«Intravediamo un futuro senza chemioterapia» – .

«Intravediamo un futuro senza chemioterapia» – .
«Intravediamo un futuro senza chemioterapia» – .

REGGIO CALABRIA Polemiche e discussione, sono alcuni dei termini più ricorrenti nella tre giorni in corso a Reggio Calabria e incentrata sul confronto tra professionisti dell’ematologia e della trapiantologia. Il luogo scelto non è casuale, nella città dello Stretto è operativo da tempo, un centro di eccellenza capace di distinguersi per competenza e performance a livello nazionale e non solo. Molti ricercatori sono venuti da fuori regione per approfondire tutti gli aspetti che caratterizzano la nuova frontiera delle terapie cellulari. «È molto importante essere qui in un centro di eccellenza della Calabria per parlare di futuro. Discutiamo – Stefano Luminari, hematologist at the IRCCS hospital in Reggio Emilia and professor at the University of Modena-Reggio Emilia, tells Corriere della Calabria – sull’utilizzo di farmaci che fino a qualche anno fa non immaginavamo nemmeno potessero arrivare in clinica. Parliamo di mieloma, linfomi e i farmaci di cui discutiamo hanno la capacità di rivoluzionare i concetti attuali che ci guidano nella scelta terapeutica. Ci permettono infatti di intravedere un futuro per i nostri pazienti senza chemioterapia, sfruttando e stimolando la capacità del sistema immunitario di combattere la malattia in modo più fisiologico”.

Farmaci CAR T e bispecifico

Le opzioni sul tavolo, e oggetto di discussione anche a Reggio Calabria, sono due: nel frattempo la CAR T, una sorta di farmaco vivente che inizia con la raccolta dei linfociti del paziente, linfociti che vengono poi ingegnerizzati con l’introduzione del recettore CAR (Chimeric Antigen Receptor) in grado di riconoscere le cellule tumorali. Le cellule CAR-T vengono poi infuse nel sangue del paziente per attaccare e distruggere le cellule tumorali. L’altra opzione è quello dei farmaci bispecificisi tratta di anticorpi monoclonali, sintetizzati in laboratorio con tecniche di bioingegneria o ingegneria genetica, capaci di guidare le cellule del sistema immunitario verso quelle del tumore. Per Stefano Luminari «quella tra bispecifici e CAR T è una sfida tra due modalità di trattamento, una sfida solo all’inizio e penso che possiamo davvero dire che ne vedremo delle belle». Un percorso che coinvolge direttamente i centri di eccellenza “certamente – aggiunge Luminari – sono molto importanti i risultati clinici per il paziente, ma è molto importante anche la sfida organizzativa che queste terapie comportano, si tratta infatti di terapie complesse che coinvolgono un sistema più che un reparto e singoli medici”.

Italiano:

Nella descrizione fornita, il termine CAR T potrebbe apparire ai profani come qualcosa di più “innovativo”, ma anche gli altri farmaci hanno un potenziale significativo. «I farmaci bispecifici – spiega Luminari – dal punto di vista molecolare sono più simili a quelli che abbiamo sempre utilizzato, sono anticorpi ma a differenza di quelli che usavamo in passato e che riconoscevano un solo bersaglio, quelli bispecifici riconoscono due bersagli. Un bersaglio è la cellula tumorale, l’altro è una cellula del sistema immunitario, in particolare i linfociti. Il riconoscimento del doppio bersaglio, con la stessa molecola, porta ad avvicinare due cellule che solo a causa del “contatto fisico” si attivano una contro l’altra e in questo caso il sistema immunitario è capace di eliminare e distruggere la cellula tumorale» . «Sono farmaci – precisa Luminari – molto potenti e questo si traduce in alcune manifestazioni, alcuni effetti collaterali che stiamo imparando a gestire ma che sono certamente molto lontani dagli effetti delle chemioterapie che utilizzavamo in passato”. La domanda più ovvia è se si tratti di farmaci alternativi o concorrenti «non esiste una regola che ci guidi. I due farmaci non sono mai stati confrontati testa a testa per dire che uno è migliore dell’altro. Entrambi i trattamenti presentano delle caratteristiche che permettono di definire il profilo ideale del paziente. Le CAR T richiedono un ricovero ospedaliero, un ricovero breve ma comunque a rischio, e sono farmaci che vengono somministrati in centri di riferimento che possono essere a chilometri, centinaia di chilometri dal domicilio del paziente. Il farmaco Bispecific, invece, è un trattamento più simile a quanto utilizzato fino ad ora, viene somministrato in day hospital, a volte anche per via sottocutanea, ed è una terapia continuativa che può essere effettuata più vicino al domicilio del paziente, sempre in centri specializzati ma sicuramente più a misura di paziente e può essere utilizzato più ampiamente in centri non abilitati a effettuare le CAR T”.

