 novembre 1931, accanto alla scuola elementare di Cinisello, fu inaugurato il campo sportivo, denominato Campo Littorio, utilizzato per le riunioni, le attività premilitari e ginniche degli alunni. Oltre al campo da calcio c’era una pista di atletica. Dal 1932 divenne sede della colonia elioterapica. Nel 1937 la colonia fu trasferita nel parco di Villa Martinelli, da cui prese il nome di Colonia Martinelli. Fu nominata direttrice la maestra Caterina Vaghi, segretaria del locale partito fascista femminile. Nel 1940 il Campo Littorio venne affidato alla Gioventù Italiana del Littorio.

Venivano utilizzati e agitati simboli e miti capaci di orientare e influenzare tutti gli aspetti della vita associativa e dell’esistenza delle persone. L’inclusione di gran parte della popolazione italiana nelle organizzazioni create dal fascismo avvenne grazie ad una struttura associativa che intendeva coprire dalla culla alla bara l’intera esistenza degli italiani. Una politicizzazione di massa che coinvolse classi sociali fino ad allora per lo più estranee alla politica. L’adesione al Partito Nazionale Fascista, di fatto obbligatoria per molte professioni e carriere, rendeva praticamente impossibile tracciare un confine tra appartenenza militante e mattonelle di panecome venivano chiamati.

Tutte le strutture avevano in comune la funzione che assolvevano e la presenza di elementi costanti ed inequivocabili che rimandavano all’ideologia fascista, attraverso la scelta dei materiali da costruzione e la ricorrente icona del fascio littorio, presente sugli edifici pubblici, come le scuole. A Cinisello era ben visibile anche sull’alta vasca pensile dell’acquedotto, inaugurato nel ’31. Nei paesi e nelle città erano numerose le scritte sui muri che trasmettevano gli slogan e i concetti basilari del regime, spesso attribuiti a Mussolini. Erano testi celebrativi, solenni, resi visibili a distanza, presenti su molti edifici pubblici e privati, sui muri delle case agli ingressi dei centri abitati, sui recinti e sulle cascine, lungo le arterie di comunicazione stradali o visibili dalle ferrovie. Fecero la loro comparsa anche nelle campagne, nelle fattorie, sulle facciate delle cascine e delle stalle.

Le scritte sono state realizzate secondo le direttive del governo centrale, oppure su iniziativa di enti locali, oppure spontaneamente, da singoli simpatizzanti. Anche quelli che non si firmavano con la classica “M” vedevano comunque il dittatore in primo piano, segni della divinità del Duce e della forza della sua parola, come ipse dixit irradiando il proprio potere quasi magico. Erano espressioni con uso frequente di imperativi o indicativi di sapore imperativo. Nonostante gli alti tassi di analfabetismo, soprattutto nelle zone rurali, la barriera della comprensione della lingua non era insormontabile.

I motti erano infatti caratterizzati da una struttura linguistica elementare, divenendo uno dei principali mezzi di propaganda, a disposizione anche degli strati sociali che non avevano accesso alla stampa e alla radio. La scelta dei suddetti fascisti è stata fatta dal sindaco, previo accordo con il segretario politico. Il tecnico del nostro Comune, dopo aver richiesto preventivi, ha presentato ad entrambi una relazione per decidere quali scritte rinfrescare e quali nuove verniciare.

Nella nostra città, nel ’39, si contavano 32 scritte; se si considera che le strade e gli edifici erano pochi, il numero appare elevato. Solo per citarne alcuni, nella palestra di ginnastica: “La pace, per essere sicura, deve essere armata”; sul muro dell’asilo G. Frova: “La fede è unica: l’amore alla patria. Il desiderio è uno solo: rendere grande il popolo italiano”; sul muro di cinta dell’azienda ALEA, Piazza Vittorio Emanuele: “Solo dall’armonia costituita dai tre principi: capitale, tecnica, lavoro, nascono le fonti della fortuna”; sul muro di cinta dell’ECA (Ente Comunale di Assistenza) è scritto: “Durere: con fedeltà, con disciplina; con assoluta dedizione”; sulla facciata della sede della GIL (ora UTE), via Cadorna/Beato Carino: “Credere, obbedire, combattere”; per le vie del paese: “In nome del Littorio abbiamo vinto. In nome di Littorio, domani vinceremo”, e così via. Infine, la scritta “duce” campeggiava in vari punti, ad esempio sul muro di una casa a Cornaggia: “W il Re W il Duce”; mentre nella piazza principale di Cinisello, sulla facciata di una casa davanti alla chiesa, era ben visibile la scritta “Il Duce”, nel punto esatto dove nel 2011 fu posta una targa, Speciale Spiga d’Oro., in ricordo del sindaco socialista Vincenzo Pozzi.

Patrizia Rulli

P.Rulli, AA.VV., Le pietre raccontano, Comune di Cinisello Balsamo, 2011; PVCannistraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, Laterza, 1975; E. Meroni, Antifascismo e Resistenza a Cinisello BalsamoAmbrosiana, 1990. Fotografia di Paolo Gobbo: Piazza Vittorio Emanuele, scritta “IL DUCE”.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV TIVOLI – Si spoglia in tribunale e si scaglia contro la polizia, si scatena il Tso – .
NEXT Per celebrare il tiro d’acciaio torna “Un amore per la città”, il video mapping sulla storia di Terni e dei suoi personaggi illustri – .