Maxi risarcimento alla società Lecco-Bergamo, la Provincia costretta a tagliare strade ed edifici scolastici – .

“Avremmo voluto utilizzare questi fondi per strade o edifici scolastici”. La Provincia di Lecco dovrà invece versare un risarcimento di quasi otto milioni di euro alla Salc, il primo operatore incaricato di realizzare la linea Lecco – Bergamo. Lo ha stabilito la Corte d’Appello in una recente sentenza che ha ribaltato la sentenza di primo grado, infliggendo un duro colpo al bilancio di Villa Locatelli. Per ottemperare a quanto stabilito dal giudice, infatti, la Provincia non solo dovrà utilizzare gran parte del suo surplus amministrativo, compresi i 2,2 milioni liberi da ogni tipo di vincolo, ma dovrà anche rinunciare al restauro delle facciate di Villa Monastero , un investimento che si aggirerà intorno ai 600mila euro. Alla SALC andrà anche il milione di euro di ulteriori ricavi che si prevede di ricavare dalla storica villa di Varenna. Una decisione difficile che è stata approvata sia dal cittadino Giovanni Ghislandi che dalla minoranza di centrosinistra.

“È una scelta inevitabile alla luce della sanzione di 2200 euro al giorno. Ci auguriamo che il ricorso in Cassazione permetta di chiudere la vicenda nel modo meno doloroso possibile” ha sottolineato il capogruppo Paolo Lanfranchi. A differenza di Ghislandi, per il quale «la Lecco – Bergamo era un po’ più di quanto potessi masticare per la Provincia», Lanfranchi si astiene dal fare valutazioni sulle scelte fatte quindici anni fa.

“Sono d’accordo. – ha aggiunto il vicepresidente Mattia Micheli – Rispetto ad allora sono cambiati sia il modo di realizzare le opere pubbliche sia le caratteristiche della nostra provincia. Fare paragoni è fuorviante. In ogni caso, questa sentenza e il ricorso in Cassazione sono eventi del tutto estranei all’attuale iter dei lavori, passati ormai da tempo nelle mani dell’Anas”.

Come precisa il segretario generale Mario Blandino, il team legale che ha difeso Villa Locatelli negli altri due gradi di giudizio presenterà ricorso in Cassazione entro il 31 luglio. “Il giudice di primo grado – ha spiegato Blandino – aveva riconosciuto che non vi era stata alcuna violazione grave. Il giudice di secondo grado, però, non ha preso in considerazione il comportamento della persona lesa. Le ragioni della società sono state accolte solo parzialmente, altrimenti il ​​compenso sarebbe stato più alto”.

Inoltre l’impresa si è occupata personalmente della progettazione esecutiva dell’opera. “L’impresa appaltatrice sapeva inoltre che non esistevano le autorizzazioni per depositare il materiale di scavo presso l’ex cava Mossini” ha concluso Blandino.

 
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