Alati: «Ci aspettiamo di dare sempre più spazio alle terapie combinate»

E a proposito delle promettenti risorse professionali di cui la Calabria può disporre in questi ambiti, nella tre giorni di Reggio una delle letture magistrali è stata affidata a un giovane professionista operante presso l’Unità di Ematologia dell’Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria, Caterina Alati, chiamato ad approfondire quale potrebbe essere il futuro della terapia per la leucemia acuta: «La terapia della leucemia mieloide acuta è cambiata negli ultimi dieci anni, il panorama dei nuovi agenti target e delle nuove immunoterapie si è infatti ampliato notevolmente». «Questo – racconta Alati – ha sicuramente consentito di migliorare gli esiti intesi come risposte al trattamento e sopravvivenza ma anche ora ci sono aspetti che possono essere migliorati».
«In futuro – aggiunge Alati – contiamo di dare sempre più spazio alle terapie combinate, combinare ciò che definiamo backbone, ovvero chemioterapie e approcci terapeutici moderni, con farmaci target che abbiano più efficacia e minore tossicità”. C’è un elemento a cui bisogna prestare attenzione, quando si parla di futuro non significa che il percorso non sia già avviato, anzi «da qualche anno abbiamo iniziato ad utilizzare questi farmaci target, ad esempio – specifica Alati – una malattia acuta di leucemia mieloide caratterizzata da una particolare mutazione del gene chiamato FLIT3 è stata trattata per diversi anni combinando la chemioterapia standard con un inibitore di FLIT3 chiamato midastaurina. Un percorso già iniziato e che segna ulteriori progressi «qui presento alcuni dati – aggiunge Alati – illustrati all’ultimo EHA, il congresso europeo sulle malattie ematologiche, e in cui si registrano sviluppi con nuovi agenti bersaglio. Qualche esempio? «Quizartinib e Crenolanib, i nuovi inibitori FLIT3 attualmente in fase di sperimentazione, sono già stati approvati dalla FDA, la Food and Drug Administration, l’organismo di controllo americano, e che presto arriverà anche in Italia dopo l’approvazione dell’organismo europeo e italiano”. La considerazione finale, quindi, è formulata velocemente «in realtà parliamo di un futuro che non è poi così lontano, anzi sarà immediato. Il Centro di Ematologia e Centro Trapianti di Reggio Calabria, come avviene in molte altre città italiane, può offrire questi farmaci attraverso varie modalità, sperimentazioni cliniche, sperimentazioni cliniche o usi cosiddetti compassionevoli che ne consentono un accesso più rapido. Insomma siamo all’ultimo passaggio, ci sono già stati studi di fase 1 e 2 che solitamente valutano la sicurezza del farmaco, studi di fase 3 valutano l’efficacia e hanno già dato risultati consolidati. Ciò consentirà la rapida introduzione di questi farmaci sul mercato, ma ce ne sono molti altri in fase di studio nella fase 1 e 2″. L’ultimo argomento trattato da Caterina Alati riguarda l’impegno nel centro ematologico di Reggio «Faccio parte di un gruppo italiano che si occupa di leucemia mieloide acuta e linfoblastica acuta, molte delle nostre realtà sono simili. È ovvio che ci sono centri ematologici che hanno un’accessibilità strutturale più semplice, ma nelle nostre strutture non manca sostanzialmente nulla. Forse manca il personale ma in realtà siamo in grado di offrire ai cittadini e ai pazienti gli stessi approcci terapeutici che potrebbero ricevere in qualsiasi altra ematologia italiana, sicuramente con qualche sacrificio personale e un po’ di dedizione in più ma sicuramente con una qualità del lavoro adeguata ». ([email protected])

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